Acque reflue urbane, l’Italia deferita per la quarta volta alla Corte di giustizia Ue

Stavolta dalla Commissione europea arriva anche una lettera di costituzione in mora per l’inquinamento atmosferico

[13 Marzo 2024]

Dopo tre sentenze di condanna e multe per oltre 140 mln di euro, la Commissione europea è tornata oggi a deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue per il mancato rispetto della direttiva sulle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE).

«Le informazioni presentate dall’Italia hanno evidenziato una diffusa inosservanza della direttiva in un totale di 179 agglomerati italiani – spiega la Commissione – Nel caso di 36 agglomerati l’Italia deve tuttora garantire la disponibilità di sistemi di raccolta delle acque reflue (o sistemi individuali o altri sistemi adeguati, in casi giustificati). In 130 agglomerati, l’Italia continua a non trattare correttamente le acque reflue raccolte. Per gli agglomerati che scaricano acque reflue in aree sensibili è necessario un trattamento più rigoroso di tali acque. In 12 agglomerati italiani questo obbligo non è ancora rispettato. Infine, in 165 agglomerati l’Italia non garantisce che gli scarichi idrici soddisfino nel tempo le condizioni di qualità richieste».

La Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel giugno 2018 e successivamente un parere motivato nel luglio 2019; gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane sono però reputai «insufficienti», da qui la decisione di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Come sottolineano da Bruxelles, la nuova procedura di infrazione rappresenta il quarto caso aperto contro l’Italia sul mancato rispetto della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane: si va a aggiungere alle procedure di infrazione INFR2004 (2034), INFR2009 (2034) e INFR2014 (2059).

Complessivamente le quattro procedure riguardano più di 900 agglomerati e «non vi è sovrapposizione tra questi quattro casi, in quanto ciascuno di essi riguarda diverse violazioni degli obblighi stabiliti dalla direttiva».

Se questo è lo sconsolante stato di gestione delle acque reflue urbane, non va meglio sul fronte dell’inquinamento atmosferico. Sempre oggi, la Commissione Ue ha infatti aperto un “pre-contenzioso” con l’Italia inviando una lettera di costituzione in mora «per la persistente mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del 10 novembre 2020» sulla qualità dell’aria (direttiva 2008/50/CE, peraltro appena aggiornata con criteri più stringenti a tutela della salute).

Giova ricordare che da allora la Corte ha già condannato una seconda l’Italia per il mancato rispetto della direttiva sulla qualità dell’aria, nel maggio 2022.

«La direttiva sulla qualità dell’aria ambiente obbliga gli Stati membri – ricorda la Commissione Ue – a mantenere al di sotto di determinati livelli le concentrazioni di inquinanti specifici nell’aria, come il particolato PM10. Quando sono superati tali valori massimi, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure per ridurre quanto più possibile la durata del periodo di superamento dei limiti. Sebbene dalla data della sentenza l’Italia abbia adottato alcune misure, nel 2022 si registravano ancora superamenti dei valori limite giornalieri in 24 zone di qualità dell’aria, mentre una zona segnalava superamenti dei valori limite annuali».

Per questi motivi, la Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia, che dispone ora di 2 mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di deferire l’Italia alla Corte, con la richiesta di nuove sanzioni pecuniarie.