Shell fa causa a Greenpeace, chiesti 8,6 mln di dollari o lo stop alle proteste ambientaliste
«La Shell deve fermare la sua insensata e avida ricerca di combustibili fossili e assumersi la responsabilità della distruzione che sta causando nel mondo»
[9 Novembre 2023]
Una delle più grandi multinazionali attive nel comparto dei combustibili fossili, la Shell, ha avviato un’azione legale intimidatoria contro Greenpeace UK e Greenpeace International.
La richiesta è di «interrompere per sempre ogni protesta contro le infrastrutture di Shell in mare o in porto, in qualsiasi parte del mondo, pena un’ingiunzione e una richiesta di risarcimento danni di 8,6 milioni di dollari». Si tratta di una delle più grandi minacce legali contro Greenpeace negli oltre 50 anni di storia dell’organizzazione ambientalista.
L’azione legale è la risposta di Shell a una protesta pacifica di Greenpeace International, avvenuta all’inizio di quest’anno, durante la quale sei attiviste e attivisti avevano occupato per tredici giorni (dal 31 gennaio al 12 febbraio) la piattaforma petrolifera Penguins di Shell.
Al momento della protesta, Shell e il costruttore di piattaforme Fluor avevano annunciato che avrebbero chiesto un risarcimento di oltre 120 mila dollari. Nelle successive comunicazioni, hanno invece dichiarato che i danni ammonterebbero a oltre 8 milioni di dollari, ma hanno offerto di accordarsi per un importo ridotto di 1,4 milioni di dollari e un impegno legale secondo il quale tutti gli uffici di Greenpeace dovrebbero garantire di non protestare più sulle infrastrutture di Shell, in mare o in porto, in qualsiasi parte del mondo. Se il caso dovesse finire in tribunale, le spese legali potrebbero ammontare ad altri milioni di dollari.
Tra gli attivisti citati nella richiesta di risarcimento figura anche Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Sud-Est asiatico e già negoziatore per le Filippine nei colloqui globali sul clima.
«Ho vissuto la devastazione causata da Shell e dalle altre aziende fossili. Dieci anni fa – ricorda Saño – ho parlato ai colloqui sul clima della Cop19 mentre mio fratello era ancora disperso in seguito agli impatti del super tifone Haiyan. Incredibilmente, lui è sopravvissuto, ma ha aiutato a trasportare i corpi di 78 persone innocenti che tragicamente non ce l’hanno fatta. La Shell sta cercando di mettere a tacere le mie legittime richieste: deve fermare la sua insensata e avida ricerca di combustibili fossili e assumersi la responsabilità della distruzione che sta causando nel mondo. Se la Shell si rifiuta di smettere di trivellare, io mi rifiuto di smettere di lottare per la giustizia climatica».
Di fronte all’azione legale, Greenpeace UK e Greenpeace International hanno risposto che sarebbero disposte a smettere di protestare se Shell accettasse di smettere di distruggere il clima, rispettando l’ordinanza del tribunale dei Paesi Bassi che impone all’azienda di ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030, rispetto al 2019, in tutte le attività.
Le trattative tra le parti si sono concluse e dal 1° novembre le spese legali sono aumentate, mentre Greenpeace attende i dettagli della richiesta di risarcimento di Shell. Greenpeace UK ha chiesto ai suoi sostenitori donazioni d’emergenza per aiutarla a sostenere le spese del caso giudiziario.