Un clima preistorico simile a quello attuale che ha avuto forti effetti sul rilascio di idrati di metano sottomarini
Nell’Eemiano temperature di 1 – 1,5° C in più hanno accelerato gli effetti dell'ultimo episodio di riscaldamento della Terra
[1 Settembre 2022]
Lo studio “Evidence for massive methane hydrate destabilization during the penultimate interglacial warming”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori guidato cda Syee Weldeab del Department of Earth Science dell’università della California Santa Barbara (UCSB) presenta «Le prove di una massiccia destabilizzazione degli idrati di metano durante un periodo chiamato Eemiano, quando il clima globale era, in media, più caldo di 1 – 1,5° C di oggi».
Weldeab e il suo team hanno ricostruito un riscaldamento eccezionalmente forte delle acque tropicali dell’Atlantico a profondità intermedie (500 – 1300 m) e hanno scoperto impronte isotopiche del rilascio di metano attraverso l’intera colonna d’acqua, cosa che gli autori dello studio attribuiscono ai «Processi di feedback climatico, che coinvolgono il riscaldamento climatico, la perturbazione della circolazione oceanica indotta dall’acqua di disgelo, un forte riscaldamento intermedio dell’acqua che ha superato la stabilità dell’idrato di metano che incide sui sedimenti contenenti idrato di metano».
All’UCSB ricordano che «Sullo sfondo di un pianeta in rapido riscaldamento, la necessità di comprendere meglio la natura e l’impatto a lungo termine dei cicli di feedback climatici positivi, processi che accelerano gli effetti del riscaldamento, diventa di fondamentale importanza. Un modo per valutare il ruolo e l’impatto dei processi di feedback climatico consiste nell’utilizzare studi di modellizzazione per guardare al probabile futuro sulla base di ciò che sappiamo ora. I modelli di proiezione climatica, ad esempio, sono gli strumenti alla base della soglia di riscaldamento globale di 1,5° C adottata dall’Intergovernmental Panel on Climate Change. In alternativa, si può guardare al passato per vedere cosa è successo in un momento in cui la Terra era fino a 1- 1,5°C più calda di oggi». Ed è proprio quel che ha fatto il nuovo studio, scoprendo processi di feedback che hanno implicazioni riguardanti il nostro continuo riscaldamento moderno.
Per poter paragonare il paleoclima con il riscaldamento globale in atto, Weldeab e i suoi colleghi sono tornati indietro a circa 128.000 a 125.000 anni fa, al picco dell’episodio caldo dell’Eemiano, quando gli oceani erano fino a 1- 1,5°C più caldi rispetto all’Olocene (la nostra attuale epoca geologica). Gli autori dello studio hanno esaminato i sedimenti marini dell’Atlantico tropicale e hanno riscontrato «Un riscaldamento eccezionalmente forte della colonna d’acqua intermedia durante un breve intervallo all’interno dell’episodio caldo di picco dell’Eemiano».
Weldeab sottolinea che «Sorprendentemente, una calotta glaciale della Groenlandia sostanzialmente ridotta è stata in grado di produrre abbastanza acqua di disgelo da perturbare la circolazione guidata dalla densità dell’Oceano Atlantico. Questo ha contribuito in modo significativo al grande riscaldamento delle acque intermedie che abbiamo ricostruito».
In genere, l’acqua calda e salata si sposta a nord dai tropici lungo la superficie dell’oceano e si raffredda quando raggiunge le medie e alte latitudini settentrionali. A questo punto, l’acqua ora più fredda e più densa scende nel mare profondo e torna indietro verso i tropici. Questa interazione di differenze di densità si traduce nelle correnti che conosciamo oggi. Ma Weldeab spiega che «Quello che succede quando immetti una grande quantità di acqua dolce nel Nord Atlantico è che fondamentalmente disturba la circolazione oceanica e riduce l’avvezione di acqua fredda nella profondità intermedia dell’Atlantico tropicale e, di conseguenza, riscalda le acque a questa profondità».
Mentre studi precedenti si erano occupati dell’interruzione che l’acqua di disgelo ha causato nelle correnti e nelle temperature a profondità intermedie, il nuovo studio rivela che «Questo riscaldamento è stato più grande di quanto si pensasse». Weldeab conferma: «Mostriamo un riscaldamento dell’acqua finora non documentato e notevolmente grande a profondità intermedie, dimostrando un aumento della temperatura di 6,7° C rispetto al valore medio di fondo».
All’UCSB dicono che «Questo riscaldamento eccezionalmente forte ha gravi conseguenze. L’acqua calda ha un impatto sui sedimenti marini che contengono abbondanti idrati di metano, una miscela di acqua ghiacciata e metano. Questi depositi non sono molto al di sotto della superficie del fondale marino».
Weldeab ha spiegato ancora che «Ad alta pressione e basse temperature, l’introduzione di acqua insolitamente calda riscalda i sedimenti del fondale marino e il ghiaccio che incapsula i gas inizia a dissolversi, rilasciando metano».
Per scoprire l’impronta digitale del rilascio di metano e dell’ossidazione del metano attraverso la colonna d’acqua, il team di Weldeab ha utilizzato gli isotopi di carbonio presenti nei gusci dei microrganismi ed evidenzia che «Questo è uno dei numerosi processi di amplificazione del feedback climatico in cui il riscaldamento del clima ha causato lo scioglimento accelerato della calotta glaciale. L’acqua di disgelo ha indebolito la circolazione oceanica e, di conseguenza, le acque a profondità intermedie si sono riscaldate in modo significativo, portando alla destabilizzazione degli idrati di metano nel sottosuolo superficiale e al rilascio di metano, un potente gas serra».
Non sappiamo con certezza se questo ciclo di feedback si svolgerà nell’attuale ciclo di riscaldamento globale, anche se l’attività antropogenica abbia creato un tasso di riscaldamento più elevato rispetto a quello verificatosi nel periodo Eemiano. Per i ricercatori, «Questi risultati documentano e collegano una sequenza di eventi climatici e processi di feedback climatico associati e innescati dal penultimo picco di riscaldamento climatico che può fungere da paleo-analogo per il riscaldamento moderno in corso».
Weldeab conclude: «La prospettiva paleo è un approccio utile per aiutarci a valutare ciò che potrebbe accadere. Non deve succedere esattamente come abbiamo scoperto; ogni situazione è diversa, ma ti dà una direzione in cui guardare».