Una nuova curva di come la CO2 atmosferica influisce sul clima chiarisce che i suoi effetti possono essere di lunga durata

Poche speranze per l’oggi. Una nuova storia dell’anidride carbonica lunga 66 milioni di anni

E’ chiaro che abbiamo già portato il pianeta in una serie di condizioni mai viste dalla nostra specie

[12 Dicembre 2023]

Lo studio “Toward a Cenozoic history of atmospheric CO2”, pubblicato su Science da 80 ricercatori di 16 Paesi del consorzio  The Cenozoic CO2 Proxy Integration Project (CenCO2PIP), è una nuova ed enorme  revisione degli antichi livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e delle temperature corrispondenti che «Delinea un quadro scoraggiante di dove potrebbe essere diretto il clima della Terra».

Lo studio copre i dati geologici degli ultimi 66 milioni di anni, contestualizzando le concentrazioni attuali con quelle di un tempo remotissimo e, tra le altre cose, evidenzia che «L’ultima volta che il biossido di carbonio atmosferico ha raggiunto costantemente i livelli odierni determinati dall’attività umana è stato 14 milioni di anni fa, molto più tempo fa di quanto indicano alcune valutazioni esistenti».

Dopo 7 anni di ricerche, lo studio purtroppo conferma che «Il clima a lungo termine è altamente sensibile ai gas serra, con effetti a cascata che possono evolversi nel corso di molti millenni».

Il coordinatore del Consorzio CenCO2PIP, Bärbel Hönisch, un geochimico del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, sottolinea che «Sappiamo da tempo che l’aggiunta di CO2 alla nostra atmosfera aumenta la temperatura. Questo studio ci dà un’idea molto più solida di quanto sia sensibile il clima su scale di lungo periodo».

Secondo uno degli autori dello studio, Dustin Harper dell’università dello Utah, «Questo rappresenta alcuni degli approcci più inclusivi e statisticamente raffinati all’interpretazione della CO2 negli ultimi 66 milioni di anni. Una delle novità è che siamo in grado di combinare più proxy provenienti da diversi archivi di sedimenti, sia nell’oceano che sulla terra, e ciò non è mai stato fatto su questa scala».

Le stime più diffuse indicano che, su una scala che va da decenni a secoli, ogni raddoppio della CO2 atmosferica farà aumentare la temperatura media globale da 1,5 a 4,5 gradi Celsius, ma il recente studio “Global warming in the pipeline” pubblicato su Oxford Open Climate Change da un team internazionale di ricercatori guidato da James Hansen della Columbia Univerity, sostiene che questo sottostima la sensibilità planetaria, collocandola tra 3,6 e 6 gradi C di riscaldamento per ogni raddoppio. In ogni caso, dati i trend attuali, il Consorzio CenCO2PIP fa notare che «Tutte le stime collocano il pianeta pericolosamente vicino o oltre i 2 gradi di riscaldamento che potrebbero essere raggiunti in questo secolo».

Alla fine del 1700, l’aria conteneva circa 280 parti per milione (ppm) di CO2. Siamo ormai arrivati ​​a 420 ppm, con un incremento di circa il 50%; entro la fine del secolo potremmo raggiungere le 600 ppm o più e i ricercatori avvertono che «Di conseguenza, siamo già a un punto lungo la curva di riscaldamento incerta, con un aumento di circa 1,2 gradi C dalla fine del XIX secolo – dicono i ricercatori – Qualunque siano le temperature che alla fine si manifesteranno, la maggior parte delle stime del riscaldamento futuro traggono informazioni da studi su come le temperature si sono adattate ai livelli di CO2 in passato. Per questo, gli scienziati analizzano materiali tra cui le bolle d’aria intrappolate nelle carote di ghiaccio, la chimica dei suoli antichi e dei sedimenti oceanici e l’anatomia delle foglie fossili delle piante».

Per William Anderegg, direttore del Wilkes Center for Climate & Policy, «Si tratta di una sintesi incredibilmente importante e ha implicazioni anche per i futuri cambiamenti climatici, in particolare per i processi e i componenti chiave del sistema Terra che dobbiamo comprendere per prevedere la velocità e l’entità del cambiamento climatico».

Il Consorzio CenCO2PIP non ha raccolto nuovi dati ma ha selezionato gli studi pubblicati per valutarne l’affidabilità sulla base dell’evoluzione delle conoscenze, escludendone alcuni che sono stati ritenuti obsoleti o incompleti alla luce delle nuove scoperte e ricalibrandone altri per tenere conto delle più recenti tecniche analitiche. Quindi gli scienziati  hanno calcolato una nuova curva di 66 milioni di anni della CO2 rispetto alle temperature sulla base di tutte le prove finora, arrivando a un consenso su quella che chiamano “sensibilità del sistema terrestre”. «Con questa misura . dicono – si prevede che un raddoppio della CO2 riscalderà il pianeta di ben 5 – 8 gradi C».

