Non solo Covid-19: la crisi climatica e le altre zoonosi di cui (ancora) non ci preoccupiamo

Wwf: «Tra tutte le malattie emergenti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale»

[7 Aprile 2020]

In tempi non sospetti, quando le zoonosi – ovvero quelle malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, come accaduto per la pandemia da coronavirus in corso – erano per lo più estranee al dibattito pubblico, l’Istituto superiore di sanità (Iss) aveva organizzato a Roma un simposio internazionale chiamando a raccolta oltre 500 ricercatori a livello globale: Covid-19 era ben lontano dal palesarsi, ma già a fine 2018 sapevamo dall’Organizzazione mondiale della sanità che circa 250mila morti l’anno nei prossimi vent’anni saranno attribuibili, direttamente o indirettamente ai cambiamenti climatici. Molti decessi indiretti sono attribuiti proprio alle zoonosi: «Una categoria patologie fortemente influenzate dai cambiamenti climatiche», spiegava l’Iss. Vale anche per Covid-19?

Le conoscenze attualmente disponibili non mettono in evidenza particolari correlazioni, anche se la crisi climatica e quella sanitaria in corso hanno alla base molte cause (e altrettante soluzioni) comuni. Per una disamina aggiornata del fenomeno il Wwf ha pubblicato il rapporto Malattie trasmissibili e cambiamento climatico.

Come spiegano dal Panda «molte zoonosi (ovvero le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, anche tramite vettori quali zecche e zanzare), sono fortemente influenzati dal cambiamento climatico indotto dall’uomo, attraverso tre meccanismi principali:  1) espansione degli areali delle specie serbatoio o vettori, come nel caso di Morbo di Lyme e West Nile Virus; 2) alterazioni nelle temperature e nel regime delle precipitazioni, che favoriscono ad esempio malaria e Chikungunya; 3) rilascio di patogeni in aree precedentemente ghiacciate, come nel caso dell’antrace».

Anche secondo il Wwf «questi meccanismi, al momento, non pare stiano invece influenzando la diffusione del Covid-19, favorito invece dal traffico non controllato di specie» e dall’alterazione degli ecosistemi naturali prodotta dall’uomo. Ciò non significa che la crisi climatica non possa diventare la causa principale della prossima zoonosi, purtroppo. I rischi sotto questo profilo sono molti, e ci riguardano molto da vicino.

L’inverno appena trascorso – ricordano dal Wwf – è stato il più caldo di sempre in Europa dal 1880 (anno a partire dal quale si sono cominciate a registrare in maniera sistematica le temperature) ad oggi e, in media, 3.4°C più caldo del trentennio 1981-2010. Il 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, con un aumento medio della temperatura globale di circa 1,1°C rispetto all’era preindustriale; anche l’Italia, che si sta surriscaldando a velocità doppia rispetto alla media globale, ha attraversato il decennio più caldo della sua storia. Un trend che sta comportando già adesso una maggiore probabilità di nuove zoonosi.

«Il 75% delle malattie infettive umane fino ad oggi conosciute deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti – argomentano dal Wwf – è stata trasmessa da animali selvatici. In termini tecnici queste malattie vengono definite zoonosi e ogni anno causano circa 1 miliardo di casi e milioni di morti (Morse et al., 2012. Prediction and prevention of the next pandemic zoonosis. Lancet, 380, 1956-1965). Le zoonosi conosciute sono molto numerose – oltre 200 secondo l’OMS – e il loro studio costituisce uno dei settori di maggior interesse della medicina umana e veterinaria. Sono zoonosi la rabbia, la leptospirosi, l’antrace, la Sars (inclusa la nuova pandemia provocata dal virus Sars-Cov-2), la Mers, la febbre gialla, la Dengue, l’Hiv, l’Ebola, la Chikungunya e il Covid-19, il morbo di Lyme, ma anche la più diffusa influenza, solo per citarne alcune. Tra tutte le malattie emergenti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale».

Qualche esempio? Il clima nelle regioni settentrionali del mondo sta cambiando più velocemente della media globale, e «sono state identificate 37 potenziali malattie infettive clima-sensibili per le regioni del Nord». Tra questi figurano malattie veicolate da zecche (come morbo di Lyme, encefalite Tbe, babesiosi), da zanzare (Dengue, Chikungunya, Zika, febbre gialla, etc).

Tutti rischi che riguardano anche l’Italia: «In conseguenza del cambiamento climatico, nel nostro Paese si assiste anche alla ricomparsa o recrudescenza di agenti infettivi precedentemente endemici (tra i quali il poliovirus, presente in paesi limitrofi, e il bacillo della tubercolosi) e all’arrivo di nuove malattie esotiche trasmissibili, come Dengue, Chikungunya, Zika, Febbre del Congo-Crimea, West Nile Disease».