Il colossale greenwashing di petrolio e gas delle grandi banche che finanziano il caos climatico
Greenpeace e ReCommon: «Intesa Sanpaolo e Unicredit sono ancora in prima fila nel sostenere l’industria fossile»
[30 Marzo 2022]
Il 13esimo rapporto “Banking on climate chaos 2022”, a cura di Rainforest Action Network, BankTrack, Indigenous Environmental Network, Oil Change International, Reclaim Finance, Sierra Club e Urgewald – approvato da oltre 500 organizzazioni di oltre 50 Paesi – è l’analisi globale più completa sui finanziamenti delle banche ai combustibili fossili e sottolinea «La netta disparità tra gli impegni pubblici sul clima presi dalle più grandi banche del mondo e la realtà delle loro attività in gran parte, come di consueto, di finanziamento all’industria dei combustibili fossili».
Il rapporto documenta che «Le 60 maggiori banche private del mondo hanno finanziato combustibili fossili con 4,6 trilioni di dollari, di cui 742 miliardi nel solo 2021. Le cifre del finanziamento dei combustibili fossili nel 2021 sono rimasti al di sopra dei livelli del 2016, quando è stato firmato l’Accordo di Parigi». Il rapporto denuncia che queste 60 grandi banche, solo nel 2021 hanno prestato 185,5 miliardi di dollari alle 100 compagnie che hanno fatto di più per espandere l’industria dei combustibili fossili.
Il rapporto finanziamento complessivo dei combustibili fossili resta dominato da 4 banche statunitensi – JPMorgan Chase, Citi, Wells Fargo e Bank of America – che insieme rappresentano un quarto di tutti i finanziamenti per combustibili fossili identificati negli ultimi 6 anni: «JPMorgan Chase rimane il peggior finanziatore mondiale del caos climatico, mentre JPMorgan Chase, Wells Fargo, Mizuho, MUFG e tutte e 5 le banche canadesi sono state tra quelle che hanno aumentato i loro finanziamenti fossili dal 2020 al 2021».
E se Biden incita gli ucraini e gli europei alla resistenza (e a comprare GNL Usa e a finanziare maggiormante la NATO) il rapporto rivela che «Mentre i mercati globali del petrolio e del gas sono scossi dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i dati rivelano che JPMorgan Chase è il più grande banchiere trattato in questo rapporto del colosso energetico statale russo Gazprom, sia in termini di totali 2016-2021 che guardando solo all’anno scorso. JPMorgan Chase ha fornito a Gazprom 1,1 miliardi di dollari di finanziamenti per combustibili fossili nel 2021».
Il rapporto include una timeline che illustra come le banche che hanno aderito alla Net-Zero Banking Alliance (NZBA, parte della Glasgow Financial Alliance for Net Zero) nel 2021 hanno contemporaneamente finanziato alcune delle maggiori companies che hanno realizzato espansioni di estrazione di petrolio e del gas, contribuendo potenzialmente a impedire al pianeta di raggiungere gli obiettivi fissati a Glasgow. Il rapporto rivela che «Immediatamente dopo il lancio dell’NZBA nell’aprile 2021, molte banche firmatarie e future firmatarie si sono impegnate in enormi transazioni completamente contrarie al raggiungimento del “net zero”, tra le quali: maggio 2021: 10 miliardi di dollari a Saudi Aramco (Citi, JPMorgan Chase) , 1,5 miliardi di dollari ad Abu Dhabi National Oil Co. (Citi); Giugno 2021: $ 12,5 miliardi a QatarEnergy (Citi, JPMorgan Chase, Bank of America, Goldman Sachs); Agosto 2021: $ 10 miliardi a ExxonMobil (Citi, JPMorgan Chase, Bank of America, Morgan Stanley)».
La nuova Global Oil and Gas Exit List dimostra il fatto che l’estrazione di petrolio e gas notevolmente concentrata nelle mani delle 20 maggiori compagnie che sono responsabili di oltre la metà dello sviluppo e dell’esplorazione di combustibili fossili. Il nuovo rapporto dimostra che anche che il sostegno bancario a tali compagnie è notevolmente concentrato: le prime 10 banche finanziatrici di queste prime 20 compagnie sono responsabili del 63% del finanziamento di petrolio e gas dopo l’Accordo di Parigiigi. Ognuna di queste 10 banche si è formalmente impegnata a raggiungere il net zero entro il 2050: JPMorgan Chase, Citi, Bank of America, BNP Paribas, HSBC, Barclays, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Crédit Agricole, Société Générale.
