Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Lettera aperta al nuovo ministro delle Infrastrutture e dei trasporti
[8 Aprile 2015]
Un anno fa, all’atto dell’insediamento del I governo Renzi, ci permettemmo di scrivere al presidente del Consiglio per ricordargli, se ce ne fosse stato bisogno, quanto urgenti fossero le opere di sistemazione del territorio dopo una lunga serie di frane e alluvioni, a cominciare dal Polesine nel 1951, poi ripetutesi fino ad eventi tragici come l’alluvione del 1966 e alla serie di altri eventi che ogni anno hanno provocato dolori e perdita di beni privati e pubblici, in tutte le parti d’Italia.
E’ passato un anno in cui ci sono stati ben pochi interventi dei ministri dell’Ambiente e dei “Lavori pubblici”, ché tale è quello di cui lei oggi è responsabile, nonostante il diverso nome. Un anno in cui frane e alluvioni hanno colpito, anzi in forma ancora più violenta, non solo le zone collinare e montuose, ma perfino le grandi città, con strade allagate, fogne inesistenti o fragili, e ancora con dolori e costi.
Abbiamo letto che lei si propone di ridimensionare i “cantieri” che, nel nome di una modernizzazione del Paese, spesso si traducono in interventi dannosi per il territorio, per la stabilità dei versanti, per l’alterazione del corso naturale delle acque. Crediamo di non avere bisogno di ricordare a lei che per prevenire nuove future catastrofi sono necessari non “grandi” opere, ma l’intervento di lavoratori che, con passione e pazienza, innanzitutto restituiscano alle acque dei fossi, torrenti, fiumi, il loro cammino naturale verso il mare, senza ostacoli che provochino allagamenti e accelerino la franosità delle terre.
Opere che richiedono il coinvolgimento delle comunità locali e assicurano lavoro, un “esercito del lavoro”, quale fu suggerito, dopo la Liberazione, per la ricostruzione del Paese da Ernesto Rossi oltre mezzo secolo fa. Anche oggi usciamo da una guerra che l’avidità privata e l’insipienza, spesso l’ignoranza, di governanti hanno condotto per mezzo secolo contro le risorse naturali dell’Italia e contro i suoi abitanti. La salvezza può venire dal recupero dalla volontà di ricostruire il nostro Paese con lo spirito di un nuovo movimento di Liberazione. Gran parte di tale responsabilità e opportunità è oggi nelle sue mani.
di Giorgio Nebbia e Giovanna Ricoveri, www.ecologiapolitica.org