Gravi rischi soprattutto per il Medio Oriente e l’Africa del Nord
La Nato: il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce per la sicurezza
I leader politici non capiscono che esacerba problemi come la crisi dei rifugiati
[30 Maggio 2017]
Secondo il nuovo rapporto speciale “Food and water security in thr Meddle East and North Africa”, pubblicato da Comitato scienza e tecnologia dell’Assembea Parlamentare della Nato, il cambiamento climatico è l’ultimo «moltiplicatore di minaccia» che può esacerbare l’instabilità politica nelle regioni più instabili del mondo, dato che, intensificando gli eventi meteorologici estremi come la siccità, i cambiamenti climatici mettono a rischio l’approvvigionamento di cibo e acqua.
Nei Paesi aridi come quelli del Medio Oriente e del Nord Africa, gia alla prese con la carenza d idrica e di cibo, il maggiore stress indotto dal riscaldamento globale può portare a scontri e conflitti violenti per accaparrarsi le risorse scarse.
Il rapporto conclude: «cibo, acqua e clima sono intimamente connessi con i settori dello sviluppo economico, la demografia, l’energia, gli ecosistemi e la pianificazione urbana, per citare solo alcuni settori correlati. La comunità internazionale deve migliorare il mercato alimentare internazionale per aumentare la stabilità dei prezzi e la disponibilità. Ultima cosa, ma non meno importante, le parti che hanno ratificato l’Accordo di Parigi sul clima del 2015 devono rispettare tutti i loro impegni, anche per quanto riguarda finanziamenti per il clima per i Paesi in via di sviluppo». Che è esattamente il contrario di quello che si appresta a fare il più potente Paese della Nato: gli Usa di Donald Trump.
Commentando il rapporto Nato, Dana Nuccitelli del Bulletin of the Atomic Scientists spiega che oltre a analizzare la scarsità di cibo e acqua Medio Oriente e Nord Africa, il rapporto «documenta anche efficacemente il ruolo globale che il cambiamento climatico svolge nell’esacerbare il problema».
Nuccitelli fa riferimento anche a un altro studio, “Reframing climate change assessments around risk: recommendations for the U.S. National Climate Assessmen”, appena pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricercatori Usa che «Esamina come gli scienziati possano meglio caratterizzare e comunicare le azioni di gestione del rischio, per esempio identificando i valori che sono a rischio e inquadrando le informazioni chiave, in un modo da comunicare chiaramente il motivo per cui vengono prese decisioni importanti».
Secondo uno degli autori di quest’ultimo studio, Peter Gleick del Pacific Institute, «Il nuovo studio Nato evidenzia i crescenti rischi di violenza in Medio Oriente legate aggravati dai problemi di cibo e acqua aggravati dall’accelerazione del cambiamento climatico. Queste preoccupazioni sono state identificate anche da esperti di intelligence e militari degli Stati Uniti e dovranno essere prese in considerazione nelle eventuali valutazioni delle priorità di sicurezza nazionale e delle azioni per il futuro».
Mentre Trump se ne frega del cambiamento climatico ed esalta il ruolo militare degli Usa, nel 2014 era stato lo stesso Dipartimento della difesa Usa a considerare i cambiamenti climatici un moltiplicatore di minacce
Nell’articolo “Environment and Security: The Clear Connections” pubblicato nel settembre 2015 sul Bulletin of the Atomic Scientists Gleick sottolineava le connessioni tra ambiente e sicurezza erano già note oltre 25 anni fa e faceva notare che «La migrazione di popolazioni in cerca di condizioni ambientali e sociali più buone può minare la pace e la sicurezza … l’era della guerra fredda potrebbe presto essere sostituita dall’era del conflitto ambientale regionale».
Un quarto di secolo più tardi, siamo ancora alle prese con i collegamenti tra ambiente e sicurezza, che stanno diventando sempre più evidenti. Già nel 2013, Gleick, con lo studio “Water, Drought, Climate Change, and Conflict in Syria” aveva scoperto che siccità e riscaldamento globale avevano contribuito a scatenare e amplificare le proteste in Siria che poi si sono trasformate in una gurra civile globale della quale non si vede la fine. Nuccitelli ricorda che nella sua dirompente comparsata al G7 di Taormina, Donald Trump ha visitato una terra «Invaso da profughi provenienti dalla regione. Questi sono i tipi di rischi del cambiamento climatico-amplificato che riguardano il Pentagono e la Nato».
Sul Bulletin of the Atomic Scientists Nuccitelli rammenta a tutti che «Per l’umanità il cambiamento climatico potrebbe essere peggio che mai per la mancata gestione del rischio. Stiamo causando rapidi cambiamenti del clima dell’unico pianeta che abitiamo, sul quale noi e ogni altra specie sulla Terra facciamo affidamento. La civiltà umana si è sviluppata solo negli ultimi 10.000 anni, durante i quali il clima della Terra è entrato in un periodo relativamente stabile. Questa stabilità ha permesso agli esseri umani di stabilirsi in zone dove abbiamo potuto contare su modelli meteorologici relativamente coerenti e sviluppare la produzione agricola sulla base di tempo e clima stabili. Ma ora stiamo alzando la temperatura della Terra ad una velocità da 20 a 50 volte più alta di quanto normalmente accade quando ci sono delle transizioni da una glaciazione. Questa rapida destabilizzazione del clima minaccia le fondamenta della società umana».
Nuccitelli poi affronta il problema della (in)consapevolezza del rischio climatico: «Le persone sono generalmente brave a gestire il rischio. Ad esempio, una volta che l’impatto sulla salute del fumo è diventato chiaro all’opinione pubblica, l consumo di sigarette è sceso rapidamente. Ogni sbuffo rappresenta solo un piccolo aumento le probabilità di sviluppare il cancro, ma la maggior parte delle persone ha deciso che con qualcosa di così importante come la loro salute e pericoloso come il cancro, il modo di agire intelligente è quello di ridurre al minimo il rischio. Purtroppo, l’industria del tabacco per diversi decenni è stata in grado di fabbricare dubbi riguardo ai rischi rappresentati dai suoi prodotti. Ora siamo nella stessa situazione con il cambiamento climatico. Nonostante gli sforzi dell’industria dei combustibili fossili di mettere in dubbio i pericoli rappresentati dai suoi prodotti, gli esperti stanno chiaramente identificando e comunicando tali rischi al pubblico».
Così, mentre Trump pensa a come uscire dall’Accordo di Parigi e rottama le politiche anti-inqiinamento di Barck Obama, la maggior parte persone, compreso il 62% degli elettori di Trump, sostengono la regolamentazione dell’inquinamento da CO2 o la carbon tax, o una combinazione di entrambe.
Nuccitelli conclude: «Data la nostra dipendenza dal clima e dall’unico pianeta che abbiamo, mitigare i rischi posti dai rapidi cambiamenti climatici dovrebbe essere un gioco da ragazzi. La Nato, il Pentagono e la maggior parte degli americani se ne rendono conto, ma, quando si tratta di cambiamenti climatici, molti dei nostri leader politici non sembrano afferrare i concetti di base della gestione del rischio, o il fatto che stia già esacerbando i problemi che preoccupano i nostri leader politici, come la crisi dei rifugiati».