Contro la disinformazione il fact-checking funziona

Uno studio in 4 Paesi dimostra che si può combattere contro fake news e convinzioni errate, ma quest'arma è meno incisiva nei Paesi occidentali

[9 Settembre 2021]

Secondo un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, «IL fact-checking funziona per ridurre le false credenze in tutto il mondo». Infatti, grazie allo studio condotto in 4 Paesi, i ricercatori hanno scoperto che il fact-checking ha funzionato con poche varianti in Argentina, Nigeria, Sudafrica e Regno Unito e che gli effetti positivi erano ancora rilevabili due settimane dopo che erano state smentite le fake news.

Uno degli autori dello studio, Thomas Wood dell’Ohio State University (Osu), dice che «La cosa ancora più incoraggiante è che  non c’erano prove di un effetto di “ritorno di fiamma” dopo il  fact-checking».

Wood ricorda che «Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla disinformazione circa cinque anni fa, era opinione comune che correggere la disinformazione non fosse solo inefficace, ma aggravasse il problema e rendesse le persone più radicate nelle loro false convinzioni.  Non abbiamo trovato prove di tutto ciò in questi quattro Paesi. Quello che abbiamo scoperto è che il fact-checking può essere uno strumento molto efficace contro la disinformazione».

Wood ha condotto lo studio con Ethan Porter della George Washington University e i due ricercatori statinitensi hanno lavorato con organizzazioni di fact-checking che operano nei quattro ppaesi e che fanno parte dell’International Fact-Checking Network, un’organizzazione che promuove il fact-checking apartitico e trasparente. Hanno valutato cinque fact-check che erano unici per ogni Paese e due – riguardanti il Covid-19 e il cambiamento climatico – che sono stati testati in tutti e quattro i Paesi. I fact check in ciascun Paese, effettuati a settembre e ottobre 2020, hanno riguardato molti soggetti oggetto di  disinformazione, comprese a politica locale, la criminalità e l’economia.

Ad alcuni dei 2.000 partecipanti di ciascun Paese è stata fornita solo disinformazione, mentre altri hanno ricevuto la disinformazione seguita da correzioni in base ai fatti reali utilizzate dalle organizzazioni locali di controllo dei fatti in risposta alla disinformazione. Wood e Porter  hanno quindi valutato, su una scala da 1 a 5, quanto i partecipanti al test credevano alle false dichiarazioni. In ogni Paese, i partecipanti a un gruppo di controllo non hanno ricevuto né disinformazione né correzioni ma hanno semplicemente valutato quanto credevano alle affermazioni.

All?OSu fanno notare che «Rispetto alla disinformazione, ogni verifica dei fatti ha prodotto convinzioni più accurate, mentre la disinformazione non ha sempre portato a convinzioni meno accurate rispetto ai controlli. I risultati hanno mostrato che i fact-check hanno aumentato l’accuratezza dei fatti di 0,59 punti sulla scala a 5 punti. La disinformazione ha ridotto l’accuratezza dei fatti di meno di 0,07 sulla stessa scala». Per Wood questo significa che «Nel complesso, la disinformazione è molto meno persuasiva delle informazioni correttive».

Due settimane dopo il primo test, i ricercatori sono tornati in Sudafrica, Argentina e Regno Unito e hanno chiesto ai partecipanti quanto credessero alle false dichiarazioni che avevano valutato in precedenza. I risultati hanno dimostrato che «Gli effetti positivi del fact-checking erano ancora robusti due settimane dopo».

Per quanto riguarda i due argomenti testati in tutti e quattro i Paesi, per il cambiamento i ricercatori hanno cercato di capire quanto le persone credessero alla falsa dichiarazione, comunemente condivisa all’epoca, che tra il 2016 e il 2018 ci fossero stati due anni di raffreddamento globale da record. L’altra falsa dichiarazione testata è stata quella ampiamente diffusa all’inizio del Pandemia di Covid-19 che gargarismi di acqua salata preverrebbero l’infezione da coronavirus. I risultati hanno dimostrato che «L’esposizione alla disinformazione sul cambiamento climatico non ha portato in modo uniforme le persone a essere meno accurate su tale questione». Ma la disinformazione sul Covid-19  ha ridotto la consapevolezza del rischio in tre dei quattro Paesi e ha avuto i maggiori effetti di disinformazione riscontrati nello studio. Tuttavia, i fact-check hanno aiutato a migliorare la precisione anche su questo problema.

Per tutti i partecipanti sono anche state testate le loro convinzioni politiche, per vedere se se queste influenzino la loro predisposizione a credere alle fake news o a fidarsi dei controlli sui fatti. I risultati hanno dimostrato che «Le reazioni dei partecipanti ai fact-check erano collegate alle loro convinzioni, ma in nessun caso un gruppo ideologico è diventato più impreciso perché è stato esposto a una correzione».

Wood conferma: «Alcune correzioni non hanno migliorato la precisione per alcuni gruppi ideologici, ma non hanno provocato alcun ritorno di fiamma. Nel complesso, le convinzioni degli aderenti di sinistra, di centro e di destra sono state rese più accurate dai fact check, anche quando gli argomenti erano politicamente forti».

Gli studi che suggeriscono che il controllo dei fatti può ritorcersi contro sono stati condotti principalmente negli Stati Uniti e in Paesi simili, quelli che i ricercatori chiamano campioni WEIRD, per occidentali, istruiti, industrializzati, ricchi e democratici. Le persone che vivono nei Paesi con queste popolazioni WEIRD. Nei quali l’ideologia politica svolge un ruolo importante nelle convinzioni, possono comportarsi in modo un po’ diverso da quelle di altre parti del mondo. Wood fa notare che «In effetti, in questo nuovo studio, gli effetti correttivi del fact-checking sono stati minori nel Regno Unito, che è il paese più WEIRD dei quattro. Le persone nei Paesi meno ideologici sembrano più aderenti ai fatti. Tuttavia, questo studio ha dimostrato che il fact-checking è stato prezioso in quattro paesi diversi per linee razziali, economiche e politiche. Il fact-checking è uno strumento potente».

I risultati di questo studio saranno particolarmente importanti quando i vaccini per il Covid-19 diventeranno più accessibili in luoghi come l’Africa. Wood conclude: «Sebbene possano seguire anche pericolose disinformazione sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini, questo studio suggerisce che un rigoroso programma di verifica dei fatti sui social media e altrove potrebbe essere efficace nel combattere le falsità. Queste popolazioni potrebbero essere ancora più ricettive alle correzioni della disinformazione rispetto a quelle provenienti da Paesi più ricchi e industrializzati nei quali l’ideologia è più importante».