Siccità in Italia, Anbi: è un bollettino di guerra

Le Regioni: servono interventi urgenti. Curcio: «Ricordiamoci che lo stato di emergenza serve a fare delle cose»

[23 Giugno 2022]

Secondo il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche dell’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, «Il “combinato disposto” tra la siccità peggiore in anni recenti e temperature superiori  al bollente 2003, toccando i 40 gradi a fine Giugno, stanno portando l’Italia verso una drammatica contingenza ambientale ed economica; è la linea del Garda, l’ultima speranza idrica per ristorare l’esangue fiume Po e contrastare la risalita del cuneo salino, che ormai sta pericolosamente marciando verso i 20 chilometri all’interno della pianura di Ferrara»,

E l’ANBI avverte che la carenza d’acqua sta ormai coinvolgendo anche non facili rapporti transfrontalieri internazionali quali la gestione delle acque del lago Maggiore con la Svizzera e del fiume Isonzo con la Slovenia.

Per il presidente ANBI Francesco Vincenzi, «E’ questa un’ulteriore prova della necessità che, di fronte, ad un’emergenza idrica della gravità attuale, serva una gestione nazionale, capace di rapportarsi a livelli superiori, dovendo al contempo gestire le inevitabili tensioni fra portatori d’interesse».

Dopo l’incontro con la Conferenza delle Regioni del 22 giugno sul tema emergenza siccità, il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, ha detto: «Stiamo ragionando sui parametri tecnici per andare incontro alle richieste» e alle Regioni che hanno sollecitato lo stato di emergenza risponde: «Ricordiamoci che lo stato di emergenza serve a fare delle cose. Si sta lavorando per definire quali sono le attività che seguono allo stato di emergenza che non è un’idea ma consiste in una serie di azioni che vanno fatte. Insieme alla dichiarazione vanno verificate le azioni, ci stiamo lavorando. Non c’è dubbio che c’è una criticità importante dovuta al fatto che non piove da settimane, I fiumi sono in grossa dismissione, il cuneo salino nel Po arriva addirittura a decine di chilometri. La situazione ha una sua complessità. Le tendenze non sono positive quindi per le prossime settimane: non ci attendiamo una inversione di tendenza dal punto di vista meteorologico. Ci attendono ancora periodi di siccità. Intanto, abbiamo fatto un punto sullo stato dell’arte dalla parte fisica: temperature, stato dei livelli dei fiumi; quindi, stiamo ragionando sui parametri tecnici».

I grandi bacini del Nord sono ai livelli minimi: i laghi di Como (13,5% di riempimento)  e d’Iseo sono ormai vicini al record negativo, già più volte superato invece  dal  lago Maggiore oggi riempito al 20%. L’anno scorso, già caratterizzato al Nord da una sempre più ricorrente siccità,i bacini settentrionali erano in questo periodo  ancora oltre il 90% del riempimento e la neve sui  monti era abbondante ben oltre la media.

Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia, ha detto che «La situazione esposta da Curcio è di una eccezionalità che si sta ripetendo da qualche anno ma mai grave come quest’anno. Come Regione Lombardia già da due mesi abbiamo in essere una serie di interventi che cercano di mantenere il delicato equilibrio tra le esigenze idropotabili e le esigenze di irrigazione. Bisogna guardare avanti con interventi strutturali che sono necessari e improcrastinabili. Si dovrà intervenire magari con i fondi del Pnnr».

Il fiume Po continua a registrare una magra epocale lungo tutto il corso: al rilevamento finale di Pontelagoscuro, la portata si è dimezzata in 2 settimane, scendendo a poco più di 170 metri cubi al secondo, quando la soglia critica per la risalita del cuneo salino  è fissata a mc/s 450.

In Piemonte, ad eccezione della Stura di Lanzo, decrescono tutti fiumi ed il Tanaro è al 30% della portata di 12 mesi fa. Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po-MiTE, spiega la situazione di grave siccità del bacino padano: «Non è ancora cominciata l’estate e siamo in assenza di risorse idriche, è la tempesta perfetta”, “perché negli ultimi 6-8 mesi la neve dell’inverno ha raggiunto un picco di meno 60-70%”, influendo negativamente sullo “stoccaggio dell’acqua necessaria al riempimento dei grandi laghi regolati. Secondo, non piove nel bacino padano da almeno 120 giorni. Terzo, le temperature sono più alte di 3-4 gradi rispetto alla media del periodo».

In Valle d’Aosta, la Dora Baltea si attesta sui valori minimi in anni recenti ed è ormai siccità estrema nelle zone centro-orientali della regione.

In Lombardia, le portate del fiume Adda, nel cui bacino idrografico le precipitazioni sono state finora di 270 millimetri contro una media di mm. 460, sono inferiori del 67% al consueto così come sono -54% sul Brembo, -63% sul Serio , -64% sull’Oglio; sciolta in anticipo tutta la neve in montagna, la riserva idrica regionale è il 60% della media.

Non va meglio a Nord-Est dove, in Veneto, il fiume Adige ha un’altezza idrometrica, inferiore di 2 metri e mezzo rispetto all’anno passato e di circa 20 centimetri rispetto all’ “annus horribilis” 2017; anche la Livenza è a -2 metri rispetto al livello 2021. In Friuli, i serbatoi nei bacini della  Livenza e del Tagliamento mantengono valori prossimi od inferiori ai minimi storici del periodo.

