Covid-19, l’allarme del Wwf per le mascherine disperse nell’ambiente

«Se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente questo si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente: uno scenario pericoloso che va disinnescato»

[29 Aprile 2020]

Neanche una pandemia è in grado di frenare l’abbandono di rifiuti da parte di cittadini incivili, i cui comportamenti sbagliati ricadono sulla collettività come sull’ambiente: la crescente necessità di dispositivi di protezione individuale (Dpi) si sta anzi riflettendo in un problema aggiuntivo, ovvero la miriade di guanti e mascherine usate che vengono disperse in ogni dove. Altro che #andràtuttobene.

«Così come i cittadini si sono dimostrati responsabili nel seguire le indicazioni del governo per contenere il contagio restando a casa, ora – dichiara la presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi – è necessario che si dimostrino altrettanto responsabili nella gestione dei dispostivi di protezione individuale che vanno smaltiti correttamente e non dispersi in natura».

Il rischio è grande: secondo le stime del Politecnico di Torino per la “fase 2”, riportate dal Panda nazionale, serviranno 1 miliardo di mascherine e mezzo miliardo di guanti al mese. Si tratta di quantitativi molto elevati che impongono un’assunzione di responsabilità da parte di chi utilizzerà questi dispositivi di protezione: bisogna che ognuno di noi faccia uno sforzo per far sì che si proceda con uno smaltimento corretto e con il minor impatto possibile sulla natura.

«Se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente e magari disperso in natura – sottolineano dal Wwf – questo si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. Considerando che il peso di ogni mascherina è di circa 4 grammi questo comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica in natura: uno scenario pericoloso che va disinnescato».

Viste le cifre in ballo «è necessario evitare che questi dispositivi, una volta diventati rifiuti – aggiunge Bianchi – abbiano un impatto devastante sui nostri ambienti naturali e soprattutto sui nostri mari. Proprio per difendere il Mediterraneo che ogni anno già deve fare i conti con 570 mila tonnellate di plastica che finiscono nelle sue acque (è come se 33.800 bottigliette di plastica venissero gettate in mare ogni minuto) chiediamo alle istituzioni di predisporre opportuni raccoglitori per mascherine e guanti nei pressi dei porti dove i lavoratori saranno costretti ad usare queste protezioni per operare in sicurezza. Ma sarebbe opportuno che raccoglitori dedicati ai dispositivi di protezione fossero istallati anche nei parchi, nelle ville e nei pressi dei supermercati: si tratterebbe di un vantaggio per la nostra salute e per quella dell’ambiente».

Ad oggi le istituzioni locali scoraggiano anche il conferimento di mascherine e altri Dpi nei cestini sparsi per le città, in quanto potenzialmente contaminati dal coronavirus Sars-Cov-2. Per chi è positivo e in quarantena da tempo l’Istituto superiore di sanità indica di interrompere la raccolta differenziata nella propria abitazione e gettare tutti i propri rifiuti (in due o tre sacchi uno dentro l’altro) nell’indifferenziato, rifiuti che – come tutti quelli sanitari pericolosi a rischio infettivo – saranno poi inviati prioritariamente a incenerimento o smaltiti in discarica. Impianti che come noto scarseggiano nel nostro Paese, andando così a complicare ulteriormente la gestione dei nostri rifiuti in questo frangente.

Anche ai soggetti non positivi al coronavirus e (dunque) non in quarantena obbligatoria l’Iss raccomanda sì di continuare a fare la raccolta differenziata dei propri rifiuti, ma a scopo cautelativo fazzoletti o rotoli di carta, mascherine e guanti eventualmente utilizzati, dovranno essere smaltiti nei rifiuti indifferenziati; anche in questo caso dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della resistenza meccanica dei sacchetti.