Il ruolo degli habitat terrestri e marini europei nello stoccaggio e nel sequestro del carbonio

Per l'Agenzia europea dell'ambiente il ripristino degli ambienti terrestri e le aree marine protette fanno bene anche al clima

[27 Aprile 2022]

Qual è il potenziale di stoccaggio e sequestro del carbonio dei numerosi habitat terrestri e marini d’Europa? Una prima analisi di scoping, pubblicata oggi dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), ha rilevato che le foreste e le zone umide possono svolgere un ruolo importante nello stoccaggio del carbonio, ma ciò dovrebbe tenere conto dei potenziali impatti sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.

In teoria, habitat sani e ben funzionanti possono assorbire e immagazzinare grandi quantità di carbonio e contribuire ad aiutare l’Europa a mitigare gli effetti del cambiamento climatico riducendo l’anidride carbonica nell’atmosfera. Ma il briefing  ” Carbon stocks and sequestration in terrestrial and marine ecosystems: a lever for nature restoration?” appena pubblicato dall’ European Environment Agency (EEA) sottolinea che «L’attuazione pratica di tali misure è più complessa. Le sinergie ma anche i compromessi dovranno essere attentamente considerati per assicurarsi che gli obiettivi di conservazione e ripristino della natura e le azioni di mitigazione del clima non agiscano l’uno contro l’altro».

Il briefing, che si basa sullo studio di scoping “Carbon stocks and sequestration in terrestrial and marine ecosystems: a  lever for nature restoration?”  fralizzato da Wageningen Environmental Research per l’EEA,, è il primo tentativo di classificare un gruppo selezionato di habitat ed ecosistemi terrestri e marini in base ai loro stock di carbonio e alle capacità di sequestro del carbonio. Lo studio ha utilizzato l’European Nature Information System (EUNIS)  e l’EEA spiega che «L’obiettivo è costruire una base di conoscenze e dati per la ricerca futura sulle capacità di stoccaggio del carbonio a sostegno del ripristino e della conservazione della natura, nonché delle politiche di mitigazione del clima».

Il briefing evidenzia che «Tra gli ecosistemi terrestri e i loro habitat, le foreste hanno i tassi di sequestro del carbonio più elevati, raggiungendo fino a tre volte quelli delle zone umide e degli agroecosistemi. Nello stesso periodo, le foreste assorbono più carbonio sopra e sotto terra rispetto ad altri ecosistemi, ma il sequestro da parte dei singoli habitat forestali in ciascuna regione biogeografica e in tutta Europa è molto variabile».

Le zone umide hanno tassi di sequestro del carbonio relativamente bassi ma l’EEA fa notare che «Possono accumulare carbonio nel corso di decenni e persino molti secoli; questo spiega la loro grandissima capacità di stoccaggio, che mediamente supera tutti gli altri habitat».

Al contrario, «Sebbene gli agroecosistemi abbiano tassi di sequestro relativamente elevati, la biomassa viene per lo più raccolta, quindi questi habitat danno solo un contributo minore allo stoccaggio del carbonio».

Gli habitat terrestri sono generalmente un pozzo di carbonio atmosferico. Disturbi naturali come tempeste, incendi boschivi o siccità rilasciano nell’atmosfera grandi quantità di carbonio stoccato e trasformano gli habitat in una fonte temporanea di gas serra. I disturbi antropogenici, come il taglio di alberi nelle foreste, aumentano la mineralizzazione del carbonio organico del suolo e riducono il carbonio stoccato nel suolo. Le pratiche di gestione agricola mantengono costantemente seminativi a livelli bassi il contenuto di carbonio del suolo dei. Inoltre, su suoli di torbiera drenati nei quali i tassi di decomposizione della torba superano il tasso di sequestro del carbonio, l’habitat diventa una fonte netta di emissione gas serra.

