La censura climatica di Trump al lavoro: cancellati i tweets del Badlands National Park
Gli scienziati Usa preparano una marcia su Washington contro le minacce alla ricerca scientifica
[26 Gennaio 2017]
Il 24 gennaio il Badlands National Park aveva condiviso su Twitter alcune informazioni sul cambiamento climatico, una cosa normale, visto che i parchi nazionali e le persone che li gestiscono parlano spesso delle minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per le risorse naturali. Finora, il Badlands National Park era uno dei più attivi, visto che il cambiamento climatico sta colpendo duramente l’area del South Dakota nella quale si estenda.
Ma questi negli Usa – e nel mondo – non sono tempi normali: appena insediatasi, l’Amministrazione di Donald Trump ha dato istruzioni/ordini ai dipendenti di diverse agenzie governative – compresa l’Environmental protection agency (Epa), insieme ai dipartimenti dell’interno e dell’agricoltura – di interrompere qualsiasi condivisione di informazioni con l’opinione pubblica, anche attraverso i loro account sui social media.
L’account Twitter del National Park Service era stato brevemente oscurato dopo che aveva ritwittato informazioni accurate che confrontavano la folla al discorso inaugurale di Trump di quest’anno con quella del discorso di Obama nel 2009. Qualsiasi menzione sui cambiamenti climatici è stata cancellata dal sito web della Casa Bianca dopo che Trump aveva giurato come 45esimo presidente Usa.
Anche per questo i tweet postati dal Badlands National Park sulle emissioni di CO2 e l’acidificazione degli oceani, hanno riscosso una discreta attenzione. Ma nel giro di poche ore sono stati eliminati dall’account del Parco Nazionale, senza spiegazioni. Solo dopo molte ore, dopo che la cosa era finita sui giornali, stanotte una funzionaria del National Park Service, Claudia Koerner, ha detto che l’account ha scelto di cancellare i tweet dopo che era stato “compromesso”.
Come ha sottolineato Tim Murphy su Mother Jones, non è strano che le Badlands abbiano condiviso informazioni sul cambiamento climatico, fra l’altro senza nessun riferimento a Trump, ma è certamente strano che qualcuno si sia preso la briga di cancellare tutto.
E’ noto che Trump non crede alla scienza del cambiamento climatico – che ha definito una bufala inventata dai cinesi – e che ha riempito la sua Amministrazione di ecoscettici e negazionisti climatici, a cominciare dai direttore dell’Epa e dei segretari dei Dipartimenti dell’interno, di Stato, dell’energia e dell’agricoltura. Per questo, temendo una possibile epurazione e censura da parte dell’amministrazione Trump, gli scienziati stanno scaricando i dati climatici del governo su server privati.
Appena insediata, l’amministrazione Trump ha congelato i finanziamenti all’Epa e vietato agli scienziati dell Dipartimento dell’agricoltura di pubblicare le loro ricerche. Gli scienziati statunitensi hanno contrastato per anni il negazionismo climatico dei politici repubblicani, ma le minacce poste dall’amministrazione Trump sembrano così gravi che la comunità scientifica ha messo in piedi un proprio movimento di resistenza e sta organizzato una marcia su Washington nel nome della scienza basata sull’evidenza dei fatti.
Michael Halperin, vice direttore del Center for science and democracy dell’Union of concerned scientists, ha detto a ThinkProgress: «E’ chiaro che gli attacchi della nuova amministrazione in materia di indipendenza degli scienziati governativi hanno toccato un nervo scoperto. Gli scienziati sanno il danno che fa alla salute pubblica e l’ambiente il ricorso agli “alternative facts” e sono mobilitati ed eccitato per garantire che la politica del governo si basa su informazioni reali. Gli scienziati vedono sempre più un collegamento immediato tra la loro ricerca e le politiche che proteggono il nostro ambiente e salvano vite umane e sono disposti a levare la voce contro i tentativi di minare il loro lavoro. Fin dalla campagna elettorale, hanno firmato appelli, fatto richieste al Congresso, organizzato eventi, si sono preparati a concorrere per gli uffici. Date le minacce da parte dell’amministrazione Trump alla ricerca scientifica, non è sorprendente che siano pronti a scendere in piazza».
E gli scienziati questa volta sembrano avere molti sostenitori, pure: da quando è stato pubblicato il 23 gennaio, l’account Twitter @ScienceMarchDC ha avuto un vero e proprio boom e ieri pomeriggi aveva già 30.000 followers. Anche se non è ancora stata fissata una data, più di 180.000 persone hanno aderito all’evento Facebook della marcia degli scienziati. Gli organizzatori sottolineano che «La marcia è non di parte, ma è assolutamente destinata ad avere un impatto sui responsabili politici. Chiunque sostenga la scienza empirica è benvenuto alla marcia. Un governo americano che ignora la scienza per perseguire agende ideologiche mette in pericolo il mondo».
Su questo tema sta emergendo lo scollamento tra Congresso e Amministrazione Trump e opinione pubblica Usa: mentre i politici repubblicani sono in gran parte negazionisti climatici, la maggior parte degli americani, circa il 65% secondo un sondaggio Gallup dl 2016, è convinta che il riscaldamento globale sia reale e di origine antropica. Ma la maggior parte degli Usa – anche a livello di Stati – è rappresentato da parlamentari che non accettano il cambiamento climatico come un fatto reale.
Ma a quanto pare la maggioranza degli statunitensi – non solo quella che non ha votato Trump – non vuole un presidente anti-scienza. Secondo Halperin, «L’enorme interesse per una marcia degli scienziati dimostra che i fatti sono ancora importanti per la gente e che gli sforzi per erodere il ruolo della scienza nella nostra democrazia saranno contrastati da una resistenza diretta».
Ma la censura antiscientifica è al lavoro: all’inizio di questo mese, la Camera Usa ha tentato di ripristinare le ethics rules, ma i deputati sono stati sommersi dai messaggi di protesta e si sono tirati fuori dall’iniziativa. Il 24 gennaio all’Environmental protection agency, che aveva già ricevuto l’ordine di tacere con la stampa, è stato ordinato di cancellare qualunque informazione sul clima dal suo sito. E’ partita subito una protesta di massa e l’amministrazione Trump ha cambiato rotta, posticipando il blackout sulle informazioni. Il senatore repubblicano Doug Ericksen ha detto a The Hill: «Stiamo cercando di ripulirle un po’, di deodorarle un po’ e poi di darle di nuovo al pubblico». Non ci poteva essere migliore definizione del greenwashing di Stato e ideologico che si appresta a fare l’Amministrazione Trump.
Sembra finita l’epoca “dell’innocenza” e la scienza ha ora a che fare con una neodestra che cerca di piegare i fatti e i reali pericoli del cambiamento climatico ad una visione ideologica del mondo, nella quale il negazionismo climatico – e non solo – svolge un ruolo essenziale.
Come ha detto a The Atlantic Shaughnessy Naughton, fondatore di 314 Action, un gruppo di recente formazione che sostiene gli scienziati che lavorano per le amministrazioni pubbliche, «Molti scienziati avevano tradizionalmente la sensazione che la scienza fosse al di sopra della politica, ma stiamo vedendo che i politici non sono al di sopra dal farsi coinvolgere nella scienza. Stiamo perdendo e l’unico modo per fermarli che è quello di portare al tavolo un maggior numero di persone con un background scientifico».