Riscaldamento globale: gli alberi faticano a respirare
Nei climi più caldi e secchi gli alberi tossiscono invece di respirare. Reimmettono molta più CO2 nell’atmosfera
[1 Febbraio 2024]
Secondo lo studio “Isotopic clumping in wood as a proxy for photorespiration in trees”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences da un team di ricercatori statunitensi, «Gli alberi stanno faticando a sequestrare l’anidride carbonica (CO2) che intrappola il calore nei climi più caldi e secchi, il che significa che potrebbero non servire più come soluzione per compensare l’impronta di carbonio dell’umanità mentre il pianeta continua a riscaldarsi».
Il principale autore dello studio, Max Lloyd del epartment of Earth and Planetary Science dell’università della California – Berkeley e del Department of Geosciences della Pennsylvania State University, spiega: «Abbiamo scoperto che gli alberi nei climi più caldi e secchi praticamente tossiscono invece di respirare. Stanno reimmettendo CO2 nell’atmosfera molto più degli alberi in condizioni più fresche e umide».
Grazie alla fotosintesi, gli alberi rimuovono la CO2 dall’atmosfera, ma in condizioni di stress rilasciano CO2 nell’atmosfera attraverso la fotorespirazione. Analizzando un dataset globale del tessuto degli alberi, il team di ricerca statunitense ha dimostrato che «Il tasso di fotorespirazione è fino a due volte più alto nei climi più caldi, soprattutto quando l’acqua è limitata» e ha scoperto che «La soglia per questa risposta nei climi subtropicali inizia a essere superata quando le temperature medie diurne superano circa 68 gradi Fahrenheit (20° C) e peggiora quando le temperature aumentano ulteriormente».
Si tratta di risultati che mettono in dubbio la convinzione diffusa sul ruolo delle piante nel contribuire a assorbire, o utilizzare, il carbonio dall’atmosfera, fornendo nuove informazioni su come le piante potrebbero adattarsi ai cambiamenti climatici. I ricercatori hanno notato che «Man mano che il clima si riscalda, i nostri risultati dimostrano che le piante potrebbero essere meno capaci di estrarre CO2 dall’atmosfera e di assimilare il carbonio necessario per aiutare il pianeta a raffreddarsi».
Lloyd evidenzia che «Abbiamo sbilanciato questo ciclo essenziale. Le piante e il clima sono indissolubilmente legati. La più grande riduzione di CO2 dalla nostra atmosfera è dovuta alla fotosintesi degli organismi. E’ un grande fattore nella composizione dell’atmosfera, quindi questo significa che piccoli cambiamenti hanno un grande impatto. Secondo il Dipartimento dell’energia Usa, attualmente le piante assorbono circa il 25% della CO2 emessa ogni anno dalle attività umane , ma è probabile che questa percentuale diminuisca in futuro con il riscaldamento del clima, soprattutto se l’acqua scarseggia. Quando pensiamo al futuro del clima, prevediamo che la CO2 aumenterà, il che in teoria è positivo per le piante perché quelle sono le molecole che respirano. Ma abbiamo dimostrato che ci sarà un compromesso del quale alcuni modelli prevalenti non tengono conto. Il mondo diventerà più caldo, il che significa che le piante saranno meno in grado di assorbire quella CO2».
Alla Pennsylvania State University dicono che lo studio ha scoperto che «La variazione nell’abbondanza di alcuni isotopi di una parte del legno chiamata gruppi metossilici funge da tracciante della fotorespirazione negli alberi». E Lloyd aggiunge: «Si può pensare agli isotopi come varietà di atomi. Proprio come si può avere versioni del gelato alla vaniglia e al cioccolato, gli atomi, a causa delle variazioni nella loro massa, possono avere isotopi diversi con i loro “sapori” unici».
Per osservare i trend della fotorespirazione, il team di ricerca ha studiato i livelli del “sapore” metossilico dell’isotopo in campioni di legno provenienti da circa 30 esemplari di alberi di diversi climi e condizioni in tutto il mondo. I campioni provenivano da un archivio dell’università della California, Berkeley, che contiene centinaia di campioni di legno raccolti negli anni ’30 e ’40.
Lloyd ricorda che «Il database è stato originariamente utilizzato per addestrare i forestali a identificare gli alberi provenienti da diversi luoghi in tutto il mondo, quindi lo abbiamo riproposto per ricostruire essenzialmente queste foreste e vedere quanta CO2 stavano assorbendo. Fino ad ora, i tassi di fotorespirazione potevano essere misurati in tempo reale solo utilizzando piante vive o esemplari morti ben conservati che trattenevano carboidrati strutturali, il che significava che era quasi impossibile studiare la velocità con cui le piante assorbono carbonio su vasta scala o in passato. Ora che il team ha convalidato un modo per osservare il tasso di fotorespirazione utilizzando il legno il metodo potrebbe fornire ai ricercatori uno strumento per prevedere quanto gli alberi potrebbero “respirare” in futuro e come si sono comportati nei climi passati».
Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration Usa (NOAA), la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera sta rapidamente aumentando e Lloyd ricorda che «E’ già più grande che in qualsiasi momento degli ultimi 3,6 milioni di anni . Ma quel periodo è relativamente recente in termini geologici».
Ora, utilizzando legno fossilizzato, il team di ricercatori volre portare alla luce i tassi di fotorespirazione nel passato remoto, fino a decine di milioni di anni fa. I nuovi metodi consentiranno ai ricercatori di testare esplicitamente le ipotesi esistenti riguardanti l’influenza mutevole della fotorespirazione delle piante sul clima nel corso del tempo geologico.
Lloyd conclude: «Sono un geologo, lavoro nel passato. Quindi, se siamo interessati a queste grandi domande su come funzionava questo ciclo quando il clima era molto diverso da oggi, non possiamo usare piante viventi. Forse dovremo tornare indietro di milioni di anni per capire meglio come potrebbe essere il nostro futuro».