Crediti d’imposta per riciclo e riuso, ecco cosa prevede la pdl approvata ieri alla Camera
Si prevedono incentivi all’acquisto di prodotti realizzati almeno al 75% con materie prime seconde o con compost di qualità, come anche per il riuso degli imballaggi. Ma rimane l’incognita delle risorse e dei decreti attuativi
[15 Maggio 2019]
Con 265 voti favorevoli e nessun contrario ieri la Camera dei deputati ha approvato la proposta di legge AC 1074 che – tra le altre cose – punta a introdurre per la prima volta nella normativa nazionale degli incentivi al riciclo. Un tentativo già fallito con la legge di Bilancio 2018 per mancanza di decreti attuativi e ancora in bilico (per lo stesso motivo) in quella del 2019, che trova però adesso nuovo slancio con la pdl sulle “Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell’evasione fiscale” (disponibile integralmente in allegato, ndr).
Con l’art. 28 la pdl prevede (per il 2020) Agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo e riuso, attraverso «un contributo pari al 25 per cento del costo di acquisto di a) semilavorati e prodotti finiti derivanti, per almeno il 75 per cento della loro composizione, dal riciclaggio di rifiuti o di rottami; b) compost di qualità derivante dal trattamento della frazione organica differenziata dei rifiuti». Si tratta di un credito d’imposta riconoscibile alle imprese e ai titolari di reddito di lavoro autonomo «fino ad un importo massimo annuale di euro 10.000» e nei limiti di un plafond complessivo pari a «10 milioni di euro per l’anno 2020». Per i soggetti acquirenti dei beni derivanti da riciclo «non destinati all’esercizio dell’attività economica o professionale», il contributo è invece ridotto «ad un importo massimo annuale di euro 5.000 per ciascun beneficiario».
E se l’art. 28 si concentra sul riciclo, il 27 (Disposizioni in materia di rifiuti e di imballaggi) guarda invece al riuso: «L’impresa venditrice della merce – recita l’articolo – può riconoscere all’impresa acquirente un abbuono, a valere sul prezzo dei successivi acquisti, in misura pari al 25 per cento del prezzo dell’imballaggio contenente la merce stessa ed esposto nella fattura. L’abbuono è riconosciuto all’atto della resa dell’imballaggio stesso, da effettuarsi non oltre un mese dall’acquisto. All’impresa venditrice che riutilizza gli imballaggi usati di cui al periodo precedente ovvero effettua la raccolta differenziata degli stessi ai fini del successivo avvio al riciclo è riconosciuto un credito d’imposta di importo pari al doppio dell’importo degli abbuoni riconosciuti all’impresa acquirente, ancorché da questa non utilizzati». Anche in questo caso il credito d’imposta «è riconosciuto fino all’importo massimo annuale di euro 10.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per l’anno 2020».
Per finanziare i crediti d’imposta contenuti in entrambi gli articoli la pdl propone di attingere ad una Imposta di bollo virtuale sulle fatture elettroniche, prevista sempre all’interno dello stesso testo di legge (art. 22).
La proposta si presenta dunque al momento ancora aleatoria, ma è pur sempre un inizio. Per tentare di concretizzarsi dovrà innanzitutto terminare il proprio iter legislativo, che ora passa al Senato: come afferma oggi Il Sole 24 Ore riportando la posizione della relatrice e presidente della Commissione Finanze, Carla Ruocco (M5S) e del vicepresidente della stessa commissione Alberto Gusmeroli (Lega), la pdl sulle semplificazioni fiscali dovrebbe ora salire sul treno del decreto crescita che ha iniziato il suo iter di conversione proprio alla Camera. Ma anche se questo passaggio dovesse andare a buon fine, come probabile, per l’economia circolare italiana potrebbe esserci ancora molto da aspettare, come insegna il caso delle sopracitate leggi di Bilancio.
L’articolo 27 per diventare efficace prevede infatti un decreto del ministero dell’Economia, di concerto con quello dell’Ambiente, mentre l’articolo 28 stabilisce che il decreto attuativo arrivi sempre dal ministero dell’Economia, ma di concerto con il ministero dello Sviluppo oltre che con quello dell’Ambiente. Entrambi «da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge», che la storia anche recente mostra essere più spesso un auspicio che un obbligo.