Siccità: in Italia il 2022 è l’anno più caldo di sempre e con il 45% di pioggia in meno
Coldiretti e ANBI presentano il piano laghetti: 223 progetti
[8 Luglio 2022]
Secondo lo studio presentato dal presidente della Coldiretti Ettore Prandini all’assemblea nazionale dell’ Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) con la presentazione congiunta del piano invasi contro la siccità, «Il 2022 si classifica nel primo semestre in Italia come l’anno più caldo di sempre con una temperatura addirittura superiore di 0,76 gradi rispetto alla media storica ma si registrano anche precipitazioni praticamente dimezzate lungo la Penisola con un calo del 45%.
L’anomalia climatica più evidente quest’anno si è avuta a giugno che ha fatto registrare una temperatura media superiore di ben +2,88 gradi rispetto alla media su valori vicini al massimo registrato nel 2003, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr che effettua rilevazioni in Italia dal 1800. Uno stravolgimento che pesa sulle coltivazioni, con una siccità che ha causato già danni per oltre tre miliardi nelle campagne, ma anche sull’ambiente, dagli incendi triplicati allo scioglimento dei ghiacciai, di cui la tragedia della Marmolada è il più drammatico esempio. Il caldo impatta anche sulle rese agricole con cali medi del 30% nel 2022 per il mais e per il grano, minacciando di condizionare la produzione anche in futuro».
Uno studio della Wheat Initiative, un gruppo di enti pubblici e privati impegnati nella ricerca sui cereali, evidenzia che proprio la resa del grano potrebbe addirittura diminuire a livello mondiale del 7% per ogni grado Celsius di riscaldamento globale.
Per Coldiretti, «La tendenza al surriscaldamento è dunque evidente in Italia dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi.
A cambiare significativamente in Italia è la distribuzione temporale e geografica delle precipitazioni tanto che la siccità che è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana con danni per le quantità e la qualità dei raccolti».
Coldiretti sottolinea che «L’Italia resta comunque un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11%. Di fronte alla tropicalizzazione del clima occorre organizzarsi per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi per renderla disponibile nei momenti di difficoltà. Per questo servono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini e utilizzando anche le ex cave per raccogliere l’acqua piovana».
Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha ricordato che «Gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti, ma non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio, la produzione di cibo e la competitività dell’intero settore alimentare. Sottolineo la strategicità in questo momento storico del progetto invasi elaborato da Anbi e Coldiretti. L’agricoltura è infatti l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli».
Sono 223 i progetti definitivi ed esecutivi, cioè immediatamente cantierabili, approntati da ANBI e Coldiretti nell’ambito del Piano Laghetti, che «Punta a realizzare 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali entro il 2030, in zone collinari e di pianura; i nuovi bacini incrementeranno di oltre il 60% l’attuale capacità complessiva dei 114 serbatoi esistenti e pari a poco più di 1 miliardo di metri cubi, contribuendo ad aumentare, in maniera significativa, la percentuale dell’11% di quantità di pioggia attualmente trattenuta al suolo. La realizzazione dei primi 223 laghetti comporterà nuova occupazione stimata in circa 16.300 unità lavorative ed un incremento di quasi 435.000 ettari nelle superfici irrigabili in tutta Italia, nel solco dell’incremento dall’autosufficienza alimentare, indicato come primario obbiettivo strategico per il Paese».
Il maggior numero di attuali progetti interessa l’Emilia Romagna (40), seguita da Toscana e Veneto come evidenziato dall’emergenza idrica in atto. Per quanto riguarda il CentroSud è la Calabria a vantare il maggior numero di progetti sul tappeto. L’investimento previsto per questa prima tranche del Piano Laghetti è quantificato in 3.252.946.916 euro.
L’ANBI sottolinea che «A corollario degli invasi, perseguendo l’altro e determinante obbiettivo strategico dell’autosufficienza energetica, dovranno essere realizzati 337 impianti fotovoltaici galleggianti (potranno occupare fino al 30% della superficie lacustre) e 76 impianti idroelettrici, capaci di produrre complessivamente oltre 1 miliardo 259 milioni di kilowattora all’anno».
Francesco Vincenzi, presidente dell’ANBI, fa notare che «Quella attuale è la sesta emergenza siccità nei recenti 20 anni e ha già provocato danni per circa 2 miliardi all’agricoltura Servono investimenti infrastrutturali ed il Piano Laghetti è una scelta di futuro».
Prandini aggiunge che «L’Italia è al terz’ultimo posto in Europa per investimenti nel settore idrico. Serve programmazione per uscire dalla logica dell’emergenza ed un piano di laghetti diffusi e con funzioni anche ambientali è la soluzione all’impossibilità di realizzare grandi invasi come è stato negli anni scorsi per il Sud Italia».
Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, conclude: «Se il Governo ha la reale volontà di realizzare almeno 20 grandi interventi infrastrutturali per il settore idrico entro il 2024, non potrà prescindere dalle progettazioni, in avanzato iter procedurale, redatte dai Consorzi di bonifica ed irrigazione. E’ un parco di soluzioni, che mettiamo a servizio del Paese. ANBI ribadisce, infine, la richiesta di una struttura commissariale, che abbia l’autorità per gestire la fase dell’emergenza idrica, ricercando, nel rispetto delle normative, la compatibilità fra i diversi interessi economici e territoriali, che gravano sulla risorsa idrica».