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Tra l'Iva e la fiscalità, c'è di mezzo la sostenibilità

Aumentando il prelievo fiscale sui materiali vergini è possibile far crescere il lavoro e il Pil, diminuendo gli impatti ambientali dei nostri consumi
 |  Green economy

Fiscalità ed ambiente, una strana coppia, che però ha molto a che fare con la sostenibilità. Anche sociale. Perché in questi giorni nei quali si è fatto un gran discutere sulla proposta del premier Conte sul taglio dell’Iva – indubbiamente alta in Italia ma che casomai andrebbe rimodulata in senso ecologico, ad esempio abbassandola sui prodotti provenienti dal riciclo – qualcuno si è giustamente posto il tema del legame di ferro che c’è tra gli incentivi al consumo (diretti e indiretti), l’impiego di materiali per concretizzarli, la conseguente produzione rifiuti e le ricadute occupazionali lungo l’intera filiera.

Un filotto che sta tutto insieme e il cui risultato può far avvicinare un Paese a un traguardo reale di sostenibilità, oppure irrimediabilmente allontanarlo. Cosa che sta accadendo ad esempio proprio all’Italia, i cui obiettivi sull’economia stanno segnando il passo. Il sasso in piccionaia, con tanto di argomentazioni ‘numeri alla mano’, lo ha lanciato ancora una volta l’ex ministro all’ambiente Edo Ronchi. Che a sua volta ha rilanciato uno studio dell’Ocse dove si analizzano 15 studi che valutano 47 scenari di misure per la transizione all’economia circolare (Labour market consequences of a transition to a circular economy, Paper n°162, 13 maggio 2020).

Ciò che emerge più di tutto da questa analisi è chetutti gli scenari che prevedono un maggiore incremento dell’occupazione prevedono anche l’adozione di misure  di fiscalità ecologica che aumentino il prelievo fiscale sul consumo di materiali vergini e lo riducano sul lavoro. Il modello che prevede i migliori risultati – con un aumento del 7,2% dell’occupazione – è quello del Dynamixreserch group che prevede un graduale aumento del prelievo fiscale sui materiali – al 30% nel 2030 e fino al 200% al 2050 – e l’utilizzo delle risorse finanziarie così raccolte per ridurre significativamente il prelievo fiscale sul lavoro”.

Non solo “questo modello è quello che genererebbe anche una maggiore crescita del PIL in Europa – un più 5,2% – disaccoppiando la crescita economica dal consumo di materiali che, infatti, calerebbe di ben il 19% al 2050”. Il disaccoppiamento, va ricordato, è uno dei pochissimi reali indicatori che certifichino un eventuale cambio di rotto del modello economico mondiale. Come noto ad oggi se il Pil cresce, ma spesso anche se decresce, i consumi aumentano e portano con se consumo di materia e conseguenti rifiuti al termine di tutti i processi produttivi e i fine vita dei prodotti. Riuscire nel far crescere cosa può crescere e rendere la vita migliore per sempre più persone, disaccoppiandolo dalla crescita dei consumi, è l’unico orizzonte possibile di una strategia economia davvero ecologica non solo a parole.

Ronchi poi sottolinea anche unaltro aspetto dello studio dell’OCSE, ovvero “che non fa che evidenziare un meccanismo noto nelle economie di mercato: quello dell’utilizzo della leva fiscale per indirizzare il mercato attraverso il segnale dei prezzi. Se l’utilizzo di risorse naturali diventa più caro con l’aumento del prelievo fiscale, si tenderà a consumarne di meno, se, contemporaneamente, riducendo il prelievo fiscale, renderemo il lavoro meno caro, si tenderà a utilizzarne di più, a parità di altre condizioni”.

Quindi anche dall’utilizzo “sostenibile” della leva fiscale si possono ottenere, se si ha coscienza dei flussi, impatti ambientali ridotti, crescita dove serve, posti di lavoro.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.