Il cambiamento climatico sta facendo cambiare colore agli oceani
Il cambiamento del colore degli oceani riflette il cambiamento degli ecosistemi marini
[13 Luglio 2023]
Secondo lo studio “Global climate-change trends detected in indicators of ocean ecology”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori britannici e statunitensi di National Oceanography Centre UK, Oregon State University, University of Maine e Massachusetts Institute of Technology (MIT), «Negli ultimi 20 anni, il colore dell’oceano è cambiato in modo significativo e questa tendenza globale è probabilmente una conseguenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo».
Nello studio finanziato in parte dalla NASA, i ricercatori scrivono che di aver rilevato «Cambiamenti nel colore dell’oceano negli ultimi due decenni che non possono essere spiegati solo dalla variabilità naturale di anno in anno. Questi cambiamenti di colore, sebbene impercettibili all’occhio umano, si sono verificati in oltre il 56% degli oceani del mondo, una distesa più grande della superficie terrestre totale sulla Terra».
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che «Nel tempo, le regioni oceaniche tropicali vicino all’equatore sono diventate costantemente più verdi. Il cambiamento del colore dell’oceano indica che anche gli ecosistemi all’interno dell’oceano superficiale stanno cambiando, perché il colore dell’oceano è un riflesso degli organismi e dei materiali presenti nelle sue acque.
A questo punto della ricerca, gli scienziati autori dello studio non sono in grado di dire in che modo esattamente gli ecosistemi marini stiano cambiando per far cambiare colore agli oceani, ma sono abbastanza sicuri di una cosa: «Il motore è probabilmente il cambiamento climatico indotto dall’uomo».
Una delle autrici dello studio, Stephanie Dutkiewicz del Department of Earth, atmospheric and planetary sciences del MIT e del Center for Global Change Science, racconta: «Ho eseguito per anni simulazioni che mi hanno detto che questi cambiamenti nel colore dell’oceano si sarebbero verificati. Vederlo accadere per davvero non è sorprendente, ma spaventoso. E questi cambiamenti sono coerenti con i cambiamenti indotti dall’uomo nel nostro clima».
Il principale autore dello studio BB Cael del National Oceanography Centre di Southampton, dice che «Questo fornisce ulteriori prove di come le attività umane stiano influenzando la vita sulla Terra su un’enorme estensione spaziale. E’un altro modo in cui gli esseri umani stanno influenzando la biosfera» .
Gli altri coautori dello sono Stephanie Henson del National Oceanography Center, Kelsey Bisson dell’Oregon State University ed Emmanuel Boss dell’università del Maine e il team di ricerca ricorda che «Il colore dell’oceano è un prodotto visivo di ciò che si trova all’interno dei suoi strati superiori. In generale, le acque di un blu intenso riflettono pochissima vita, mentre le acque più verdi indicano la presenza di ecosistemi e principalmente di fitoplancton, creature microscopiche simili a piante che abbondano nell’oceano superiore e che contengono il pigmento verde della clorofilla. Il pigmento aiuta il plancton a raccogliere la luce solare, che usa per catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera e convertirla in zuccheri. Il fitoplancton è il fondamento della rete alimentare marina che sostiene organismi progressivamente più complessi, fino a krill, pesci, uccelli marini e mammiferi marini. Il fitoplancton è anche un potente muscolo per la capacità dell’oceano di catturare e stoccare anidride carbonica». Per questo gli scienziati monitorano il fitoplancton nella superficie degli oceani per capire come queste comunità essenziali potrebbero rispondere al cambiamento climatico. Per farlo, hanno monitorato dallo spazio i cambiamenti nella clorofilla, in base al rapporto tra la quantità di luce blu rispetto a quella verde riflessa dalla superficie dell’oceano, che può essere monitorata dallo spazio.