I ricercatori ci tengono a evidenziare  che «La sensibilità del sistema Terra descrive i cambiamenti climatici nel corso di centinaia di migliaia di anni, non decenni e secoli che sono immediatamente rilevanti per gli esseri umani. Nel lungo periodo, gli aumenti della temperatura possono emergere da processi terrestri intrecciati che vanno oltre l’effetto serra immediato creato dalla CO2 nell’aria. Questi includono lo scioglimento delle calotte glaciali polari, che ridurrebbe la capacità della Terra di riflettere l’energia solare; cambiamenti nella copertura vegetale terrestre; cambiamenti nelle nuvole e negli aerosol atmosferici che potrebbero aumentare o abbassare le temperature».

Una delle autrici dello studio, la paleoclimatologa Dana Roye della Wesleyan University, sottolinea che «Se si vuole che diciamo quale sarà la temperatura nel 2100, questo non lo dice. Ma ha un impatto sull’attuale politica climatica. Rafforza ciò che già pensavamo di sapere. Ci dice anche che ci sono effetti lenti e a cascata che dureranno per migliaia di anni».

Secondo Hönisch, «Lo studio sarà utile per i modellisti climatici che cercano di prevedere cosa accadrà nei prossimi decenni, perché saranno in grado di inserire le nuove robuste osservazioni nei loro studi e di distinguere i processi che operano su scale temporali brevi e lunghe. tutti i dati del progetto sono disponibili in un open database e saranno aggiornati su base continuativa».

Il nuovo studio, che copre l’era Cenozoica, non rivede radicalmente la relazione generalmente accettata tra CO2 e temperatura, ma rafforza la comprensione di determinati periodi di tempo e affina le misurazioni di altri. Alla Columbia Climate School  ricordano che «Il periodo più lontano, da circa 66 milioni a 56 milioni di anni fa, è stato una sorta di enigma, perché la Terra era in gran parte priva di ghiacci, ma alcuni studi avevano suggerito che le concentrazioni di CO2 fossero relativamente basse. Questo pone qualche dubbio sulla relazione tra CO2 e temperatura. Tuttavia, una volta escluse le stime ritenute meno affidabili, il consorzio ha stabilito che la CO2 era in realtà piuttosto elevata: circa 600 – 700 parti per milione, paragonabile a ciò che potrebbe essere raggiunto entro la fine di questo secolo».

I ricercatori hanno confermato la convinzione radicata che il periodo più caldo risale a circa 50 milioni di anni fa, quando la CO2 raggiunse i 1.600 ppm e le temperature erano fino a 12 gradi C più alte di oggi. Ma  aggiunge che «Circa 34 milioni di anni fa, la CO2 era diminuita abbastanza da consentire lo sviluppo dell’attuale calotta glaciale antartica. Con alcuni alti e bassi, questo è stato seguito da un ulteriore calo di CO2 a lungo termine, durante il quale si sono evoluti gli antenati di molte piante e animali moderni. Questo suggerisce che le variazioni della CO2 influenzano non solo il clima, ma anche gli ecosistemi».

E il nuovo mega-studio afferma che «Circa 16 milioni di anni fa fu l’ultima volta che la CO2 fu costantemente più alta di adesso, a circa 480 ppm; e 14 milioni di anni fa era scesa al livello odierno indotto dall’uomo di 420 ppm. Il declino continuò e, circa 2,5 milioni di anni fa, la CO2 raggiunse circa 270 o 280 ppm, dando il via a una serie di ere glaciali. Era pari o inferiore a quel livello quando gli esseri umani moderni vennero alla luce circa 400.000 anni fa, e persistette lì fino a quando non iniziammo a modificare l’atmosfera su larga scala circa 250 anni fa».

Uno degli autori dello studio, Gabriel Bowen dell’università dello Utah, conclude: «Indipendentemente da quanti gradi cambi la temperatura, è chiaro che abbiamo già portato il pianeta in una serie di condizioni mai viste dalla nostra specie. Dovrebbe farci fermare e chiederci quale sia la strada giusta da seguire».

Il consorzio si è ora evoluto in un progetto più ampio che mira a tracciare il modo in cui la CO2 e il clima si sono evoluti durante l’intero eone Fanerozoico, dal 540 milioni di anni fa ad oggi.