Crimini di guerra in Yemen, no all’archiviazione delle indagini sull’export di armi dall’Italia

Le organizzazioni della società civile per i diritti umani contestano la decisione di archiviazione delle indagini penali sull’export di armi italiane

[17 Marzo 2022]

Tre organizzazioni per i diritti umani hanno impugnato la decisione della Procura di Roma di archiviazione delle indagini sulla responsabilità penale di alti funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (UAMA) nonché dei dirigenti dell’azienda RWM Italia per le esportazioni di armi potenzialmente collegate a un attacco aereo mortale sul villaggio Deir Al-Ḩajārī in Yemen dell’8 ottobre 2016. La richiesta di indagine è stata inizialmente presentata nell’aprile 2018 da Mwatana for Human Rights (Yemen), dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani ECCHR (Berlino).

Nonostante nel febbraio 2021 il Giudice per le Indagini Preliminari di Roma abbia ordinato la prosecuzione dell’indagine penale, il Pubblico ministero ha deciso di non procedere ulteriormente. Il ricorso presentato dai denuncianti sostiene che ci sono prove sufficienti nel caso per passare direttamente al processo.

«Chiedere l’archiviazione del caso dopo quasi quattro anni di indagini è un duro colpo per tutti i sopravvissuti agli attacchi aerei in questione, che non avevano un obiettivo militare identificabile e che hanno ucciso e ferito dei civili. L’assassinio della famiglia Husni e le ferite subite da uno dei sopravvissuti, Fatima Ahmed, non sono solo “danni collaterali” ma il risultato di un attacco deliberato contro i civili. Il rischio potenziale che le armi esportate da RWM Italia potessero essere usate in attacchi illegali in Yemen era già ampiamente noto nel 2015. Se i dirigenti di RWM Italia e i funzionari dell’UAMA sono complici dei gravi crimini commessi dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi e dai loro partner, devono essere ritenuti responsabili», hanno evidenziato le tre organizzazioni della società civile in una dichiarazione congiunta.

Dall’inizio del conflitto armato in Yemen nel settembre 2014 e dalla sua escalation nel marzo 2015, gli organismi delle Nazioni Unite, le ONG internazionali e le organizzazioni yemenite hanno documentato ripetute violazioni del diritto umanitario internazionale commesse dalle parti in guerra. Molti di questi Rapporti hanno concluso che gli attacchi aerei condotti dalla coalizione guidata da Saudi/UAE possono equivalere a crimini di guerra. Questa decisione incomprensibile del Procuratore italiano dimostra la sua mancanza di volontà di indagare sufficientemente su questo caso. Infatti il Pubblico Ministero si è astenuto dall’indagare il ruolo e la responsabilità dei dirigenti aziendali di RWM Italia e ha limitato la portata delle sue indagini al reato di abuso di potere da parte delle autorità italiane di esportazione. Un approccio che trascura completamente la dimensione della responsabilità aziendale nel caso, così come la gravità del crimine a cui queste esportazioni di armi possono aver contribuito.
«Questa decisione restringe ulteriormente la via della giustizia per le vittime dell’attacco aereo. Ancora fino ad oggi i loro parenti non sono stati in grado di ricostruire di nuovo le loro case e le loro vite. Meritano un’indagine completa sul ruolo dell’Italia nei devastanti attacchi della coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti», ha dichiarato Radhya Almutawakel, presidente di Mwatana for Human Rights.

La richiesta di archiviazione del Procuratore ignora deliberatamente le prove chiave raccolte nel corso delle indagini. È stato confermato che l’anello di sospensione prodotto dall’azienda faceva parte di una spedizione trasportata in Arabia Saudita tra il 9 aprile e il 15 novembre 2015, in un momento in cui la comunità internazionale era pienamente consapevole della situazione di conflitto in Yemen e aveva già condannato potenziali crimini di guerra presumibilmente commessi dalla coalizione guidata dai sauditi. Le giustificazioni addotte da UAMA per autorizzare le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti elencavano tra le altre cose la generazione di posti di lavoro, così come la condizione finanziaria di RWM Italia. Come il Giudice per le Indagini Preliminari di Roma ha stabilito l’anno scorso l‘obbligo dello Stato di salvaguardare i livelli di occupazione non può giustificare una deliberata violazione delle norme che vietano le esportazioni di armi verso paesi potenzialmente responsabili di gravi crimini di guerra.

di Coordinamento Campagne Rete Italiana Pace e Disarmo