Scienza climatica e biologia per prevedere come il cambiamento climatico influenzerà le malattie infettive
Gli esempi di malaria, chikungunya e tifo
[19 Settembre 2017]
«Prevedere come il cambiamento climatico influenzerà l’incidenza delle malattie infettive avrebbe grandi benefici per la salute pubblica. Ma la relazione tra clima e malattie è straordinariamente complessa, rendendo difficile queste previsioni». A dirlo è lo studio “Identifying climate drivers of infectious disease dynamics: recent advances and challenges ahead”, pubblicato su Proceedings of the Royal Society B: Biological Science da un team di ricercatori statunitensi e britannici.
La principale autrice dello studio, Jessica Metcalf del Dipartimento di ecologia e biologia evolutiva della Princeton University, sottolinea che «Individuare semplicemente le correlazioni e le associazioni statistiche tra fattori climatici e malattie non sarà sufficiente. Invece, i ricercatori hanno bisogno di nuovi modelli statistici che incorporino sia fattori climatici e il rapporto clima-malattia, tenendo conto delle incertezze in entrambi».
Alla Princeton spiegano che «Alcune malattie infettive passano da persona a persona, sia attraverso l’aria (influenza), che attraverso acqua e cibo contaminati (colera), o attraverso artropodi come le zanzare (malaria). Altre risiedono negli animali ma in determinate condizioni possono essere trasmesse agli esseri umani». Ad esempio, le persone possono acquisire l’hantavirus (che provoca gravi malattie respiratorie) quando respirano le particelle di cui sono portatori roditori contaminati e le zecche trasmettono la malattia di Lyme dai cervi alle persone. «I fattori climatici potrebbero influenzare il livello di diffusione di una malattia infettiva qualsiasi fase», ha detto la Metcalf, che insegna alla Woodrow Wilson school of public and international affairs della Princeton.
Se si prende in considerazione una malattia come la malaria trasmessa da un vettore (o come la chikungunya che sta preoccupando l’Italia), il cambiamento climatico potrebbe non solo ampliare o contrarre l’areale delle zanzare anofeli che trasmettono la malattia; ma anche influenzare lo stile di vita delle zanzare e i loro modelli di accoppiamento/riproduzione. «Inoltre – fanno notare i ricercatori – , i cicli di vita delle zanzare possono interagire in modi complessi con attività umane come la migrazione. E le fluttuazioni pluriennali del clima come la El Niño Southern Oscillation, che influenzano la temperatura e la pioggia su gran parte della superficie del pianeta, potrebbero mascherare o amplificare gli effetti del cambiamento climatico». La Metcalf aggiunge che «In un modello per prevedere come il cambiamento climatico influenzerà l’incidenza della malaria potrebbe essere necessario tenere conto di tutti questi fattori e come interagiscono con il meccanismo causale: una zanzara che punge una persona infetta e poi trasporta il parassita della malaria a qualcun altro».
Un altro esempio è una malattia causata dall’acqua come la febbre tifoide: «Il cambiamento climatico può portare più piogge e inondazioni in alcune aree spiega ancora la Metcalf – Si pensa che le inondazioni aumentino il rischio di esposizione alla febbre tifoide attraverso la contaminazione dell’approvvigionamento idrico, quando le feci di una persona infetta si mescolano con l’acqua potabile. Così, il cambiamento climatico potrebbe aumentare l’incidenza della febbre tifoide. Ma sarebbe fuorviante usare semplici correlazioni tra gli allagamenti e la febbre tifoide per prevedere come il cambiamento climatico influenzerà l’incidenza della malattia, poiché alcune aree hanno un’infrastruttura sanitaria migliore o un approvvigionamento di acqua potabile protetto meglio rispetto ad altri».
Il team di ricercatori della Metcalf ha esaminato una serie di sofisticate tecniche statistiche che possono essere utilizzate per modellare il rapporto tra clima e malattia e hanno suggerito modi per combinare, testare e perfezionare tali metodi. «Un approccio particolarmente utile – dicono alla Princeton – è il test retrospettivo, vale a dire verificare le previsioni dei modelli inserendo i dati passati relativi al clima e alle malattie per vedere quanto sono conformi a ciò che sappiamo che è accaduto nella vita reale».
La Metcalf conclude: «Districare l’impatto del clima sulla malattia infettiva richiede un attento lavoro da detective, sfruttando l’ampio spettro di dati sulla variazione sia dell’incidenza delle malattie che delle variabili climatiche nello spazio e nel tempo. Gli epidemiologi possono ottenere indicazioni dalla climate modeling community, cercando di comprendere meglio e di incorporare le proprietà sottostanti che influenzano il comportamento osservato del sistema delle malattie climatiche e testando in maniera regolare un insieme di modelli, confrontandoli retrospettivamente e convalidando i modelli rispetto ai dati».