Le inondazioni uccidono almeno 270 persone nella Repubblica Democratica del Congo
Guterres: «Il patrimonio della RDC appartiene al popolo congolese, bisogna che diventi fonte di prosperità e sviluppo e non di conflitto, rivalità e sfruttamento insostenibile»
[9 Maggio 2023]
Secondo le stime pubblicate il 7 maggio dall’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) E Le inondazioni e le frane provocate dalle forti piogge che dal 2 al 4 maggio hanno colpito il Sud Kivu, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), hanno causato almeno 270 morti e più di 300 dispersi, secondo un rapporto delle Nazioni Unite. Sono state danneggiate circa 3.000 case, 1.200 delle quali sono state completamente distrutte. Secondo l’OCHA, quasi 3.000 famiglie sono rimaste senza casa.
Frane e inondazioni hanno travolto interi villaggi del territorio di Kalehe e costretto 15.000 persone a cercare riparo altrove. Il personale OCHA sul campo avverte che «L’area colpita ospita migliaia di sfollati dal Nord Kivu e che il colera è fonte di grande preoccupazione. Più di 107.000 sfollati interni si trovano nella zona sanitaria di Kalehe».
Le agenzie Onu e i loro partner hanno attivato i team di emergenza e stanno sostenendo gli sforzi del governo della RDC. Il World Food Programme (WFP) ha mobilitato gli aiuti alimentari e l’Unicef stanno rifornendo i profughi di articoli per la casa e l’igiene essenziali prevenire le epidemie di malattie trasmesse dall’acqua. Le organizzazioni umanitarie stanno anche sostenendo i centri medici locali dove circa 160 persone hanno ricevuto cure mentre la Croce Rossa congolese sta occupandosi del recupero e della sepoltura delle vittime. L’OCHA evidenzia che «I bisogni immediati includono sepolture dignitose e sicure, cure mediche, aiuti alimentari e allogg»i.
La rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu, Bintou Keita, si è detta «Profondamente addolorata per la perdita di vite umane causata dalle piogge torrenziali che il 4 maggio sono cadute su diversi villaggi nel territorio di Kalehe»
L’ufficio della RDC dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato che nell’area colpita il colera è endemico e sta supportando le autorità sanitarie locali per rafforzare le azioni riguardanti l’acqua, i servizi igienico-sanitari e l’igiene per ridurre il rischio di epidemie. Anche Medici Senza Frontiere ha inviato un team di emergenza per curare i feriti sul posto ed evacuare quelli più gravi a Bukavu.
la Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la stabilisation en RD Congo (MONUSCO) ha donato una grossa partita di medicinali all’ospedale di Bukavu dove i feriti sono stati evacuati in barca. Per facilitare l’accesso ai villaggi colpiti, MONUSCO prevede di aiutare a riparare alcuni ponti in base alle esigenze degli operatori umanitari e delle autorità.
Nessuno è ancora in grado di definire i la portata di questa nuova gigantesca tragedia che ha colpito unì ‘area martoriata da decenni di guerra e guerriglie per le risorse. Il governo centrale di Kinshasa ha dichiarato l’8 maggio giorno di lutto nazionale e annunciato una missione governativa per sostenere il governo provinciale nella gestione di questo disastro che è avvenuto due giorni dopo che altre inondazioni avevano ucciso decine di persone e distrutto migliaia di case nel vicino Rwanda.
Il 6 maggio, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, in visita in Burundi, ha sottolineato che «Si tratta di un nuovo esempio di un’accelerazione del cambiamento climatico e delle sue drammatiche conseguenze per i Paesi che non sono coinvolti nella responsabilità per il riscaldamento globale».
Guterres era a Bujumbura, la capitale del Burundi, per partecipare all’11esimo vertice dell’Accord-cadre pour la paix, la sécurité et la coopération pour la République démocratique du Congo et la région des Grands Lacs e ha ricordato amaramente che «La firma – ormai dieci anni fa – dell’Accordo Quadro ha suscitato molte speranze. Ha segnato un punto di svolta, durante il quale i paesi della regione hanno assunto impegni concreti per porre fine ai ricorrenti cicli di violenza – in particolare nell’est della RDC – e per costruire la pace e la sicurezza». Dpo essersi diplomaticamente congratulato con i Paesi firmatari e con le istituzioni garanti per il lavoro svolto per l’attuazione dell’Accordo Quadro il capo dell’Onu si è rammaricato per il fatto che «L’attuale crisi sottolinea tutto il cammino che resta da percorrere. Nonostante i nostri sforzi collettivi, più di un centinaio di gruppi armati – congolesi e stranieri – operano ancora oggi e quindi minacciano la stabilità dell’intera regione dei Grandi Laghi. La presenza di questi gruppi armati – M23, ADF, FDLR, CODECO, RED-Tabara e altri – porta a tragedie umanitarie e gravi violazioni dei diritti umani, compresa la violenza sessuale. Alimenta anche la recente sfiducia e le tensioni tra i paesi della regione. Nella RDC, dalla recrudescenza dell’M23 nel novembre 2021, più di 500.000 persone sono dovute fuggire e che anche la situazione nella provincia di Ituri rimane estremamente preoccupante. E’ ora che la violenza finisca. Ribadisco il mio appello a tutti i gruppi armati: deponete le armi – immediatamente – e unitevi al processo di smobilitazione, disarmo e reintegrazione». Poi Guterres ha esortato i leader politici e comunitari, che quelle milizie spesso le armano e le appoggiano, «A porre fine all’incitamento all’odio e all’incitamento alla violenza. Invito tutte le parti ad attuare le decisioni prese nei processi di Luanda e Nairobi senza indugio e senza eccezioni. Solo il dialogo – dialogo costante e sincero – consentirà di trovare compromessi duraturi».
Dopo aver chiesto che sia attuata davvero la lotta contro l’impunità e che gli autori di crimini transfrontalieri e internazionali vengano assicurati alla giustizia, il segretario generale dell’Onu ha concluso: «La Repubblica Democratica del Congo e la regione sono ricche di risorse naturali, con il Bacino del Congo che ospita la seconda foresta tropicale più grande del mondo, rappresentando il 10% della biodiversità globale. Ha un’abbondanza di specie animali e vegetali uniche e molti minerali preziosi. Il patrimonio della RDC appartiene al popolo congolese, bisogna che diventi fonte di prosperità e sviluppo e non di conflitto, rivalità e sfruttamento insostenibile. Pace e sviluppo devono andare di pari passo e, affinché la pace sia sostenibile, le voci delle donne, dei giovani e degli sfollati devono essere pienamente ascoltate in tutti i processi politici, di sicurezza e giudiziari».