Come gli scienziati alimentano inconsapevolmente la macchina del dubbio

Dal clima, al tabacco e al Covid, l'ingenuità scientifica viene utilizzata per promuove il negazionismo e tutelare interessi consolidati

[3 Novembre 2021]

Gli scienziati che stanno partecipando alla 26esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change a Glasgow (COP26 Unfccc)  sanno bene che il dubbio può essere utilizzato per frenare l’azione climatica, una consapevolezza che molti scienziati che si occupano di Covid19 – come i virologhi che sono ormai un elemento di arredo delle trasmissioni televisive italiane – hanno impiegato troppo tempo a capire.  Cecília Tomori è un’antropologa e studiosa di sanità pubblica alla Johns Hopkins School of Nursing e alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, nel Maryland sottolinea che spesso gli scienziati «Evidenziano metodi problematici, una progettazione scadente dello studio e affermazioni ingiustificate, ma i loro sforzi sarebbero molto più efficaci se prima considerassero una strategia più ampia: come viene utilizzata la “scienza” per distrarre dalla realtà e ostacolare una politica efficace».

Gran parte del lavoro della Tomori si concentra su come l’industria sfrutta le credenziali scientifiche per sostenere false affermazioni che per esempio, mettono in dubbio l’allattamento al seno per aumentare le vendite di latte artificiale e, in definitiva, danneggiare la salute.

Nell’articolo “Scientists: don’t feed the doubt machine”, pubblicato su Nature,  la Tomori sottolinea che queste strategie e modelli ricorrono in tutti i settori: «Sono stati documentati nel tabacco, nei combustibili fossili, nei prodotti farmaceutici, nel cibo e in altro ancora. Questa influenza è così potente che i ricercatori della sanità pubblica la considerano un’area di studio distinta: “determinanti commerciali della salute”».

La ricercatrice  è rattristata per il modo in cui la scienza è stata stravolta durante la pandemia e dice che «Le argomentazioni sull’immunità di gregge ne sono un esempio: i sostenitori affermavano che acquisire l’immunità tramite infezione andava bene per la maggior parte delle persone e anche che le comunità erano sulla buona strada per raggiungere l’immunità di gregge. I messaggi minimizzavano i pericoli per coloro che erano ad alto rischio di esposizione o con malattie gravi. Le discussioni tecniche sui tassi di infezione hanno silenziosamente cementato l’assunto che le persone disabili o immunocompromesse non meritassero un’azione protettiva collettiva; né i lavoratori i cui lavori richiedevano pericolosi contatti pubblici. Sebbene molti scientific champions abbiano fornito un contesto appropriato, ho visto diversi rispettati colleghi entrare nei dibattiti su quando, o se, la società avrebbe raggiunto l’immunità di gregge senza rendersi conto che semplicemente la discussione non era un dibattito scientifico. La loro attenzione troppo ristretta ha involontariamente contribuito a promuovere polemiche e dubbi, e questo alla fine ha impedito un’efficace risposta della salute pubblica. Lo stesso è accaduto per l’uso delle mascherine, le vaccinazioni e le politiche scolastiche. Questo  ha contribuito a spostare l’opinione pubblica su quali misure di sanità pubblica fossero  “accettabili”: meno sono, meglio è».

L’agnotologia, lo studio della diffusione deliberata della confusione, di mostra come l’ignoranza e il dubbio possano essere fabbricati intenzionalmente. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, a settembre, Katharine Hayhoe, chief scientist di  Nature Conservancy, su Twitter  ha citato l’ambientalista Bill McKibben: «Abbiamo passato molto tempo a pensare di essere coinvolti in una discussione su dati e motivi…. Ma ora ci rendiamo conto che è una lotta per soldi e potere»,. E la Hayhoe ha aggiunto: «Le “obiezioni” sono state sempre, interamente, professionalmente e molto abilmente formulate in termini scientifici. Loro [l’industria] hanno concentrato i loro laser sulla scienza e come i gatti abbiamo seguito il loro puntatore e la loro guida». Per la Tomori, «Alcuni elementi di dubbio fabbricati in questa pandemia potrebbero sembrare più confusi, specialmente quando gli interessi acquisiti non sono sempre chiari. Tuttavia, valgono le stesse lezioni. Come possono i ricercatori evitare di essere distratti come i gatti? Acquisendo una migliore comprensione di come vengono impiegate le strategie per produrre dubbio e ignoranza».

La scienziata evidenzia tre punti: «Primo, i ricercatori devono imparare a identificare gli autori della ricerca e le loro relazioni con l’industria e con i gruppi senza scopo di lucro che hanno agende specializzate. E’ ampiamente documentato come l’industria del tabacco abbia pagato scienziati e medici per fungere da advisers e consulenti per minare il corpus di prove che indicano i danni del tabacco. Gli esempi più recenti abbondano. Ad esempio, l’ONG International Life Sciences Institute, con sede a Washington DC e finanziato da companies leader nell’industria alimentare e chimica, promuove il dubbio sulla scienza che collega gli alimenti ultraprocessati con i problemi di salute e fornisce esperti per promuovere la responsabilità personale piuttosto che i regolamenti sul cibo spazzatura nelle politiche di contrasto all’obesità. Secondo, gli scienziati dovrebbero considerare che tipo di argomentazione servono i dati e le conclusioni. In che modo possono influenzare l’opinione pubblica? Quali decisioni politiche potrebbero influenzare? Una revisione dei determinanti aziendali della salute mette in evidenza come la proprietà dei media può modellare la copertura e inquadrare se la salute è vista come una questione di “responsabilità personale”, che si adatta agli interessi aziendali, o una responsabilità comunitaria e governativa. Questo ha un ruolo chiave nel decidere se le decisioni individuali sono espresse come una questione di “libertà” contro “solidarietà”, e le regole come restrizione o protezione. Gli scienziati possono sottolineare questi inquadramenti quando parlano con i giornalisti o sui social media. Terzo, gli scienziati possono evidenziare in modo coerente le informazioni corrette ed evitare di fungere da amplificatori involontari di informazioni errate; possono incoraggiare i giornalisti a fare lo stesso. Evitare i collegamenti ad articoli di notizie o commenti che mettono in evidenza studi scadenti o usano altrimenti la scienza in modo irresponsabile. Provocare indignazione e polemiche aiuta a diffondere argomenti fuorvianti, il che serve a creare dubbi. E, come documentato nei movimenti anti-vaccini e nel negazionismo climatico, la controversia intorno a un articolo può generare un’attenzione che legittima argomenti problematici».

La Tomori conclude: «Gli scienziati che fanno saltare in aria la macchina del dubbio lo fanno puntando costantemente al contesto più ampio, riconoscendo un autentico dibattito scientifico, prestando attenzione alle connessioni politiche e commerciali dei ricercatori e tenendosi informati su come funziona il negazionismo. Se più scienziati facessero lo stesso, queste strategie distorte verrebbero ostacolate».