Si è concluso il forum promosso da Greenaccord

Riabitare la montagna, in tempo di crisi climatica e demografica

«I servizi ecosistemici, ossia i benefici multipli che la natura è in grado di assicurare all’uomo, non sono ancora diventati un patrimonio conoscitivo dell’opinione pubblica»

[18 Luglio 2022]

«I paesaggi montani delle Alpi e degli Appennini, entro il 2050, potrebbero essere cancellati dalla scenografia territoriale italiana per l’accelerazione esponenziale degli eventi estremi indotti dai cambiamenti climatici. La perdita delle montagne, con la contestuale perdita dei ghiacciai e crescita dei volumi d’acqua con il pericolo di avere città sempre più inondate, va seriamente contrastata con misure incrementali di adattamento per evitare il definitivo spopolamento delle aree interne e dei borghi che ospitano boschi e foreste dall’inestimabile biodiversità».

Il ricercatore dell’Istituto di scienze polari del Cnr Jacopo Gabrieli, tra i protagonisti del Forum “Riabitare la montagna” promosso da Greenaccord nel Centro Papa Luciani di Santa Giustina, sottolinea l’urgenza di una radicale trasformazione dei nostri stili di vita per gli impatti dell’azione umana sugli equilibri degli ecosistemi, ma anche l’esigenza di una profonda rivisitazione dei modelli di comunicazione della crisi climatica per una opinione pubblica più informata e consapevole.

«Non si possono confondere ancora i concetti di meteo e clima – ha proseguito Gabrieli – né reiterare l’idea di un dibattito sulla crisi climatica equidistante tra negazionisti e scienziati, quando il 99% degli scienziati mondiali è unanime nei pronunciamenti e, ancor più, in un pianeta sempre più vulnerabile in cui la concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto valori mai sfiorati negli ultimi 800mila anni (quasi 420 parti per milioni) e, dunque, davvero non si può pensare di rimanere sani in un mondo malato, come più volte sottolinea Papa Francesco».

Un tema che risulta particolarmente cruciale in montagna, dato che la buona gestione di questi ecosistemi è sempre più rilevante per la transizione energetica e la conversione ecologica, come ha sottolineato anche il ricercatore di Eurac Research Luca Cetara, riprendendo e rilanciando le osservazioni del collega del Cnr Gabrieli.

«Nelle Alpi – ha evidenziato Cetara – vivono 14 milioni di abitanti, distribuiti su quasi 191mila chilometri quadrati che impattano sugli equilibri di questi delicati ecosistemi e, dunque, attraverso progetti di cooperazione internazionale e la rivisitazione del trattato trentennale della Convenzione delle Alpi, ci proponiamo di proteggerne l’identità e la natura, per una loro matura protezione e possibile valorizzazione. Anche in montagna, e non solo nelle città, va sollevata la questione dell’uso dei suoli, infatti, che non sempre sono considerati come driver essenziali per il contrasto ai cambiamenti climatici. Ne deriva, pertanto, il nostro impegno in originali percorsi di educazione alla montagna, come particolare forma di educazione ambientale, nella convinzione che le nuove generazioni possano diventare Sentinelle del Creato e custodi delle montagne come, sin dagli anni ’70 del secolo scorso, ci ha insegnato Papa Luciani».

«I servizi ecosistemici, ossia i benefici multipli che la natura è in grado di assicurare all’uomo – ha aggiunto nel merito il professore del Dipartimento “Territorio e Sistemi Agro-Forestali” dell’Università di Padova Davide Pettenella – non sono ancora diventati un patrimonio conoscitivo dell’opinione pubblica, ma sarebbe utile che questo avvenga presto per comprendere la loro utilità nell’implementazione delle politiche pubbliche necessarie a raggiungere gli obiettivi comunitari di decarbonizzazione della nostra economia al 2030 e al 2050. In particolare, conoscere le opportunità offerte da ecosistemi delicati, ma fondamentali, come i boschi, permetterebbe di valutare le potenzialità delle biomasse che, sostituendo i materiali di origine fossile, consentirebbero al nostro Paese di raggiungere gli obiettivi del Green New Deal».

Ma i boschi non sono certo soltanto legna. Non a caso l’importanza dei cammini per vivere le montagne è il titolo della quarta e ultima sessione del forum di Greenaccord. Ultima perché conclusiva, ma centrale per il ruolo che il cammino riveste nella comunicazione e nella percezione della montagna, esattamente come avrebbe detto anche oggi Papa Luciani.

«Negli ultimi anni, stanno purtroppo giungendo a maturazione una serie di processi che si identificano poi nell’inesorabile crollo demografico, drammatico, della nostra provincia. Questo, è evidente, apre a scenari inediti e mette in luce il momento di contrasto politico che non aiuta la ripartenza dei luoghi marginali: oggi siamo all’interno di un sistema continentale, abbiamo inglobato il conflitto locale tra la montagna e la pianura in uno più generale che vede contrapposte le zone rurali agli insediamenti metropolitani, con il rischio di perdere anche il dialogo territoriale», ha sottolineato Andrea Bona, assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici del comune di Feltre.

Che fare, dunque? Secondo Marco Zabotti, giornalista esperto di comunicazione e direttore scientifico dell’istituto diocesano Beato Toniolo di Pieve di Soligo (Tv), per fare rivivere un territorio «è necessario mettere in rete le attività possibili con i soggetti economici presenti e con l’animazione potenziale realizzabile, appoggiandosi anche alle associazioni e ai volontari che, ad esempio, aprono le chiese tutto l’anno, sostenendo il rilancio della cooperazione sull’offerta turistica». Concludendo poi, per i giornalisti: «Comunicare non è esibire ma ritrovare il senso della comunicazione di quello che siamo, raccontare qualcosa che oggi può fare notizia diversamente da ieri: costruire la solidarietà vera fra le persone è la forza d’urto».