Gli uccelli marini dell’Artico si stanno adattando al cambiamento climatico e agli orsi polari
Urie, gabbiani ed edredoni adottano nuovi stili di vita e cercano nuove fonti di cibo
[30 Settembre 2016]
All’inizio di ogni autunno il National snow & ice data center Usa annuncia l’estensione minima del ghiaccio marino artico raggiunta durante l’estate e quest’anno è stata solo di 1,6 milioni di miglia quadrate, l’estensione più bassa mai registrata dopo quella del 2007. Tra il 1979 e il 2000, il minimo medio era di 2,59 milioni di miglia quadrate, mentre il record negativo spetta al 2012 con 1,32 milioni di miglia quadrate.
Il rapido cambiamento climatico sta disegnando un quadro complesso che sta rendendo difficile (ma in alcuni casi anche più facile) la vita della fauna selvatica. Come spiega Hannah Wters della National Audbon Society, Per tutta l’estate, lo scioglimento della banchisa ghiacciata scatena una ricca fonte di cibo quando le alghe che ha intrappolato incontrano l’acqua scaldata dal sole per la prima volta dopo mesi. La fioritura algale che ne risulta attira lo zooplancton e poi i piccoli pesci, i pesci più grandi e grandi predatori come balene, foche e uccelli marini. Le variazioni dell’estensione e della tempistica del ghiaccio artico significa un cambiamento delle risorse alimentari alle quale gli uccelli si stanno adattando e regolandosi, alcuni meglio di altri». Aubdon fa l’esempio dell’adattamento di 4 specie di uccelli, che sono diversamente legate ai ghiacci marini artici, per sopravvivere mentre il paesaggio ghiacciato intorno a loro diventa sempre più imprevedibile.
Uria nera di Mandt (Cepphus grylle mandtii). Questa sottospecie di uria nera si è specializzata nel vivere sul ghiaccio: vivono lungo il bordo della banchisa glaciale mentre si scioglie e si immergono a caccia di merluzzi artici (Gadus morhua), il cibo preferito di predatori dell’Artico, pescando merluzzi anche tra le fratture della banchisa. Ma i merluzzi artici preferiscono l’acqua fredda e si sono ormai spostati troppo a nord o troppo in profondità nella colonna d’acqua per essere raggiunti dalle urie nere di Mandt quando i loro pulcini nascono durante l’estate a Cooper Island, sulla punta settentrionale dell’Alaska. Così i genitori di urie nere di Mandt alimentano i loro pulcini con quello che possono catturare e spesso si tratta di sculpin (Myoxocephalus octodecemspinosus), una scorpena che si è spostata più a nord seguendo l’acqua calda. Ma gli sculpin sono più grandi dei merluzzi e i pulcini faticano a deglutire questo nuovo cibo, tanto che alcuni muoiono soffocati. Ma le coppie di urie nidificanti sembrano aver capito il pericolo e ora portano ai loro pulci sculpin più piccoli e facili da inghiottire. George Divoky, che fin dagli anni ’70 monitora la colonia di urie nere di Mandt insieme all’Ong Friends of Cooper Island, evidenzia: «L’anno scorso siamo stati molto sorpresi di avere alcuni nidi con genitori davvero specializzati in sculpin e con pulcini che hanno tassi di crescita piuttosto decenti»,
Ma mentre gli uccelli si adattano al nuovo cibo devono anche vedersela con gli invasori subartici che stanno colonizzando il nord grazie al riscaldamento climatico. Negli anni ’70 Divoky aveva notato dei pulcinella di mare dal corno (Fratercula corniculata) che sorvolavano Cooper Island dall’alto, negli anni ’80 questi uccelli avevano già iniziato a nidificare tra le urie e addirittura a spodestarle. «Hanno cominciato a entrare nei nidi di urie spostando le uova e uccidendo i giovani – spiega il ricercatore – Nel 2009, hanno ucciso quasi la metà dei pulcini nella colonia di urie. Si tratta di un segnale che il cambiamento climatico è reale. E’ una buona notizia per il pulcinella di mare dal corno, ma non per le urie nere».
Il gabbiano d’avorio (Pagophila eburnea) è l’uccello che nidifica più a nord del mondo e gli unici noti per fare il nido direttamente sul mare ghiacciato, compreso sugli iceberg. Questi splendidi gabbiani migrano lungo il bordo della banchisa polare a caccia di merluzzi artici e di piccoli invertebrati che si riuniscono durante il boom estivo della vita marina artica. Ma con il declino del ghiaccio marino artico sembrano essere in declino anche i gabbiani d’avorio: in Canada loro popolazione nidificante si è ridotta dai 2.400 esemplari del 1987 ai 700 uccelli del 2003, quando venne completato il censimento più recente. I Canada la specie è considerata in via di estinzione, mentre la Lista Rossa dell’International union for conservation of nature la considera al limite dell’estinzione.
Dato che i gabbiani d’avorio vivono molto lontano dalle aree abitate dall’uomo, è difficile dire quale suia la dimensione reale della loro popolazione, ma le previsioni degli scienziati non sono buone. Secondo Divok, «I gabbiani d’avorio sono così altamente specializzati che è difficile prevedere cosa farebbero a sopravvivere in un Artico senza ghiaccio. Quello dove stanno ora è un ambiente di ghiaccio molto atipico rispetto a quello con il quale hanno avuto a che fare negli ultimi 10.000 anni o giù di lì».
