I popoli indigeni sempre più impegnati nell’azione climatica

Onu: un nuovo contratto sociale per garantire i diritti e il benessere dei popoli indigeni

[9 Agosto 2021]

Oggi si celebra l’International Day of the World’s Indigenous Peoples  e l’United Nations framework convention on climate change Unfccc) coglie l’occasione per sottolineare il contributo essenziale dato dai popoli indigeni alla lotta al cambiamento climatico e ai suoi impatti. L’Agenzia climatica dell’Onu sottolinea che «Vivendo in armonia con la natura, le popolazioni indigene aiutano a salvaguardare l’80% della biodiversità mondiale e contengono molte delle soluzioni alla crisi climatica, nonostante costituiscano meno del 5% della popolazione mondiale».

Ci sono oltre 476 milioni di popolazioni indigene che vivono in 90 Paesi in tutto il mondo, pari al 6,2%  della popolazione mondiale. I popoli indigeni sono i detentori di una vasta diversità di culture, tradizioni, lingue e sistemi di conoscenza unici. Hanno un rapporto speciale con le loro terre e hanno diversi concetti di sviluppo basati sulle proprie visioni del mondo e priorità.

La segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, è convinta che «I popoli indigeni devono essere parte della soluzione al cambiamento climatico. Questo perché hanno la conoscenza tradizionale dei loro antenati. Il valore importante di tale conoscenza semplicemente non può – e non deve – essere sottovalutato»,

Rispettare i diritti delle popolazioni indigene e rafforzare la loro partecipazione alla politica climatica è fondamentale per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali e promuovere la resilienza climatica. Questo è stato riconosciuto nel 2015 con l’istituzione della Local Communities and Indigenous Peoples Platform (LCIPP) durante la Conferenza delle parti Unfccc di Parigi Nazioni Unite sui cambiamenti climatici , dando così voce alle popolazioni indigene a fiano ai governi e consentendo loro di partecipare in modo più efficace al processo climatico dell’Onu.

Per Hindou Oumarou Ibrahim, la copresidente del Facilitative Working Group LCIPP, «Un impegno significativo delle popolazioni indigene per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi significa prendere decisioni insieme: dobbiamo essere partner alla pari nello sviluppo della politica climatica nazionale e internazionale».

Sebbene numerosi popoli indigeni in tutto il mondo siano autonomi e alcuni siano riusciti a stabilire l’autonomia in varie forme, molti popoli indigeni sono ancora sotto l’autorità ultima dei governi centrali che esercitano il controllo sulle loro terre, territori e risorse. Nonostante questa realtà, i popoli indigeni hanno dimostrato straordinari esempi di buon governo, che vanno dagli Haudenosaunee ai parlamenti Sámi esistenti in Finlandia, Svezia e Norvegia.

La pandemia di Covid-19 ha mostrato e aggravato molte delle disuguaglianze esistenti che colpiscono in modo sproporzionato i popoli  di tutto il mondo che già soffrivano di povertà, malattie, discriminazione, instabilità istituzionale o insicurezza finanziaria. Dal punto di vista delle popolazioni indigene, il contrasto è ancora più netto: in molte delle società indigene, il contratto sociale andrebbe perlomeno rivisto per favorire l’inclusione, la partecipazione e l’approvazione dei popoli indigeni nella costituzione di un sistema con benefici sociali ed economici per tutti. Non a caso la giornata di quest’anno ha come tema That is why the 2021 theme is ““Leaving no one behind: Indigenous peoples and the call for a new social contract” But, what does it mean?.

All’Onu spiegano che «Un contratto sociale è un accordo non scritto che le società stipulano per cooperare per ottenere benefici sociali ed economici. In molti Paesi, dove i popoli indigeni sono stati cacciati dalle loro terre, le loro culture e lingue denigrate e la loro gente emarginata dalle attività politiche ed economiche, non sono mai stati inclusi nel contratto sociale. Il contratto sociale è stato stipulato tra le popolazioni dominanti».

Negli ultimi anni e decenni, diversi governi  hanno cercato di affrontare questo problema, anche facendo le scuse alle poòpolazoni indigene per le persecuzioni alle quali sono state sottoposte, iniziative per la verità e la riconciliazione, riforme legislative e riforme costituzionali, mentre a livello internazionale, questi sforzi includono l’adozione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla i diritti dei popoli indigeni e l’istituzione di organi consultivi come il Permanent Forum on Indigenous Issues.

Nonostante l’esistenza di strumenti internazionali per rispondere a queste disuguaglianze, non tutti i Paesi attuano davvero politiche per fare in modo che nessuno venga lasciato indietro, comprese le popolazioni indigene. Per questo l’Onu ritiene necessaria «La costruzione e la riprogettazione di un nuovo contratto sociale come espressione di cooperazione per l’interesse sociale e il bene comune per l’umanità e la natura. Il nuovo contratto sociale deve essere basato su un’autentica partecipazione e partnership che promuova le pari opportunità e rispetti i diritti, la dignità e le libertà di tutti. Il diritto dei popoli indigeni a partecipare al processo decisionale è una componente chiave per raggiungere la riconciliazione tra i popoli indigeni e gli Stati».

La LCIPP ha organizzato un evento sulla partecipazione indigena alla politica climatica nazionale in tutto il mondo alla May-June UN Climate Change Conference  e uno degli esempi presentati è venuto dall’Africa, dove le popolazioni indigene del Ciad, del Burkina Faso, del Benin e del Niger siedono allo stesso tavolo con i governi per redigere documenti chiave di politica climatica come i  Nationally Determined Contributions (NDC) e i National Adaptation Plans (NAP). gli impegni nazionali di azione per il clima dei paesi, noti come Nationally Contributi determinati (NDC).  Una conquista realizzata grazie al lavoro dell’Indigenous Peoples of Africa Co-ordinating Committee (IPACC),

la più grande organizzazione di popolazioni indigene del mondo, che comprende una rete di 135 organizzazioni di popoli indigeni in 21 Paesi africani.

Un altro esempio è quello dei Sami della Lapponia settentrionale: il Parlamento Sámi ha lavorato con il governo finlandese per rafforzare la protezione dei diritti del popolo Sami all’interno della legge sul clima finlandese e i Sami hanno anche collaborato al piano d’azione per il clima a medio termine della Finlandia.

La LCIPP pubblicherà un documento riassuntivo che raccoglie le buone pratiche presentate durante l’evento ed è convinta che «Questa pubblicazione contribuirà a dare slancio al rafforzamento della partecipazione delle popolazioni indigene e delle comunità locali all’azione per il clima in vista della cruciale Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 a novembre a Glasgow».