Questa colossale operazione di greenwashing bancario ha portato a un aumento del 51% dei finanziamenti per le sabbie bituminose, raggiungendo i 23,3 miliardi di dollari, con il maggior incremento di fondi proveniente dalle banche canadesi RBC e TD, ma con JPMorgan Chase ancora protagonista. Nel 2021 il fracking è stato finanziato per 62,1 miliardi di dollari dalle banche nordamericane con Wells Fargo al vertice.
JPMorgan Chase , SMBC Group e Intesa Sanpaolo sono stati i principali banchieri del petrolio e del gas artico, con 8,2 miliardi di dollari di finanziamenti al settore nel 2021. Morgan Stanley , RBC e Goldman Sachssono stati i maggiori banchieri del GNL del 2021, un settore che sta cercando l’aiuto delle banche per realizzare una lista di enormi progetti infrastrutturali. Nel 2021 le grandi banche hanno incanalato 52,9 miliardi di dollari nel petrolio e gas offshore, con Citi e JPMorgan Chase che hanno fornito il massimo, Il finanziamento dell’estrazione del carbone è guidato dalle banche cinesi, con China Everbright Bank e China CITIC Bank come le peggiori nel 2021. Le grandi banche nel complesso, l’anno scorso, hanno fornito 17,4 miliardi di dollari all’industria carbonifera.
Nei prossimi due mesi, tutte e 6 le Wall Street banks dovrebbero affrontare risoluzioni degli azionisti che chiedono loro di smettere di finanziare l’espansione dei combustibili fossili o altrimenti di allineare davvero le loro pratiche commerciali al mantenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5° C.
Banking on climate chaos è stato rilanciato da Greenpeace Italia e ReCommon che evidenzia <noche «Dal rapporto emergono pessime notizie sul ruolo svolto da alcune grandi banche italiane. Intesa Sanpaolo e UniCredit, le due principali istituzioni finanziarie del nostro Paese, continuano in maniera ostinata a supportare l’espansione del settore dei combustibili fossili, responsabile dell’aggravarsi della crisi climatica, dell’inquinamento che minaccia la salute delle persone, di disuguaglianze sociali e migrazioni forzate. L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa ha inoltre mostrato, ancora una volta, quanto questo business sia correlato all’industria bellica e ai conflitti armati, esacerbando situazioni di instabilità sociopolitica e finanziando l’attività degli eserciti».
Dal rapporto emerge che «Intesa Sanpaolo, al 26esimo posto tra le banche mondiali per asset totali e “banca di sistema” italiana, fra il 2016 e il 2021 ha stanziato 18 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili, in gran parte a società che stanno espandendo il loro business nel comparto oil&gas come ENI, Cheniere Energy e Gazprom. Attraverso le proprie attività esplorative, di produzione o trasporto di idrocarburi, queste aziende stanno devastando ecosistemi già fragili per la crisi climatica in corso. È il caso, ad esempio, dell’Artico: nel 2021 Intesa è stata tra le prime tre banche al mondo a finanziare operazioni di sfruttamento dei combustibili fossili in questa regione, insieme a JPMorgan Chase e SMBC Group. Operazioni che rischiano di causare fuoriuscite di petrolio e metano, nonché di accelerare il sempre più rapido scongelamento del permafrost sulla terraferma».
Secondo Greenpeace Italia e ReCommon «L’esposizione di Intesa desta particolare preoccupazione per l’assenza di impegni concreti contro l’espansione del settore oil&gas: senza chiudere il rubinetto dei finanziamenti alle società coinvolte nella nuova corsa al petrolio e al gas che si è aperta in seguito alla guerra in Ucraina, i vaghi proclami di avere emissioni nette pari a zero entro il 2050 si riveleranno essere solo vuoti slogan».
e secondo le due organizzazioni UniCredit non fa molto meglio: «Nonostante si sia impegnata di recente a interrompere ogni finanziamento per progetti di esplorazione di nuove riserve di petrolio. Queste operazioni rappresentano storicamente una porzione marginale del business di UniCredit, ma preoccupa il fatto che la nuova policy non venga applicata ai finanziamenti generici alle società fossili, permettendo quindi di continuare a finanziare direttamente quelle aziende che stanno espandendo il proprio business nel settore. Negli ultimi 6 anni, la banca di Piazza Gae Aulenti ha accordato 8 miliardi di dollari a società che espandono il loro business fossile, tra cui spiccano Total, Repsol e nuovamente ENI».