Siberia: caldo, mega-incendi, ghiaccio che si scioglie, orsi che si estinguono (VIDEO)
Il caldo estremo in Siberia dimostra la necessità di un’urgente azione climatica
[28 Luglio 2020]
Il caldo eccezionale e prolungato in Siberia ha alimentato devastanti incendi nell’Artico. Contemporaneamente, è stata segnalata una rapida riduzione della copertura del ghiaccio marino lungo la costa artica russa. Da gennaio a giugno, le temperature in Siberia sono state di oltre 5° C sopra la e in giugno fino a 10° C sopra la media . Il 20 giugno a Verkhoyansk è stata registrata una temperatura di 38° C e in alcune parti della Siberia dal 19 luglio hanno nuovamente superato i 30° C.
Secondo la World meteorological organzation (Wmo), «Il caldo prolungato è correlato a un vasto sistema di blocco della pressione e un’oscillazione persistente verso nord del jet stream, che consente all’aria calda di entrare nella regione». Ma fa notare che, secondo una rapid attribution analysis di un team di eminenti scienziati, «Tuttavia, tale caldo estremo sarebbe stato quasi impossibile senza l’influenza del cambiamento climatico causato dall’uomo».
Il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas, ricorda che «L’Artico si sta riscaldando più del doppio della media globale, incidendo sulle popolazioni e sugli ecosistemi locali e con ripercussioni globali. Quello che succede nell’Artico non rimane nell’Artico. A causa delle connessioni, i poli influenzano le condizioni meteorologiche e climatiche alle basse latitudini, dove vivono centinaia di milioni di persone».
In Russia, per il secondo anno consecutivo, i mega-incendi stanno infuriando all’interno del circolo polare artico e attualmente il fronte del fuoco degli incendi boschivi nell’Artico si è spostato più a nord, al di sopra della latitudine 71.6 N, a meno di 8 chilometri dall’Oceano Artico.
Le emissioni totali di carbonio dei giganteschi incedi stimate da gennaio sono le più alte da 18 anni, ciè da quando il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams), implementato dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF) monitora gli incendi e il conseguente inquinamento per valutare il loro impatto sull’atmosfera.
Mark Parrington, scienziato senior del Cams, evidenzia che «L’intera estate 2019 è stata insolita in termini di attività degli incendi alle alte latitudini settentrionali e finora il 2020 sembra evolversi in modo simile. Questo suggerisce che potremmo vedere un’intensa attività di fuoco continuare nell’Artico nelle settimane a venire, specialmente quando la stagione degli incendi boreali in genere raggiunge il picco tra luglio e agosto».
Il Cams riunisce nel suo Global Fire Assimilation System (GFAS) le osservazioni degli incendi provenienti degli strumenti MODIS, montati sui satelliti Terra e Aqua della NASA, per monitorare gli incendi e stimare l’inquinamento che emettono. Le stime delle emissioni vengono quindi combinate con il sistema di previsioni meteorologiche dell’ECMWF per prevedere come l’inquinamento si sposterà nel mondo e avrà un impatto sulla composizione dell’atmosfera globale. Il fumo degli incendi è costituito da una vasta gamma di inquinanti tra cui monossido di carbonio, ossidi di azoto, composti organici volatili e particelle solide di aerosol. A giugno, gli incendi nell’Artico hanno emesso l’equivalente di 56 megatonnellate di anidride carbonica rispetto alle 53 megatonnellate del giugno 2019. I livelli di monossido di carbonio nel nord-est della Siberia erano eccessivamente alti nella regione degli incendi.
Il servizio federale russo per il monitoraggio idrometeorologico e ambientale (Roshydromet ) ha detto che, secondo il monitoraggio satellitare, solo il 22 luglio in Siberia c’erano 188 probabili focolai di incendi.
Gli incendi sono stati particolarmente intensi nella Repubblica di Sakha – la ex Jakuzia, la Repubblica più grande della Federazione Russa – e nel circondario autonomo della Chukotka, nell’estremo nord-est della Siberia, che negli ultimi mesi hanno sperimentato entrambi condizioni molto più calde del solito. Il governo russo ha anche dichiarato che esiste un estremo rischio di incendio in tutto il circondario autonomo dei la Khanty-Mansiysk, nella Siberia occidentale.
E le conseguenze si vedono: secondo I dati dell’U.S. National Snow and Ice Data Center (Nsidc) e dell’US National Ice Centre (Nic), l’ondata di caldo siberiano della scorsa primavera ha accelerato la ritirata del ghiaccio lungo la costa artica russa, in particolare dalla fine di giugno, portando a un’estensione molto bassa del ghiaccio marino nei mari di Laptev e Barents e ormai la rotta del Mare del Nord sembra essere quasi libera dai ghiacci. Al contrario, il ghiaccio in altre aree marine artiche sembra essere vicine alla media del 1981-2010. I ricercatori di Nsidc e Nic dicono che «Questi contrasti servono come esempi importanti delle grandi variazioni che si verificano nell’estensione del ghiaccio marino su scala regionale, rispetto all’Oceano Artico nel suo complesso».
Lo scioglimento del ghiaccio e lo scongelamento del permafrost – che potrebbero liberare enormi quantità di un potente gas serra come il metano – stanno avendo un forte impatto sulle infrastrutture e sugli ecosistemi in tutta la regione artica.
Il recente studio “Fasting season length sets temporal limits for global polar bear persistence”, pubblicato su Nature Climate Change da un team di ricercatori canadesi e statunitensi, afferma che gli orsi polari – un’icona del cambiamento climatico – potrebbero essere quasi estinti alla fine del secolo a causa della riduzione del ghiaccio marino.
In genere, la maggior parte dello scioglimento del ghiaccio marino artico si verifica tra luglio e settembre, quando viene raggiunta l’estensione annuale minima. L’estensione del ghiaccio marino più bassa mai registrata è stata nel settembre 2012.
Con la crescente domanda di dati sull’estensione e sullo spessore del ghiaccio marino a risoluzione più elevata, è necessario migliorare l’accuratezza delle misurazioni del ghiaccio marino per renderli più adatti alla creazione di grafici del ghiaccio per la sicurezza marittima, nonché alla comprensione dei cambiamenti climatici su scala regionale. Tutti i dataset di dati monitorati dal programma Global Cryosphere Watch della Wmo concordano sul fatto che ci sia una tendenza al calo a lungo termine del ghiaccio marino artico e che questo influenzi gli schemi meteorologici in altre parti del mondo. Gli scienziati stanno cercando di capire se questo sta portando a un indebolimento del jet stream legato a eventi estremi e prolungati come quelli che hanno colpito la Siberia quest’anno.