Solo a Firenze hanno manifestato oggi oltre 50mila persone
Clima, nel 2050 una Toscana carbon neutral col contributo della geotermia
Fratoni: «Abbiamo un obiettivo, realizzare una Toscana a bilancio emissivo zero al 2050». Nelle prossime settimane il progetto al vaglio di un apposito comitato scientifico
[27 Settembre 2019]
La Climate action week lanciata dal movimento Fridays for future ha raggiunto oggi il suo apice, col terzo sciopero globale per il clima che ha portato milioni di giovani a manifestare in tutto il mondo – con una massiccia partecipazione anche in Toscana – per chiedere urgenti e incisive azioni contro i cambiamenti climatici.
Una necessità cui anche la Regione Toscana è sensibile : «Abbiamo un obiettivo – ha ribadito nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Ambiente, Federica Fratoni – realizzare una Toscana a bilancio emissivo zero al 2050. È un obiettivo al quale concorrono molte politiche regionali perché sarà raggiunto con la riduzione delle emissioni dei gas climalteranti che si ottiene solo attraverso azioni specifiche: nella progettazione delle città, nella gestione dei rifiuti e dell’energia».
Come spiegano dalla Giunta Regionale, alla base dell’obiettivo c’è il documento Toscana carbon neutral al 2050 elaborato dalla Regione Toscana, e che sarà al vaglio di un comitato scientifico apposito che si riunirà il prossimo 15 ottobre e di cui fanno parte l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, il climatologo Roberto Buizza, l’economista Marco Frey e i docenti esperti di energia, Romano Giglioli e Alessandro Sbrana.
Un documento che nasce da una lunga fase di confronto e approfondimento, iniziata nel 2017 sulla base di due scenari, entrambi caratterizzati da un ampio ricorso alle fonti rinnovabili disponibili sul territorio e dunque in particolare alla geotermia: già oggi infatti in Toscana il consumo elettrico si attesta sui 21mila GWh e ne produce 16mila, di cui 8.450 (circa il 53%) da fonti rinnovabili. E tra le fonti rinnovabili è preponderante il contributo geotermico, che rappresenta circa il 39% della produzione di energia elettrica totale regionale e ben il 73,2% della produzione da rinnovabili.
Per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere un modello di sviluppo più sostenibile è però necessario migliorare ancora. Gli scenari-base che hanno dato origine al documento Toscana carbon neutral al 2050 sono quindi due – uno tendenziale e uno più ambizioso –, presentati dalla Giunta toscana già nel 2017 in attesa che il documento possa dirsi concluso: lo scenario tendenziale prevede «una produzione di energia da fonti rinnovabili di 13.900 GWh, di cui il 68% da fonte geotermica (circa 9.450)», mentre «il secondo scenario, ricavato dalla Road map europea al 2050, tiene conto di elementi tecnologici innovativi di forte impatto e prevede 27.500 Gwh. In entrambi i casi l’obiettivo è quello di abbattere le emissioni di CO2 tra l’80 e il 95% grazie allo sviluppo delle FER».
Un obiettivo per il quale ancora una volta il contributo apportato dalla geotermia è fondamentale, come certificato da tempo a livello internazionale dall’Ipcc – l’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu, ovvero la massima autorità scientifica al mondo sul cambiamento climatico – certificando che il «diffuso dispiegamento dell’energia geotermica potrebbe svolgere un ruolo significativo nella mitigazione dei cambiamenti climatici».
Se sul territorio uno dei temi più dibattuti in merito ha a che fare con le emissioni di CO2 in uscita dalle centrali geotermiche, la spiegazione scientifica del fenomeno è chiara da tempo e recentemente riassunta proprio dal prof. Sbrana: «Deve essere acquisito il concetto – “relativamente nuovo” per l’area geotermica toscana – che l’anidride carbonica non viene prodotta nel ciclo di produzione geotermoelettrico, ma viene generata in maniera naturale (non dal processo industriale) nei serbatoi geotermici e nei sistemi magmatici/termometamorfici sottostanti per degassamento dai magmi più o meno profondi e per reazioni termometamorfiche».
Questo significa, come aggiunto dal prof. Daniele Fiaschi dell’Università di Firenze, che «a differenza dei combustibili fossili, l’emissione è naturale e sarebbe comunque rilasciata dal sito». Anche se «il problema è la velocità di rilascio, generalmente superiore rispetto a quella naturale quando si va ad installare una centrale», l’incidenza della produzione geotermoelettrica nel panorama toscano e nazionale «consente di affermare, dati alla mano, che il bilancio di emissioni di CO2 evitate dal mancato utilizzo di combustibili fossili per generare l’equivalente quantità di energia elettrica è sicuramente favorevole: anche includendo le emissioni naturali, a livello nazionale si risparmiano più di 70 kg per MWh di elettricità prodotta».
Questo non significa però che non sia necessario puntare a migliorare ulteriormente la coltivazione della geotermia, rendendola progressivamente più sostenibile mettendo in campo le migliori tecnologie disponibili e adeguati strumenti d’indirizzo politico.
La legge 7 del 2019 prevede ad esempio il reimpiego della CO2 (che trova numerose applicazioni, a partire dall’industria agroalimentare) in una percentuale di almeno il 10% di quella emessa dagli impianti, mentre per quanto riguarda le indicazioni sul fronte tecnologico è necessario ricordare che «la tecnologia da adottare per mitigare gli impatti ambientali è quella che meglio si adatta alla situazione particolare, perché campi diversi potrebbero necessitare di soluzioni diverse», come sottolineato recentemente dal senior professor dell’Università di Siena Riccardo Basosi.
Importanti novità nel merito sono attese dal progetto europeo Geoenvi – cui partecipa anche CoSviG –, nato proprio per indagare i reali impatti ambientali legati all’impiego della geotermia con le varie tecnologie disponibili, lungo tutte le fasi di vita di un impianto.