Il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha detto che «Con l’escalation di siccità che si sta registrando in questi giorni, ogni minuto è sempre più prezioso. Non si può più aspettare; la situazione deve essere affrontata con massima velocità anche dal Governo. Ho scritto al Presidente del Consiglio sollecitando l’immediata dichiarazione dello stato di emergenza come avevo già richiesto ormai due mesi fa. “Era il 21 aprile scorso, infatti, quando ho inviato una lettera al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e al Capodipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, nella quale richiedevo di valutare la dichiarazione dello ‘Stato di emergenza’ finalizzata ad ogni opportuna azione che possa definire le modalità di gestione sovraregionale della crisi idrica. Nel documento ho anche richiesto un congruo sostegno economico al fine di assicurare tutti quegli interventi necessari per assicurare la pubblica incolumità, il ripristino dei danni subiti dal patrimonio sia pubblico sia privato e le normali condizioni di vita della popolazione».

Dal Nord Italia la crisi idrica sta ampliandosi giorno dopo giorno al Centro Italia. La preoccupante situazione nel Lazio è ben descritta nell’articolo di Ilaria Falconi che pubblichiamo in un’altra pagina del giornale. E’ il risultato anche di temperature anomale (+2 gradi sulla media del mese) che fanno di maggio 2022, il più caldo dall’800 nell’Italia centrale, con siccità estrema nei territori di Alto Tevere, Basso Tevere e Costa Tirrenica; il versante orientale degli Appennini, già in grave sofferenza  idrica nel 2021, torna a mostrare sintomi di crisi.

In Toscana, il livello nel bacino di Massaciuccoli (il lago di Puccini) cala di 4 millimetri al giorno ed è a soli 2 centimetri dal minimo storico (-13,1), mentre al confine tra Umbria e Toscana, il lago di Chiusi ha una quota idrometrica inferiore a quella (m. 248,5 s.l.m.), per cui è prevista la sospensione dei prelievi. Continuano a ridursi le portate dei fiumi Arno (ad Empoli mc/s 7,38) e Serchio, mentre nell’Ombrone scorrono appena malapena 640 litri d’acqua al secondo. Desta infine grande preoccupazione, la scarsità d’acqua nella falda costiera livornese, oggi al di sotto dei minimi storici.

Il presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, ha evidenziato che «Soprattutto al nord, dove vediamo il Po in che stato si presenta, i problemi sono molto forti. Nella mia regione abbiamo una situazione leggermente migliore perché abbiamo fatto delle opere. E’ indubbio che la strada in tutta Italia consiste nella programmazione con norme che possano agevolare la costruzione di invasi e depositi di acque reflue perché il futuro si preannuncia con le condizioni di difficoltà che oggi abbiamo. Occorrerà uno stato di emergenza anche da parte dello Stato».

Nelle Marche, dove il deficit pluviometrico a Maggio ha raggiunto il 40%, i fiumi registrano cali, che li portano a valori simili, se non inferiori (Esino e Sentino, ad esempio) a quelli dell’anno scorso. Le dighe trattengono 47 milioni di metri cubi, volume sicuramente superiore al 2021, ma inferiore al triennio precedente.

In Umbria, la portata del fiume Tevere  è ben al di sotto della media storica, garantendo solo il deflusso minimo vitale così come il Chiascio e il Chiani, mentre è praticamente azzerata è la portata del Paglia.

Il deficit pluviometrico di Maggio in Abruzzo arriva a toccare il 100% in diverse stazioni di rilevamento; da inizio anno, i record negativi si registrano  nella Marsica, al confine con il Lazio: l’acqua caduta è stata tra i 280 ed i 350 millimetri in meno.

In Campania calano i livelli idrometrici dei fiumi Volturno e Sele, ma soprattutto Garigliano, così come sono in discesa i volumi trattenuti nei bacini del Cilento, permanendo così il rischio di siccità.

In Basilicata, questa settimana, dai bacini sono stati distribuiti 11 milioni di metri cubi d’acqua (12 mesi fa furono 8 milioni e mezzo).

Numeri simili di utilizzo idrico in agricoltura si registrano anche in Puglia, dove però gli invasi continuano a trattenere una quantità d’acqua pari a quanta ve ne era nella positiva annata 2021.

Infine, in Calabria, è in media con gli anni scorsi, la quantità di risorsa idrica, stoccata nell’invaso della diga di monte Marello, mentre il bacino Sant’Anna ad  Isola Capo Rizzuto registra la peggiore performance degli ultimi 7 anni.

Per il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, «Dobbiamo gestire la risorsa acqua in maniera intelligente: la Regione sta preparando un piano – che vi illustreremo quando saremo pronti – per realizzare invasi collinari che si aggiungeranno alla diga di Campolattaro, che è il più grande investimento che facciamo, con l’obiettivo di essere come Regione pienamente autonomi dal punto di vista della risorsa idrica sia per le forniture alimentari sia per gli usi agricoli industriali. Il tema delle forniture idriche rischia di diventare drammatico. Cercheremo anche di recuperare qualche progetto rimasto per strada».

Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, fa notare che «E’ comunque la presenza di bacini a garantire, nonostante gli scarsi afflussi da monte, l’acqua necessaria all’agricoltura di valle. Chiamarli invasi o laghetti poco importa: servono aree di raccolta delle acque piovane per utilizzarle nei momenti di bisogno; noi, insieme a Coldiretti, abbiamo un piano, che punta a realizzarne 10.000 entro il 2030, multifunzionali ed integrati nei territori perlopiù collinari o di pianura».