Ma circa un decennio fa, Henson, pubblicò uno studio che ha dimostrato che se gli scienziati avessero monitorato solo la clorofilla, ci sarebbero voluti almeno 30 anni di monitoraggio continuo per rilevare qualsiasi trend guidato in particolare dal cambiamento climatico. «Il motivo – ha sostenuto il team – era che le grandi variazioni naturali della clorofilla di anno in anno avrebbero sopraffatto qualsiasi influenza antropica sulle concentrazioni di clorofilla. Ci vorrebbero quindi diversi decenni per individuare un segnale significativo, guidato dal cambiamento climatico, individuandolo tra il rumore di fondo e la normalità».
Nel 2019, la Dutkiewicz ha fatto parte di un team di ricerca che ha pubblicato uno studio separato che ha dimostrato attraverso un nuovo modello che «La variazione naturale in altri colori dell’oceano è molto più piccola rispetto a quella della clorofilla. Pertanto, qualsiasi segnale di cambiamenti guidati dal cambiamento climatico dovrebbe essere più facile da rilevare rispetto alle variazioni più piccole e normali di altri colori oceanici. Tali cambiamenti dovrebbero essere evidenti entro 20, anziché 30 anni di monitoraggio».
Dpo aver letto quello studio, Cael ha pensato: «Quindi, non ha più senso cercare un trend in tutti questi altri colori, piuttosto che nella sola clorofilla? Vale la pena guardare l’intero spettro, piuttosto che cercare solo di stimare una cifra da frammenti dello spettro».
Nello nuovo studio attuale, la Dutkiewicz, Cael e il loro team hanno analizzato le misurazioni del colore dell’oceano effettuate dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) a bordo del satellite Aqua, che monitora il colore dell’oceano da 21 anni. MODIS effettua misurazioni in 7 lunghezze d’onda visibili, inclusi i due colori che i ricercatori usano tradizionalmente per stimare la clorofilla. Le differenze di colore rilevate dal satellite sono troppo sottili per essere percepite dall’occhio umano. Ai nostri occhi gran parte dell’oceano appare blu, mentre il vero colore può contenere un mix di lunghezze d’onda che vanno dal blu al verde e persino al rosso.
Cael ha effettuato un’analisi statistica utilizzando tutti e 7 i colori dell’oceano misurati insieme dal MODIS di Aqua dal 2002 e ha visto subito quanto i 7 colori cambiassero da regione a regione durante un certo anno, il che gli ha dato un’idea delle loro variazioni naturali. Quindi ha cercato di vedere come queste variazioni annuali nel colore dell’oceano sono cambiate in un periodo più lungo di due decenni. Questa analisi ha evidenziato una chiara tendenza, al di sopra della normale variabilità annuale. Per capire se questo trend sia correlato al cambiamento climatico, ha poi esaminato il modello della Dutkiewicz del 2019 che ha simulato gli oceani della Terra in due scenari: uno con l’aggiunta di gas serra e l’altro senza. Il modello dei gas serra prevede che un trend significativo dovrebbe manifestarsi entro 20 anni e che questo trend dovrebbe causare cambiamenti nel colore degli oceani in circa il 50% degli oceani superficiali del mondo, quasi esattamente quel che Cael ha scoperto nella sua analisi dei dati satellitari del mondo reale. Lo scienziato fa notare che «Questo suggerisce che i trend che osserviamo non sono una variazione casuale nel sistema terrestre. Questo è coerente con il cambiamento climatico antropogenico».
I risultati del nuovo studio dimostrano che «Il monitoraggio dei colori degli oceani oltre la clorofilla potrebbe offrire agli scienziati un modo più chiaro e veloce per rilevare i cambiamenti causati dai cambiamenti climatici negli ecosistemi marini».
La Dutkiewicz conclude: «Il colore degli oceani è cambiato. E non possiamo dire come. Ma possiamo dire che i cambiamenti di colore riflettono i cambiamenti nelle comunità del plancton, che avranno un impatto su tutto ciò che si nutre di plancton. Cambierà anche quanto l’oceano assorbirà più carbonio, perché diversi tipi di plancton non hanno le capacità di farlo. Quindi, speriamo che le persone lo prendano sul serio. Non sono solo i modelli a prevedere che questi cambiamenti avverranno. Ora possiamo vederlo accadere e l’oceano sta cambiando».