La crisi climatica del Mediterraneo spiegata dai pesci “sentinella”
Con circa 700 specie ittiche e un tasso di riscaldamento circa tre volte più veloce di quello dell’oceano, il Mediterraneo è un hot-spot sia di biodiversità sia del cambiamento climatico
[26 Gennaio 2023]
Tra settant’anni il livello del Mediterraneo potrebbe essere più alto fino a un metro a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci, ma non occorre aspettare tanto per osservare i cambiamenti imposti da una crisi climatica che è già in corso, anche sott’acqua, come testimonia l’aumento della temperatura e le sempre più frequenti ondate di calore.
Cambiamenti che un nuovo progetto di ricerca ha iniziato a monitorare facendo leva su 15 specie di pesci considerate come ‘sentinella’ del cambiamento climatico. Si tratta della ricerca ClimateFish – il primo database open access di questo tipo –, realizzata dal biologo marino Ernesto Azzurro del Cnr, in collaborazione con esperti Enea e di altri istituti internazionali.
Nel database figurano sette specie autoctone, selezionate per l’ampia distribuzione, la sensibilità alle condizioni di temperatura e per la facile identificazione, e otto specie esotiche provenienti dal Mar Rosso.
«Grazie a un campionamento durato 13 anni sono stati censiti oltre centomila esemplari delle 15 specie target, in oltre 3 mila aree di sette Paesi del bacino del Mediterraneo. Le più rappresentate sono le specie autoctone donzella pavonina e salpa, anche se quest’ultima è andata registrando una diminuzione in quantità e in distribuzione geografica dovuta con tutta probabilità all’aumento delle temperature e alla competizione con erbivori tropicali», spiega la ricercatrice Enea Federica Pannacciulli.
Al momento, le specie esotiche sono ancora sottorappresentate nel database e la loro presenza è concentrata per lo più nel settore orientale del Mediterraneo dove il fenomeno del riscaldamento è particolarmente accelerato, come ad esempio l’area a sud di Creta (+1,65 °C). «Ma il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura provocato dai cambiamenti climatici», aggiunge Pannacciulli.
Con circa 700 specie ittiche e un tasso di riscaldamento circa tre volte più veloce di quello dell’Oceano, il Mediterraneo è un hot-spot sia di biodiversità sia del cambiamento climatico. Negli ultimi decenni parecchie specie si sono spinte verso i poli aumentando il rischio di estinzione, mentre l’arrivo di nuove specie esotiche erbivore come il pesce coniglio sta causando il fenomeno della desertificazione marina.
Inoltre, diverse specie hanno ampliato la loro distribuzione geografica nel Mediterraneo: si tratta di un fenomeno, indicato come meridionalizzazione, che coinvolge diverse specie ittiche native, come il pesce pappagallo mediterraneo e la donzella pavonina, individuate verso nord rispetto alla loro originale distribuzione geografica. È stato poi rilevato il fenomeno della tropicalizzazione, vale a dire la presenza di pesci non autoctoni di origine tropicale che si prevede diventino sempre più presenti nel Mediterraneo per effetto del riscaldamento globale (nel 2002 erano 90, di cui 59 dal Mar Rosso, mentre nel 2020 le specie esotiche sono arrivate a 188 di cui 106 provenienti dal Canale di Suez, per un totale di 76 specie stabili).
«Le prime prove dell’espansione verso nord di alcune specie ittiche risalgono agli anni ’90. Il fenomeno è avvenuto un decennio dopo la rilevazione di un netto aumento della temperatura e di importanti cambiamenti nella circolazione dell’acqua nel Mar Mediterraneo», sottolinea Pannacciulli.
Per conoscere i cambiamenti nell’ecologia marina del Mediterraneo, il team internazionale di ricercatori ha intervistato in 95 località di nove diversi Paesi europei oltre 500 pescatori, di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale e oltre 15mila anni complessivi di osservazione del mare.