La tundra siberiana potrebbe scomparire entro il 2500
Solo misure di protezione climatica ambiziose possono ancora salvare un terzo della tundra
[30 Maggio 2022]
A causa del riscaldamento globale, le temperature nell’Artico stanno aumentando rapidamente e così il limite del bosco delle foreste di larici siberiani avanza costantemente verso nord, soppiantando gradualmente le ampie distese di tundra che ospitano un mix unico di flora e fauna. Infatti, la tundra ospita una comunità unica di piante, circa il 5% delle quali sono endemichecome i corvi di montagna, il papavero artico e salici e betull arbustivie, che si sono adattati alle dure condizioni locali: estati brevi e inverni lunghi e difficili. L’Artico è anche l’habitat di specie rare come renne, lemming e insetti come il calabrone artico.
Lo studio “Regional opportunities for tundra conservation in the next 1000 years” pubblicato su eLife da Stefan Kruse e Ulrike Herzschuh dell’ Alfred-Wegener-Institut Helmholtz-Zentrum für Polar- und Meeresforschung (AWI) presenta una simulazione al computer di come questi boschi potrebbero diffondersi in futuro a spese della tundra e conclude che «Solo misure coerenti di protezione del clima consentiranno a circa il 30% della tundra siberiana di sopravvivere fino alla metà del millennio. In tutti gli altri scenari meno favorevoli, si prevede che questo habitat unico scomparirà del tutto».
L’Artico è la regione della Terra nella quale la crisi climatica è più visibile: negli ultimi 50 anni, nell’estremo nord, la temperatura media dell’aria è aumentata di oltre 2 gradi Celsius, molto più che altrove. E all’AWI avvertono che «Questa tendenza non potrà che continuare. Se verranno adottate ambiziose misure di riduzione dei gas serra (scenario delle emissioni RCP 2.6), l’ulteriore riscaldamento dell’Artico fino alla fine del secolo potrebbe essere limitato a poco meno di 2 gradi. Secondo le previsioni basate su modelli, se le emissioni rimangono elevate (scenario RCP 8.5), potremmo assistere a un drammatico aumento delle temperature medie estive nell’Artico, fino a 14 gradi Celsius rispetto alla norma odierna entro il 2100».
La Herzschuh, a capo della divisione dei sistemi ambientali terrestri polari dell’AWI, spiega che «Per l’Oceano Artico e il ghiaccio marino, il riscaldamento attuale e futuro avrà gravi conseguenze. Ma anche l’ambiente sulla terraferma cambierà drasticamente. Le vaste distese della tundra in Siberia e nel Nord America saranno notevolmente ridotte, poiché il limite del bosco, che sta già cambiando lentamente, avanzerà rapidamente verso nord nel prossimo futuro. Nella peggiore delle ipotesi, non ci sarà praticamente nessuna tundra rimasta entro la metà del millennio. Nel corso del nostro studio, abbiamo simulato questo processo per la tundra nel nord-est della Russia. La domanda centrale che ci riguardava era: quale percorso di emissione deve seguire l’umanità per preservare la tundra come rifugio per la flora e la fauna, nonché il suo ruolo per le culture dei popoli indigeni e i loro tradizionali legami con l’ambiente?»
Per la loro simulazione, la Herzschuh e il modellatore AWI Kruse hanno utilizzato il modello di vegetazione AWI LAVESI e Kruse spiega a sua volta che «Quel che distingue LAVESI è che ci consente di visualizzare l’intero limite del bosco a livello dei singoli alberi. Il modello ritrae l’intero ciclo di vita dei larici siberiani nella zona di transizione alla tundra, dalla produzione e distribuzione dei semi, alla germinazione, agli alberi completamente cresciuti. In questo modo, possiamo rappresentare in modo molto realistico il limite del bosco che avanza in un clima caldo».
E i risultati dello studio parlano da soli: «Le foreste di larici potrebbero estendersi verso nord a una velocità fino a 30 chilometri ogni decennio. Le distese della tundra, che non possono spostarsi nelle regioni più fredde a causa dell’adiacente Oceano Artico, si ridurrebbero sempre più. Poiché gli alberi non sono mobili e i semi di ciascuno possono raggiungere solo un raggio di distribuzione limitato, inizialmente la vegetazione rimarrebbe notevolmente indietro rispetto al riscaldamento, ma poi lo raggiungerà di nuovo». Nella maggior parte degli scenari, entro la metà del millennio rimarrebbe meno del 6% della tundra odierna, salvarne circa il 30% sarebbe possibile solo con l’aiuto di ambiziose misure di riduzione dei gas serra. «Altrimenti – div cono i ricercatori tedeschi – la cintura della tundra ininterrotta, una volta lunga 4.000 chilometri, si ridurrebbe a due zone, a 2.500 chilometri l’una dall’altra, sulla penisola di Taimyr a ovest e sulla penisola di Chukotka a est».
E’ interessante notare che se anche se l’atmosfera si raffreddasse nuovamente nel corso di questo millennio, le foreste non si ritirerebbero completamente dalle aree della ex tundra.
Eva Klebelsberg, project manager protected areas and climate change/Russian Arctic del Wwf Deutschland ha commentato: «A questo punto, per la tundra siberiana è una questione di vita o di morte. Aree più grandi possono essere salvate solo con obiettivi di protezione climatici molto ambiziosi. E anche allora, nel migliore dei casi, alla fine ci saranno due rifugi discreti, con popolazioni di flora e fauna più piccole che saranno altamente vulnerabili alle influenze distruttive. Ecco perché è importante intensificare ed espandere le misure di protezione e le aree protette in queste regioni, in modo da preservare i rifugi per l’impareggiabile biodiversità della tundra, Alla fine, una cosa è chiara: se continuiamo con il business as usual, questo ecosistema scomparirà gradualmente».