Dal briefing EEA emerge che «Nel contesto della conservazione della biodiversità e della mitigazione dei cambiamenti climatici, le misure di ripristino dovrebbero mirare a fermare le emissioni nette di gas serra e a ottimizzare il potenziale di stoccaggio e sequestro del carbonio degli habitat, preservando e migliorando nel contempo la loro biodiversità. Le misure di gestione negli ecosistemi terrestri comprendono generalmente tre tipi di misure che mirano a migliorare la condizione degli habitat: 1. misure per la conservazione di un tipo di habitat (ad es. riduzione dei possibili impatti negativi derivanti dalla gestione e anche dall’esterno del sistema); 2. misure per ripristinare un tipo di habitat (ad es. miglioramento delle condizioni biotiche e abiotiche); 3. cambiamento dell’uso del suolo, aumentando l’area di un tipo di habitat (ad esempio per estendere gli habitat esistenti, rendendoli più robusti o per collegare gli habitat esistenti). In molti casi, come le foreste e le zone umide, esistono chiare sinergie nel ripristino degli habitat per la biodiversità e allo stesso tempo aumentando il potenziale di stoccaggio del carbonio per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Tuttavia, la capacità della natura è limitata sia dai cicli di vita della vegetazione stessa che dal fabbisogno umano di cibo, legname e altri prodotti. Pertanto, è importante inserire le cifre relative allo stoccaggio e al sequestro potenziali nel contesto delle attuali condizioni dell’habitat, compreso il loro uso e gestione da parte dell’uomo».

Se si vogliono realizzare grandi stock di carbonio a lungo termine, le foreste non gestite potrebbero essere una buona opzione: «Le foreste più giovani mostrano un incremento annuale di carbonio nel legname più elevato rispetto alle foreste mature – ricorda il briefing – ma immagazzinano meno carbonio nel legno morto e nel suolo. Nonostante gli incrementi annuali del legname del tronco diminuiscano con l’invecchiamento, le foreste immagazzinano elevate quantità di carbonio nella biomassa vivente, nel legno morto e nel suolo e sono importanti per la biodiversità». Le foreste sono particolarmente importanti anche in Europa, dove coprono circa il 39% della superficie terrestre dell’Ue-27. L’EEA fa notare che «Se l’obiettivo a breve termine è quello di sequestrare rapidamente il carbonio per massimizzare i raccolti, la gestione intensiva delle foreste potrebbe essere un’opzione; tuttavia, questo va a scapito della biodiversità e dei servizi ecosistemici. Per immagazzinare in modo sostenibile il carbonio a lungo termine sarebbe necessario un ulteriore uso sostenibile del legno raccolto e dei prodotti in legno».

Le misure che migliorano la gestione dell’acqua e la riumidificazione dei suoli torbosi sono semplici e hanno effetti positivi sia sulla biodiversità che sulla capacità di stoccaggio del carbonio degli habitat delle zone umide. «Sebbene la riumidificazione di ex zone umide e torbiere porti temporaneamente ad un aumento delle emissioni di metano (CH4), l’effetto a lungo termine sullo stoccaggio del carbonio è positivo e previene le emissioni di CO2 associate ai suoli organici drenati».

In molti casi, anche la gestione degli habitat per aumentare i loro tassi di stoccaggio e sequestro del carbonio può comportare di compromessi. «Pertanto – dice l’EEA – le decisioni dovrebbero essere prese con attenzione, poiché molti habitat con bassi tassi di stoccaggio e sequestro di carbonio hanno un’elevata biodiversità e un valore per i servizi ecosistemici. L’aumento dei tassi di stoccaggio e sequestro del carbonio degli habitat a bassa produttività, come praterie seminaturali, brughiere e arbusti, per la mitigazione del cambiamento climatico aumenterebbe la loro produttività ma degraderebbe la loro biodiversità e pertanto non è considerata un’opzione fattibile».

In Europa, molti di questi habitat sono già a rischio a causa dell’elevato apporto di nutrienti, dell’effetto della fertilizzazione della CO2, del cambiamento climatico e di altre pressioni come la frammentazione e l’occupazione del suolo. Le misure che puntano a mantenere e migliorare la qualità dell’habitat per le specie rimuovendo i nutrienti o la biomassa da un sistema (ad esempio per ripristinare habitat eutrofizzati o mantenere habitat di grande importanza per la conservazione della biodiversità come le brughiere) non aumenteranno il sequestro e gli stock di carbonio e, pertanto, non aumenteranno il contributo alla mitigazione del cambiamento climatico. L’uso sostenibile della biomassa di questi habitat è importante per ridurre l’ impronta di CO 2 derivante della loro gestione.

