Incendi in Sardegna, Wwf: non chiamatela calamità
Emergenza incendi in tutto il Mediterraneo. 5 raccomandazioni per ridurre il rischio
[27 Luglio 2021]
Il Wwf parla di «Un disastro immane che ha azzerato la biodiversità, distrutto interi ecosistemi, carbonizzato boschi secolari, sterminato migliaia di animali: dai mammiferi agli uccelli, dagli insetti agli anfibi e ai rettili. Enormi porzioni di paesaggio sono ormai irriconoscibili. Un disastro per l’agricoltura, la pastorizia e le migliaia di persone coinvolte che ha alla base precise responsabilità umane che si chiamano assenza di cura e manutenzione del territorio (fondamentali per la prevenzione degli incendi) e cambiamento climatico».
Il Panda italiano ricorda che, come emerge dal suo report “Mediterraneo in fiamme”, «L’Italia, con una superficie bruciata media annua di 72.945 ettari, si pone ben al di sopra della media (poco più di 62.000 ettari) ed è terza dietro a Portogallo e Spagna. A fronte di una diminuzione numerica degli incendi, aumenta purtroppo l’estensione delle superfici percorse dal fuoco. In Italia, nel 2020, si sono verificati 7 incendi che hanno coinvolto aree più estese oltre 500 ettari, il più grande dei quali ha bruciato oltre 3.000 ettari nella provincia di Trapani alla fine di agosto. A partire dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell’Europa mediterranea, superando per dimensione e portata i grandi incendi. Si tratta dei mega-incendi, che generano vere e proprie tempeste di fuoco. Dal 1° gennaio e fino al 14 luglio EFFIS (European Forest Fire Information System) ha registrato in Italia in totale 157 incendi con superfice maggiore di 30 ettari, mentre la media annua tra il 2008 e il 2020 si attesta a 66. nello stesso arco di tempo (1/1-14/7) la superfice totale incendiata ammonta a 26.931 ettari».
E il Wwf sottolinea che sarebbe meglio non chiamare questi incendi “calamità” visto che quasi sempre dietro c’è la mano dell’uomo: «In media, l’uomo è responsabile del 96% degli incendi, che possono essere accidentali, causati da negligenza o generati intenzionalmente. Solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali. Il progressivo abbandono delle aree rurali e il conseguente recupero della vegetazione spontanea creano condizioni estremamente favorevoli al diffondersi delle fiamme. L’aumento degli usi non agricoli dello spazio rurale – ricreazione, trasporto, vacanza, sub-urbanizzazione – facilitano l’innesco di fuochi accidentali e non. La presenza di una radicata “cultura del fuoco” diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo a causa della quale la gente usa bruciare per “gestire” i campi, o la fiamma per cucinare all’aperto. Determinante è inoltre l’aumento significativo delle temperature medie globali provocate dal cambiamento climatico».
Il Wwf ha anche pubblicato 5 raccomandazioni per ridurre il rischio e l’incidenza degli incendi nel bacino del Mediterraneo: 1. Ridurre l’alto tasso di incidenti e porre fine all’impunità attraverso la prevenzione e le condanne agli incendiari. 2. Ridurre l’infiammabilità del paesaggio attraverso piani di prevenzione efficaci e la mappatura delle aree a rischio. 3. Migliorare le capacità di difesa civile, attraverso il miglioramento del coordinamento delle emergenze e l’educazione alla cultura del rischio. 4. Migliore la governance della gestione degli incendi, potenziando il coordinamento della prevenzione e della soppressione. 5. Contrastare efficacemente la crisi climatica, riducendo le emissioni di gas serra e aumentando la capacità di assorbimento di foreste e altri ecosistemi. Le istituzioni devono accelerare la transizione energetica verso un futuro senza combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) con politiche che spingano in modo molto più ambizioso le energie rinnovabili assieme a risparmio ed efficienza energetica. Bisogna inoltre varare finalmente il Piano Nazionale di Adattamento, nonché i piani Regionali.