Con la dieta flexitariana è più facile centrare l’obiettivo climatico degli 1,5° C
Quanto conta il cibo nella transizione verso un mondo più sostenibile
[29 Marzo 2024]
Lo studio “Food matters: Dietary shifts increase the feasibility of 1.5°C pathways in line with the Paris Agreement”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori del Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (PIK), confedrma autorevolmente che «IL passaggio globale verso una dieta più sana e sostenibile potrebbe essere un’enorme leva per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C. La conseguente riduzione delle emissioni di gas serra aumenterebbe il carbon budget disponibile compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5° C e consentirebbe di ottenere lo stesso risultato climatico con una minore rimozione di anidride carbonica e riduzioni meno rigorose delle emissioni di CO2 nel sistema energetico. Questo ridurrebbe anche i prezzi delle emissioni, i prezzi dell’energia e la spesa alimentare».
Il co-autore principale dello studio, Florian Humpenöder, sottolinea che «Abbiamo scoperto che una dieta più sostenibile e flessibile aumenta la fattibilità degli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi in diversi modi. La riduzione delle emissioni di gas serra legate ai cambiamenti nella dieta, in particolare del metano proveniente dai ruminanti allevati per la loro carne e il loro latte, ci consentirebbe di estendere il nostro attuale budget globale di CO2 di 500 gigatonnellate di altre 125 gigatonnellate e di rimanere comunque con una probabilità del 50% entro i limiti degli 1,5° C».
Dare un prezzo alle emissioni di gas serra nel sistema energetico e territoriale è un importante strumento politico per rimanere entro i limiti del riscaldamento di 1,5° C e l’altro co-autore principale dello studio, Alexander Popp, leader dell’ Arbeitsgruppe Landnutzungs-Management al PIK, evidenzia che «I nostri risultati dimostrano che, rispetto al continuare con gli attuali trend alimentari, una dieta più sostenibile non solo riduce gli impatti della produzione alimentare all’interno del sistema terrestre, come la deforestazione e le perdite di azoto, riduce anche le emissioni di gas serra provenienti dal sistema territoriale a tal punto da ridurre del 43% entro il 2050 i prezzi dei gas serra compatibili con la temperatura di 1,5° C in tutta l’economia. Inoltre, un’alimentazione sana ridurrebbe del 39% entro il 2050 la
Fino ad ora, la letteratura esistente non aveva consentito di individuare il solo contributo dei cambiamenti nella dieta per centrare il limite di 1,5°C. Nel nuovo studio, gli scienziati PIK hanno analizzato come i cambiamenti nella dieta potrebbero contribuire alla fattibilità di percorsi di trasformazione a 1,5° C rispetto a uno scenario senza cambiamenti nella dieta. Per farlo hanno utilizzato l’ open-source Integrated Assessment Modelling framework REMIND-MAgPIE per simulare i percorsi per restare entro gli 1,5° C, uno dei quali include i cambiamenti dietetici verso la EAT-Lancet Planetary Health Diet by 2050 in tutte le regioni del mondo. Una delle autrici dello studio, Isabelle Weindl. spiega che «La dieta planetaria per la salute EAT-Lancet è una dieta flessibile – flexitariana – che, tra le altre cose, prevede prevalentemente un’ampia varietà di alimenti a base vegetale, una marcata riduzione dei prodotti animali, soprattutto nelle regioni a reddito medio e alto, e un apporto limitato di zuccheri aggiunti».
Ma al PIK avvertono che devono ancora essere affrontate sfide considerevoli: «Il processo decisionale in materia di politica alimentare è spesso disperso tra diverse istituzioni e ministeri, il che ostacola l’attuazione di politiche coerenti a sostegno di diete sane. Inoltre, l’inclusione sociale e i sistemi di compensazione sono fondamentali per una giusta transizione verso un’alimentazione sana».
Johan Rockström, direttore del PIK e coautore dello studio, conclude: «I risultati indicano che un cambiamento nella nostra dieta potrebbe fare una differenza considerevole se non vogliamo superare il limite di 1,5° C nei prossimi 10-15 anni. Questo richiede sforzi concertati a livello globale per sostenere la transizione verso diete sane e sostenibili».