Le specie marine sono più veloci di quelle terrestri nella corsa per sfuggire al riscaldamento globale
Gli organismi terrestri non saranno in grado di adattarsi al riscaldamento previsto per il XXI secolo?
[26 Maggio 2020]
Con il riscaldamento globale le specie migrano verso i Poli o verso l’alto per cercare un ambiente più fresco e adatto alla loro sopravvivenza e, secondo il nuovo studio“Species better track climate warming in the oceans than on land”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution da un team di ricercatori francesi e statunitensi, sono le specie marine ad essere in testa a questa corsa, «spostandosi fino a 6 volte più velocemente verso i poli che i loro congeneri terrestri.
Analizzando la velocità degli spostamenti degli areali di distribuzione di oltre 12.000 specie animali e vegetali in funzione di quella delle isoterme in latitudine e altitudine, lo studio ha dimostrato che le specie marine sono in grado di seguire, a determinate condizioni, l’invisibile migrazione delle temperature verso i poli. I loro dati sono disponibili nel database BioShifts, contenente oltre 30.000 osservazioni sullo spostamento di specie provenienti da 258 studi pubblicati su riviste scientifiche, durante l’attuale periodo di riscaldamento globale e talvolta coprendo più di due secoli di storia. Gli scienziati di CNRS, l’Ifremer, università di Toulouse III, di Picardie e Washington – Seattle hanno dimostrato che «Le specie marine sono in grado di seguire, in determinate condizioni, l’invisibile migrazione delle temperature ai poli. Questa corsa frenetica al riscaldamento è modulata dalla pressione delle attività umane (pesca, acquacoltura, agricoltura, silvicoltura, pianificazione urbana), accelerando o rallentando il movimento delle specie nel perseguimento di condizioni climatiche favorevoli».
Ad esempio, nel Mare del Nord, l’effetto della pesca eccessiva, che accentua la sensibilità delle popolazioni ittiche al confine caldo della loro distribuzione, è talvolta compensato dalla gestione razionale dell’acquacoltura che favorisce le popolazioni ittiche verso il confine freddo della loro distribuzione, accelerando così lo spostamento degli areali di distribuzione verso il polo.
Un fenomeno che secondo gli scienziati «è probabilmente correlato all’interazione tra il più ampio margine di sicurezza termica delle specie terrestri rispetto alle specie marine e all’ambiente fisico più limitato per la dispersione negli habitat terrestri rispetto agli habitat marini».
Secondo il CNRS francese «Questi risultati mettono in dubbio la capacità degli organismi terrestri di adattarsi al riscaldamento previsto per il XXI secolo. Il grande ruolo svolto dalle attività umane, che a volte limitano e talvolta accelerano l’inevitabile ridistribuzione della biodiversità di fronte ai cambiamenti climatici, è un elemento che dovrà essere meglio preso in considerazione nei modelli per gli scenari futuri della biodiversità».