In Italia lo spreco alimentare è calato del 25%, Morassut: «Tendenza positiva ma servono norme più stringenti»

Cambiamenti climatici, insicurezza alimentare e carenza d'acqua hanno un fattore comune: lo spreco alimentare

[5 Febbraio 2020]

Secondo l’indagine sullo spreco alimentare dell’Osservatorio Waste Watcher/SWG «per la prima volta i dati monitorati nelle case degli italiani registrano un calo di circa il 25%». Una buona notizia per la settima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che quest’anno si concentra su cibo e salute.

Commentando questi dati, la sottosegretaria al ministero della salute Sandra Zampa ha evidenziato che c’è «Una consapevolezza che cresce finalmente anche nel nostro Paese, perché il 66% degli italiani ritiene ci sia una connessione precisa fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo, secondo i dati Waste Watcher 2020 E al momento di acquistare il cibo l’attenzione agli aspetti specifici del suo impatto sulla salute sono determinanti per 1 italiano su 3, il 36%. Il ministero della Salute sostiene e promuove con decisione le iniziative della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco alimentare, consapevole che lo stato di salute delle popolazioni del pianeta, sia ricche che povere, è fortemente influenzato dal livello e dalla qualità della nutrizione. Una dieta corretta è un validissimo strumento di prevenzione per molte malattie, e di gestione e trattamento in molte altre: l’Oms ci ricorda che sono quasi 3 milioni le vite che si potrebbero salvare ogni anno nel mondo grazie a un consumo sufficiente di frutta e verdura fresca».

Anche per il sottosegretario all’ambiente Roberto Morassut «Gli italiani sprecano meno cibo. Il rapporto 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher ci dice che rispetto alla precedente indagine la tendenza si è invertita del 25%. Buon segno. La sostenibilità inizia ad essere un criterio di comportamento anche nell’alimentazione. Merito delle campagne di informazione di questi anni e delle iniziative legislative di contrasto al fenomeno. La direzione è giusta ma la strada è ancora lunga: secondo il rapporto, infatti, lo spreco settimanale medio per famiglia è di 4,9 euro per famiglia, che ci porta a un dato nazionale di circa 6,5 miliardi di euro. Un consumo che ha anche un forte impatto ambientale e che chiede ancora maggiore attenzione all’educazione ed una normativa più stringente sul trattamento dei cibi non consumati. Il recepimento della direttiva 851/2018 sui rifiuti della Commissione europea che approveremo a marzo va in questa direzione. Nel 2016 in Parlamento abbiamo approvato la legge Gadda e il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti adottato dal Ministero dell’ambiente contiene una sezione specifica per le misure per la riduzione dei rifiuti alimentari. Infine, serve un forte impulso alla innovazione degli impianti di refrigerazione eliminando l’uso degli HFC, i gas fluorati e ozono nocivi.  Allora la catena della conservazione potrà essere di grande aiuto. Nella legge di Bilancio abbiamo introdotto forti incentivi fiscali per le imprese che intendono investire nel campo dell’industria 4.0, ovvero nell’innovazione finalizzata allo sviluppo sostenibile».

Secondo la Fondazione Barilla «Cambiamenti climatici, insicurezza alimentare e carenza d’acqua disponibile hanno un fattore comune, lo spreco alimentare». Dal Food Sustainability Index (FSI), uno strumento quali-quantitativo, sviluppato dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) in collaborazione con The Economist Intelligence Unit emerge che «In Italia in media, sprechiamo ogni anno 65kg di cibo pro capite, una quantità che ci pone, in Europa, al 13esimo posto per quantità di cibo edibile che si perde a monte della filiera agro-alimentare e per sprechi durante le fasi di trasformazione, distribuzione e consumo». Lo spreco alimentare si traduce anche in spreco di risorse naturali. La frutta e verdura che gettiamo ogni anno, per essere prodotta, ha richiesto oltre 73 milioni di metri cubi di acqua. «Un’enormità – fanno notare alla Fondazione Barilla – se si pensa che con la stessa quantità potremmo riempiere – giornalmente – 80 piscine olimpioniche o soddisfare il fabbisogno di acqua potabile di tutta la Lombardia per 18 giorni, del Lazio per 23 giorni, della Campania per 27 e, addirittura, della Puglia per 153. Più in generale, a livello globale, il cibo gettato ha un costo  pari a 2,6 trilioni di dollari l’anno; contribuisce ai cambiamenti climatici (generando l’8% delle emissioni annuali di gas serra, al sovrasfruttamento dei terreni (il 28% dei terreni disponibili al mondo è usato per produrre cibo che poi non viene consumato) e all’insicurezza alimentare nelle aree del mondo già a rischio di disuguaglianza sociale».