Negli habitat marini i livelli di stoccaggio di carbonio sono generalmente inferiori a quelli degli habitat terrestri. Secondo il Briefing, «L’eccezione sono i letti di maërl (anche le associazioni a rodoliti), che hanno tassi di sequestro del carbonio paragonabili a quelli delle foreste. Le foreste di alghe, le macroalghe intertidali e i faunal turfs  hanno tassi di sequestro del carbonio molto bassi o trascurabili. Le foreste di kelp e le macroalghe intertidali producono biomassa, ma questo contribuisce in gran parte allo stoccaggio del carbonio nelle aree di deposito piuttosto che negli stessi letti di alghe e macroalghe».

Generalmente, l’ambiente marino offre minori opportunità di intervento attivo. Dato che, se lasciati in pace, questi habitat mantengono la capacità di riprendersi, le misure di gestione includono la regolamentazione delle attività per prevenire o ridurre al minimo gli impatti antropici. L’EEA conferma che «L’istituzione di Aree marine protette (AMP) integra tali misure concentrando l’azione di conservazione in luoghi particolari. Le AMP possono anche fungere da aree di riferimento o di controllo per studiare gli impatti e i cambiamenti nell’ambiente marino, compresi i cambiamenti climatici come l’innalzamento del livello del mare e i cambiamenti nella distribuzione delle specie».

Il briefing evidenzia che «Ad oggi, le misure per stimolare e/o salvaguardare lo stoccaggio del carbonio nell’ambiente marino hanno preso in considerazione solo un numero limitato di habitat marini, in particolare gli habitat bentonici, che sono anche al centro dello studio di scoping. In questo contesto, è fondamentale notare che le acque oceaniche ecologicamente degradate perdono la loro capacità di sostenere il ciclo del carbonio e di agire in generale come un pozzo di carbonio. Pertanto, le misure per promuovere lo stoccaggio del carbonio sono rilevanti per la protezione e il ripristino dell’habitat».

Tra i tipi di habitat esaminati, i sedimenti subtidali con un’elevata frazione di fango hanno il maggiore potenziale di immagazzinare carbonio. «Le misure di gestione pertinenti per questo habitat mantengono tale capacità di immagazzinare carbonio o ripristinarlo dove è stato degradato – si legge nel briefing – Le attività umane che influenzano la miscelazione dei sedimenti ridurranno lo stoccaggio di carbonio nei sedimenti marini della  piattaforma. Prevenire o ridurre tale disturbo è quindi una solida opzione di gestione».

Per quanto riguarda gli ecosistemi di fanerogame come la Posidonia oceanica, «I tassi di sequestro del carbonio degli habitat creati o ripristinati potrebbero essere notevoli, sebbene vi siano notevoli variazioni tra le specie. Entro 12 anni dalla semina, ci si aspetta che le praterie di fanerogame ripristinate accumulino carbonio a tassi paragonabili a quelli dei letti di fanerogame naturali. Ridurre l’eutrofizzazione costiera sarebbe essenziale per utilizzare questa opzione».

Il briefing conclude: «Possono verificarsi sia sinergie che compromessi tra gli obiettivi di conservazione e ripristino della natura, da un lato, e le azioni di mitigazione del cambiamento climatico, dall’altro. Questi dovranno essere valutati attentamente per assicurarsi che la politica di mitigazione del cambiamento climatico e le azioni correlate non influiscano in modo sproporzionato sugli obiettivi di conservazione e ripristino della natura, o viceversa. Le incertezze nella capacità di stoccaggio e sequestro del carbonio e le aree coperte da diversi habitat continuano a ostacolare la quantificazione delle capacità di stoccaggio e sequestro del carbonio degli habitat europei. Tuttavia, questo studio di scoping definisce una baseline per lo studio delle sinergie e dei compromessi tra le misure per proteggere la biodiversità e mitigare i cambiamenti climatici, con gli habitat che forniscono il livello di dettaglio appropriato per delineare strategie a sostegno di entrambe le agende politiche».