Plastica (e fibre di tessuti) a pranzo? Rifiuti in un quarto dei pesci venduti nei mercati
La differenza tra Indonesia e California la fa la gestione dei rifiuti
[6 Ottobre 2015]
Lo studio “Anthropogenic debris in seafood: Plastic debris and fibers from textiles in fish and bivalves sold for human consumption”, pubblicato su Nature Scientific Reports da un team di ricercatori dell’università della California –Davis (UC Davis) e della Hasanuddin University indonesiana, part dalla constatazione che «L’ubiquità dei detriti di origine antropica in centinaia di specie di fauna selvatica e la tossicità delle sostanze chimiche ad essi associate ha iniziato a sollevare preoccupazioni per quanto riguarda la presenza di detriti di origine antropica nei frutti di mare».
I ricercatori hanno quindi esaminato la presenza di detriti di origine antropica nei pesci e nei frutti di mare in vendita nei mercati di Makassar, in Indonesia, e dalla California e spiegano che «Ove possibile, tutti i pesci e i frutti di mare sono stati identificati per specie. I detriti antropici sono stati estratti dai tratti digestivi di pesci e crostacei interi, utilizzando una soluzione di KOH al 10% e quantificati con un microscopio da dissezione». In Indonesia, sono stati trovati detriti di origine antropica nel 28% dei singoli pesci e nel 55% di tutte le specie. Risultato analogo negli Usa, dove i detriti antropici sono stati trovato nel 25% di individui e addirittura nel 67% di tutte le specie. Rifiuti di origine umana sono stati trovati anche nel 33% dei singoli molluschi campionati. Lo studio sottolinea che «Tutti i detriti di origine antropica recuperato nei pesci in Indonesia erano di plastica, mentre i detriti di origine antropica recuperati dal pesce negli Stati Uniti erano soprattutto fibre di tessuti».
Una delle autrici dello studio, Chelsea Rochman, che lavora all’Aquatic Health Program della UC Davis School of Veterinary Medicine, sottolinea che «E’ interessante il fatto che non c’è una grande differenza nella quantità di detriti nel pesce proveniente da ogni sito, ma c’è nel tipo: in plastica o in fibra. Pensiamo che il tipo di detriti nel pesce sia dovuto alle differenze nella gestione locale dei rifiuti». Quindi, come non ci stanchiamo mai di ripetere su greenreport.it, anche questo studio conferma che il problema non è la plastica in sé, ma il suo manato riutilizzo, recupero e infine smaltimento. E’ evidente che un Paese in via di sviluppo come l’Indonesia ha più marcate difficoltà di gestione dei rifiuti, mente la ricca e “ecologica” California gestisce in modo più ordinato il fine vita della plastica – pur con ampio uso delle ben poco virtuose discariche -, anche se sembra avere maggiori problemi nell’evitare la dispersione nell’ambiente di altri tipi di rifiuti.
I ricercatori hanno analizzato 76pesci di 11 specie in Indonesia e 64 pesci di 12 specie pescati all’Half Moon Bay e a Princeton in California, scoprendo che nei pesci indonesiani non c’era un solo frammento di fibre di tssuti, che invece costituivano l’80% di quello trovato nei pesci californiani.
L’Indonesia è praticamente ai primordi per quanto riguarda le discariche e la raccolta o il riciclo dei rifiuti e grandi quantità di plastica vengono gettate in mare e sulle spiagge. Il problema è aggravato dalla mancanza di acqua potabile depurata che costringe molti indonesiani a bere acqua in bottiglie di plastica».
Susan Williams, dell’UC Davis Bodega Marine Laboratory, che ha lavorato per molti anni a progetti in Indonesia, spiega che «L’Indonesia ha una delle vite e della biodiversità marine più ricche sulla Terra e le sue regioni costiere – mangrovie, barriere coralline e le sue spiagge – sono proprio inondate dai detriti. In Indonesia avete proprio di fronte a voi la situazione peggiore e migliore».
Invece egli Usa dispongono di sistemi molto avanzati per la raccolta e il riciclaggio delle materie plastiche. Però la maggior parte dei californiani lava i vestiti con le lavatrici e l’acqua di oltre 200 impianti di trattamento delle acque reflue della California finisce in mare aperto. Gli autori ipotizzano che le fibre rimaste nelle acque reflue vengano ingerite dai pesci.
La Rochman dice che «Per mitigare il problema in ogni luogo, aiuta pensare alle fonti locali e alle differenze nelle strategie di gestione dei rifiuti».
Gli scienziati statunitensi e indonesiani sottolineano che sia la plastica che le fibre sono state trovate nelle viscere dei pesci, questo significa che gli esseri umani ingerire i rifiuti solo se mangiano il pesce intero, come fanno in Indonesia con le sardine e le acciughe, ma i ricercatori stanno ancora studiando se le sostanze chimiche della plastica siano in grado di trasferirsi nella carne.