L’uria di Brünnich (Uria lomvia) è un uccello che punta sul lungo periodo. «Ogni maggio, quando arrivano a Coats Island per riprodursi, la Baia di Hudson è congelata e solido intorno a loro – dice la Waters – Entrambi i pazienti genitori sanno poi attendere che il ghiaccio a sciolga e solo una volta che le acque sono libere e abbastanza vicino, alla fine depongono un solo uovo, fiduciosi di poter catturare abbastanza cibo per nutrire il loro pulcino». Se il mare resta ghiacciato e non si aprono grandi estensioni di acque libere, le coppie di urie di Brünnich volano via senza nidificare e tornano la primavera successiva per riprovarci nell’unica colonia nella quale fanno il nido per tutta la vita.
Come le urie nere di Mandt, anche le urie di Brünnich di Coats Island hanno visto il merluzzo artico sparire dalla loro dieta estiva: a partire dalla metà degli anni ’90 nutrono i loro pulcini con il capelano (Mallotus villosus), un pesce che vive nelle acque più calde, una soluzione buona che però non è altrettanto efficace del merluzzo artico. Tony Gaston, un noto ricercatore canadese che si occupa di ambiente e cambiamenti climatici e che studiato le urie di Coats Island per 30 anni, dice che «I pulcini non crescono più velocemente».
Le urie che vivono più a nord probabilmente trarranno beneficio dalle variazioni del ghiaccio artico: a Prince Leopold Island, una colonia di urie 800 miglia a nord di Isola di Coat Island, quando fa più freddo il ghiaccio a volte resta per tutta l’estate e impedisce agli gli uccelli di nidificare, una situazione che cambierà mentre l’Artico si riscalda: «Dato che quegli anni diventano meno frequenti, avranno più anni per l’allevamento – dice Gaston – Quindi nell’alto Artico per gli uccelli le cose stanno probabilmente migliorando».
Questi miglioramenti potrebbero riguardare molte specie di uccelli che nidificano nell’estremo nord artico. La Waters scrive che «Il lento declino delle colonie nidificanti ben studiate potrebbe apparire come una perdita, ma, per la maggior parte, le popolazioni si stanno semplicemente spostando. Molte specie semplicemente si spostano a nord per rimanere all’interno della loro clima preferito, un strategia che non può funzionare per tanto tempo». Infatti gli scienziati dicono che entro il 2060 (qualcuno già nel 2020p) il ghiaccio marino estivo artico sarà scomparso e gli uccelli non possono spostarsi verso nord per sempre. «Alla fine cadranno dal bordo del mondo – sottolinea Gaston – Ma non mi preoccupo per le urie di Brünnich. Credo che resteranno ancora per molto tempo dopo che ce ne saremo andati».
L’edredone comune (Somateria mollissima), a differenza degli uccelli marini che nidificano in colonie, porta direttamente i suoi pulcini alla fonte di cibo. Solo pochi giorni dopo la schiusa, gli anatroccoli di edredoni seguono i loro genitori in mare aperto e si immergono a caccia di molluschi sul fondo del mare. Ma anche dopo il banchetto estivo questi uccelli possono essere decimati da inverni particolarmente freddi. Quando le loro aree di alimentazione congelano, migliaia di edredoni si affollano nelle piccole aree di mare libero rimaste, dove però esauriscono rapidamente il cibo e, se non ci sono altre aree di alimentazione disponibili, intere popolazioni di edredoni possono morire di fame. Quindi la perdita del ghiaccio artico potrebbe essere vantaggiosa per gli edredoni: meno ghiaccio e più acqua libera a disposizione.
Ma la ritirata del ghiaccio ha portato un altro enorme pericolo per le colonie di edredoni: gli orsi polari (Ursus maritimus). Questi grandi predatori artici di solito utilizzano la banchisa artica come piattaforma per cacciare le foche, ma la ritirata dei ghiacci marini sta lasciando agli orsi bianchi sempre meno tempo e territorio per cacciare le grandi prede, quindi stanno mutando le loro abitudini e cercano sempre di più cibo meno nutriente a terra, comprese le uova di uccelli. Gli orsi polari hanno preso a saccheggiare la più grande colonia di edredoni nell’Artico canadese, dove le loro incursioni sono aumentate di 7 volte tra il 1997 e il 2012, nelle colonie più piccole la situazione è ancora peggiore: gli orsi bianchi divorano praticamente tutte le uova e tutti i pulcini di edredone. Ma gli orsi polari fanno sempre più volentieri incursioni in altre colonie di uccelli marini: spesso attaccano le urie di Brünnich di Coat Island e le urie nere di Mandt su Cooper Island. Dopo 30 anni Gaston è stato costretto a mettere fine al suo monitoraggio degli uccelli su Coat Island perché gli orsi polari stavano diventando troppo pericolosi: «Non possiamo mettere a rischio studenti relativamente inesperti in una situazione di questo tipo».
Ma se gli orsi fanno più danni alle colonie di specie che nidificano a terra, come gli edredoni, questi uccelli possono rivelarsi più adattabili: stanno estendendo le loro colonie nella Baia di Hudson e si stanno avvicinandosi agli insediamenti umani dove sono più sicuri, cosa che è improbabile che facciano le urie che l’istinto porta a nidificare ogni anno nella stessa colonia. Ma i ricercatori sono convinti che i loro pulcini, una volta cresciuti, potrebbero rendersi conto del pericolo rappresentato dagli orsi e trasferirsi altrove. Secondo Gaston, per la prima volta delle urie nate a Coat Island si sono trasferite per accoppiarsi e nidificare più a nord: «Le prove che abbiamo suggeriscono che la colonia ha iniziato a diminuire e la colpa è soprattutto degli orsi».