Come funziona (e perché funziona così bene) la trama del Trono di spade
Uno studio di matematici, fisici e psicologhi dimostra che A Song of Ice and Fire rispecchia le reti sociali nella vita reale
[6 Novembre 2020]
Quali sono i segreti che stanno dietro una delle serie fantasy di maggior successo di tutti i tempi? In che modo una storia così complessa come la saga A Song of Ice and Fire – diventata la serie televisiva Game of Thrones conosciuta in Italia come Il trono di spade – di George RR Martin che ha affascinato il mondo e quale rapporto e differenza ha con altre grandi narrazioni di successo?
A queste domande ha provato a rispondere lo studio “Narrative structure of A Song of Ice and Fire creates a fictional world with realistic measures of social complexity” pubblicato recentemente su Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA (PNAS) da un team di ricercatori di 5 università del Regno Unito e dell’Irlanda: Coventry, Warwick, Limerick, Cambridge e Oxford.
Per svelare i segreti di A Song of Ice and Fire – Game of Thrones Il team interdisciplinare di fisici, matematici e psicologi ha utilizzato la scienza dei dati e la teoria delle reti, dimostrando che «Il modo in cui sono organizzate le interazioni tra i personaggi è simile a come gli esseri umani intrattengono le relazioni e interagiscono nel mondo reale».
Inoltre, sebbene dei personaggi importanti vengano notoriamente uccisi a caso mentre la storia viene raccontata, la cronologia che fa da sfondo non è affatto così imprevedibile. Lo studio ha infatti scoperto che «Nonostante in A Song of Ice and Fire vengano nominati oltre 2.000 personaggi e ci siano oltre 41.000 interazioni tra loro, a livello di capitolo questi numeri corrispondono mediamente a ciò che possiamo gestire nella vita reale».
Anche i personaggi predominanti – quelli che raccontano la storia – hanno in media solo 150 altri personaggi di cui tenere traccia, che è lo stesso numero con il quale si è evoluto il cervello di un essere umano medio.
A barrare la storia sino ben 24 personaggi, con Tyrion Lannister (47 capitoli nei cinque libri) e Jon Snow (42 capitoli) in cima alla lista e Melisandre e Ser Arys Oakheart ultimi con solo un capitolo a testa.
Mentre ci si poteva aspettare che l’introduzione di motivi matematici portasse a una sceneggiatura piuttosto ristretta, George RR Martin mantiene il racconto ribollente facendo apparire morti casuali mentre si dipana la sua la storia, ma, come mostra il team di ricercatori «Quando viene ricostruita la sequenza cronologica, le morti non sono affatto casuali: piuttosto, riflettono il modo in cui gli eventi comuni sono distribuiti nelle attività umane non violente nel mondo reale».
Uno degli autori dello studio, l’irlandese Pádraig MacCarron del Mathematics Applications Consortium for Science and Industry e del Centre for Social Issues Research dell’università di Limerick sottolinea che «Questi libri sono noti per colpi di scena inaspettati, spesso in termini di morte di un personaggio principale, è interessante vedere come l’autore organizza i capitoli in un ordine che lo fa apparire ancora più casuale di quanto sarebbe se raccontato cronologicamente. Le reti sociali dei personaggi più connessi, sebbene apparentemente estese, rispecchiano la tipica gamma di reti sociali che mantengono gli esseri umani. Inoltre, le reti sociali dei personaggi non si estendono oltre il limite cognitivo delle connessioni sociali che gli esseri umani sono in grado di sostenere. Sebbene gli intervalli di tempo tra le morti significative in relazione alla sequenza temporale della storia possano sembrare casuali, non vengono raccontate in ordine cronologico. Riordinandole nell’ordine in cui si verificano, seguono uno schema osservato più comunemente nella realtà. Game of Thrones ci ha invitato a fare ogni sorta di confronto tra storia e mito e a un matrimonio tra scienza e discipline umanistiche in questo studio che apre nuove strade agli studi letterari comparativi. Dimostra, ad esempio, che è più simile alle saghe islandesi che a storie mitologiche come il Táin Bó Cúailnge o Beowulf. In Game of Thrones, a quanto pare, il trucco è mescolare realismo e imprevedibilità in modo cognitivamente coinvolgente».
Anche per uno dei co-autori dello studio, Ralph Kenna del Centre for Fluid and Complex Systems della Coventry University, che collabora anche con l’Institute for Condensed Matter Physics dellaAcademia delle scienze dell’Ucraina, «Questo tipo di studio apre nuove entusiasmanti possibilità per esaminare la struttura e il progetto di storie epiche in tutti i tipi di contesti. L’’impatto del lavoro correlato include proteste per l’appropriazione indebita della mitologia in Irlanda e difetti nei processi che hanno portato ad essa».
Un altro autore dello studio, il matematico Colm Connaughton dell’università di Warwick e del London Mathematical Laboratory, spiega che «Le persone danno in gran parte un senso al mondo attraverso le narrazioni, ma non abbiamo una comprensione scientifica di ciò che rende le narrazioni complesse relazionabili e comprensibili. Le idee alla base di questo studio sono passi verso la risposta a questa domanda»
Questa non è la prima volta che i ricercatori tentano di dare un senso scientifico all’universo di “Game of Thrones”: nel 2018 lo studio “Death is certain, the time is not”: mortality and survival in Game of Thrones”, pubblicato su Injury Epidemiology dagli australiani Reidar Lystad e Benjamin Brown della Maquarie University aveva tentato di capire chi nella serie televisiva aveva più probabilità di vivere o morire in base al sesso e allo stato sociale. E nel 2017, Ben Panko dello Smithsonian aveva descritto come un ingegnere di software ha tentato di utilizzare una rete neurale per scrivere un nuovo libro di A Song of Ice and Fire ma ne sono venute fuori frasi come «I boschi sono vestiti di un giallo sanguinante e di vetro», quindi, bisognerà aspettare che Martin finisca gli ultimi due volumi della serie.
Robin Dunbar, del Department of Experimental Psychology dell’università di Oxford, ha concluso: «Questo studio offre prove convincenti che i buoni scrittori lavorano con molta attenzione entro i limiti psicologici del lettore».