Per limitare lo spreco alimentare e delle risorse del pianeta c’è bisogno di un cambiamento radicale dei nostri sistemi alimentari, partendo da azioni concrete. La Fondazione Barilla fa alcuni esempi:

A febbraio parte il progetto Su-Eatable Life, iniziativa triennale finanziata dalla Commissione EU e pensata per risparmiare circa 5.300 tonnellate di CO2 equivalente e circa 2 milioni di metri cubi d’acqua, relative al consumo di cibo in Europa. All’interno di mense aziendali e universitarie (in Italia e nel Regno Unito), col supporto di un sistema informativo facile e di pronto utilizzo, verranno introdotti dei menù sostenibili. Fondazione Barilla è capofila del progetto, operando insieme a GreenApesWageninen University e la Sustainable Restaurant Association per dare il via alla fase sperimentale. I risultati raccolti serviranno da materiale di studio per analizzare l’impatto delle diete sostenibili sull’ambiente.

La città di Milano ha dichiarato guerra allo spreco alimentare puntando, entro il 2030 a ridurlo del 50%. Questo perché le abitudini sbagliate di acquisto e consumo di cibo contribuiscono, in città, per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. Secondo lo studio “Cibo e Città – Il ruolo delle città nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” si tratta di eccedenze che, se eliminate, permetterebbero a ciascuna famiglia di risparmiare circa 450 € l’anno. Già nel 2018, il Comune ha agevolato i privati, riducendo del 20% la tassazione per chi dona il cibo a enti benefici e permettendo di recuperare, in appena sei mesi, 840 tonnellate di cibo.

Tra le iniziative private viene segnalata l’app Last Minute Sotto Casa che mette in contatto gli utenti con i negozianti che, a poche ore della chiusura dei loro esercizi, vendono i prodotti ancora freschi, ma invenduti, con sconti fino al 50%. Un’iniziativa che, solo a Torino, ha ridotto gli sprechi mensili fino a 3 tonnellate.

Altro esempio è quello della piattaforma REGUSTO che, oltre a rivolgersi al mondo della ristorazione, è utile alle amministrazioni comunali che intendono implementare e ottimizzare il recupero e la ridistribuzione delle eccedenze alimentari verso le fasce più deboli della popolazione, mettendo in contatto i “donatori” (supermercati, mense, industrie, ristoranti, ecc.), con gli operatori degli enti no-profit attrezzati per il recupero.

E da oggi a disposizione dei consumatori c’è anche un altro strumento: una campagna di sensibilizzazione dei social network di Enea e Federdistribuzione che spiegano: «L’obiettivo è di portare sotto i riflettori questa problematica e di mettere in moto un circuito virtuoso coinvolgendo un’ampia platea di soggetti, dagli operatori della filiera agroalimentare, alle imprese ed associazioni fino ai singoli consumatori, che con i loro comportamenti possono rappresentare l’ago della bilancia e il motore di iniziative concrete.

Rispondendo alle domande, in forma di quiz, sarà possibile capire quanto siano corrette ed efficaci le nostre abitudini in cucina e nella conservazione degli alimenti per contrastare lo spreco alimentare e valutare così il nostro “livello”, espresso in peso “piuma”, “medio” o “massimo”».

A livello globale, un terzo del cibo prodotto non viene mangiato, ma viene gettato via o si perde lungo la filiera, si tratta di una quantità che basterebbe a sfamare 4 volte le oltre 820 milioni di persone malnutrite o che non hanno accesso al cibo nel mondo. Dato destinato a peggiorare, visto che entro il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe arrivare a 10 miliardi di persone.

Anna Ruggerini, Direttore Operativo della Fondazione Barilla, conclude: «Dobbiamo ripensare il nostro approccio al cibo e per farlo serve partire da un percorso culturale, che coinvolga i singoli, le famiglie e gli studenti. La mostra dal titolo “Noi, il cibo, il nostro Pianeta: alimentiamo un futuro sostenibile” nasce per questo, mettere in luce il ruolo fondamentale che la cultura del cibo riveste nella rapida evoluzione della nostra società e raccontare come le nostre scelte alimentari possano contribuire a far bene a noi, ma anche al Pianeta».