Ma la repressione da sola non basta, senza semplificazione normativa

Dal Consiglio Ue via libera definitivo alla nuova direttiva contro i reati ambientali

Carcere fino a dieci anni e multe per le imprese per il 5% del fatturato mondiale, nei casi più gravi

[27 Marzo 2024]

Al contrario di quanto accaduto con la legge per il ripristino della natura, finita in un limbo dal quale sembra sempre più difficile giungere al via libera definitivo – anche a causa della contrarietà italiana –, ieri il Consiglio dell’Ue ha adottato formalmente la nuova direttiva sui reati ambientali.

Già approvata dall’Europarlamento, la nuova direttiva si concentra sulla tutela penale dell’ambiente, e mira a migliorare le indagini e l’azione penale riguardanti i reati ambientali, sostituendo così la vigente normativa sul tema in vigore dal 2008.

Dalla sua entrata in vigore, gli Stati membri disporranno di due anni per adeguare le norme nazionali alla direttiva.

Le condotte illegali che costituiranno reato passerà da nove a venti. I nuovi reati comprendono il traffico di legname, il riciclaggio illegale di componenti inquinanti di navi e le violazioni gravi della legislazione in materia di sostanze chimiche.

Inoltre, la nuova direttiva introduce una clausola relativa ai “reati qualificati” che si applica quando un reato di cui alla direttiva è commesso intenzionalmente e provoca la distruzione dell’ambiente o un danno irreversibile o duraturo allo stesso.

In generale la direttiva trova applicazione solo ai reati commessi all’interno dell’Ue, tuttavia gli Stati membri possono decidere di estendere la loro giurisdizione a reati commessi al di fuori del proprio territorio.

I reati ambientali dolosi che provocano la morte di una persona saranno punibili con una pena detentiva massima pari ad almeno dieci anni (gli Stati membri possono decidere di prevedere sanzioni ancora più severe nella loro legislazione nazionale).

Altri reati comporteranno la reclusione fino a cinque anni, mentre la pena detentiva massima per i reati qualificati sarà di almeno otto anni.

Per le imprese, invece, le multe per i reati ambientali ammonteranno ad almeno il 5% del fatturato mondiale totale per i cassi più gravi o, in alternativa, a 40 milioni di euro. Per tutti gli altri reati, la sanzione pecuniaria massima sarà pari ad almeno il 3% del fatturato o, in alternativa, a 24 milioni di euro.

Gli Stati membri dovranno infine provvedere affinché le persone fisiche e le imprese possano essere sanzionate con misure supplementari, quali l’obbligo per l’autore del reato di ripristinare l’ambiente o di risarcire i danni, l’esclusione dello stesso dall’accesso ai finanziamenti pubblici o il ritiro di permessi o autorizzazioni.

La nuova direttiva sarà dunque uno strumento molto utile per contrastare la criminalità ambientale, che è la quarta attività criminale al mondo e una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata insieme al traffico di droga e armi e alla tratta di esseri umani.

La sola repressione però non basta, come mostra il caso italiano, dove il livello degli ecoreati è stabile da una dozzina d’anni nonostante gli inasprimenti delle pene; oltre a inasprire le pene, occorre soprattutto semplificare la normativa ambientale, riducendo i margini d’interpretabilità, così da individuare più facilmente le condotte illecite e al contempo dando gambe alle imprese che s’impegnano con serietà nel concretizzare la green economy.