Quando un progetto di mitigazione del cambiamento climatico minaccia la resilienza di un ecosistema locale
Il caso di Redd+ e delle brughiere incendiate delle montagne dell’Etiopia
[19 Aprile 2018]
«Aumentare la copertura forestale nel Sud del mondo per mitigare i cambiamenti climatici non ha sempre effetti positivi», può anche minacciare la biodiversità e la sopravvivenza di piante alpine uniche. come dimostra lo studio “Disturbance from Traditional fire management in subalpine heathlands increases Afro-alpine plant resilience to climate change”, pubblicato su Global Change Biology da un team di ricercatori dell’università di Stoccolma e del Dipartimento di botanica dell’università di Addis Abeba.
Quello preso in esame dallo studio è un progetto finanziato dal Redd+ (Reducing emissions from deforestation and forest degradation), un programma a guida Onu che punta ad aumentare lo stoccaggio di carbonio nelle foreste tropicali e che è contestato da diverse ONG. Comunque, Redd+ è incluso tra le tecnologie per le emissioni zero, che rappresentano un’ampia quota delle riduzioni delle emissioni di gas serra nei modelli climatici concordati a livello internazionale per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C.
Ma secondo i ricercatori svedesi ed etiopi, «Aumentare la copertura forestale negli Paesi in via di sviluppo può minacciare altri valori». Lo studio si è occupato delle brughiere dell’Etiopia meridionale, al di sopra del limite delle foreste, che vengono regolarmente bruciate per migliorare il pascolo del bestiame, una pratica antica che ora le autorità del sistema Redd+ cercano di fermare per aumentare lo stoccaggio del carbonio. Il nuovo studio dimostra che l’antica pratica pastorale di bruciare la brughiera montana etiope mantiene la biodiversità e gli habitat per le specie di piante alpine che non si trovano da nessun’altra parte del mondo.
La principale autrice dello studio, Maria Johansson, del Dipartimento di ecologia, ambiente e scienza delle piante dell’università di Stoccolma, spiega che «Di queste sono specie che vivono ad alta quota nelle montagne del sud dell’Etiopia, molte sono endemiche dell’area. Qui l’abbruciamento dei pascoli è stata praticata per almeno 2000 anni e ha creato un mosaico di eriche di diversa età. Queste piante arboree ospitano diverse e giovani comunità vegetali che ospitano diverse specie alpine. Se la combustione cessasse, le brughiere si trasformerebbero in foresta e le specie alpine scomparirebbero».
In Etiopia, come in quasi tutti i Paesi del mondo, incendiare la vegetazione è illegale, ma diversi governi hanno cominciato a rivedere in parte questa posizione quando si sono resi conto dell’importanza di questa pratica tradizionale e autorizzano l’abbruciamento controlloato. Lo studio conferma l’esperienza delle European heathlands e di altri progetti Redd+ nei tropici, ma fa notare che «alcuni servizi ecosistemici come la produzione di legname e lo stoccaggio del carbonio spesso compromettono altri servizi, come la biodiversità e il sostentamento locale. L’aumento della copertura forestale non favorisce sempre gli ecosistemi e le società locali».
La Johanson conclude: «Raccomandiamo che la gestione tradizionale sia mantenuta, ma regolamentata. Al fine di proteggere le specie e anche per proteggere i mezzi di sostentamento locali. Inoltre, la combustione regolamentata protegge dagli incendi pericolosi, dal momento che piante giovani non sono incendiabili per diversi anni, il che riduce le dimensioni degli incendi. E’ in qualche modo ironico che un progetto Redd+ creato per mitigare i cambiamenti climatici a livello globale, potrebbe ridurre sostanzialmente la resilienza del clima a livello locale».