Il ghiacciaio della Marmolada si è dimezzato negli ultimi 25 anni
Università di Padova: «Si disegna un quadro di insostenibilità dell’industria dello sci, già resa evidente dai bilanci di gestione degli impianti di risalita e dalle sovvenzioni pubbliche»
[31 Agosto 2023]
Il più importante ghiacciaio delle Dolomiti, quello della Marmolada, si è «dimezzato negli ultimi 25 anni» secondo i dati raccolti nell’ultima campagna glaciologica condotta in loco.
L’iniziativa è stata organizzata dal Museo di geografia dell’Università di Padova insieme al Comitato glaciologico italiano e all’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (Arpav).
«Il ghiacciaio è in una situazione drammatica – afferma Mauro Varotto, responsabile delle misurazioni frontali del ghiacciaio – Oltre all’assottigliamento generalizzato delle fronti abbiamo registrato ritiri importanti, che nel punto di maggior regressione sfiorano i 90 metri su base annua, con una media di arretramento negli otto segnali frontali di circa 20 metri in un anno. Questo trend di fusione porterà presto la superficie totale del ghiacciaio principale, calcolata in 112 ettari dal collega Francesco Ferrarese nel 2022, a scendere, nei prossimi anni, al di sotto del chilometro quadrato: una soglia statisticamente importante, la metà della superficie presente nel 2000 e meno di un quarto rispetto al 1900».
Un trend legato alla crisi climatica in corso, che ovviamente non riguarda solo la Marmolada: «Quest’estate – aggiunge Mauro Valt, tecnico ricercatore Arpav – i ghiacciai lungo tutto l’arco alpino sono in forte fusione a causa del combinato disposto di deboli nevicate negli ultimi due periodi invernali e delle alte temperature estive».
Oltre a gravi problemi sotto il profilo ecologico, questo comporta anche uno stravolgimento sempre più marcato per l’industria dello sci: «Dalle nostre elaborazioni dei dati forniti da Arpav si evidenzia un innalzamento di 220 metri della quota sciabile per ogni grado di aumento della temperatura in quota – conclude Alberto Lanzavecchia, docente di Finanza aziendale all’Università di Padova – e si disegna un quadro di insostenibilità dell’industria dello sci, già resa evidente dai bilanci di gestione degli impianti di risalita e dalle necessarie sovvenzioni pubbliche per gli investimenti in impianti a fune e bacini di accumulo dell’acqua. Ciò nonostante, in questi giorni si discute sull’opportunità di investire ulteriori risorse per praticare lo snow farming invece di iniziare ad investire su un’economia diversa e più sostenibile».