Dagli scarti del mais viola coloranti naturali e integratori alimentari

Recuperare gli scarti agricoli con un sistema di bioraffineria. Possibili impieghi nell’industria tessile, farmaceutica e veterinaria

[16 Aprile 2021]

Un team di ricercatori dell’università degli Studi di Milano (Patrizia De Nisi, Giulia Borlini, Parisa Abbasi Parizad, Alessio Scarafoni, Piero Sandroni, Elena Cassani, Fabrizio Adani e Roberto Pilu) ha pubblicato su ACS Sustainable Chemistry & Engineering – American Chemical Society lo studio “Biorefinery Approach Applied to the Valorization of Purple Corn Cobs” che illustra come «Sfruttare il tutolo (la parte interna e spugnosa della pannocchia, solitamente scartata) di mais colorato per ricavarne antocianine, naturalmente ricche di pigmenti per le colorazioni rosso, blu, viola e porpora, e impiegarle in ambito tessile, farmaceutico e veterinario per la produzione di coloranti naturali e integratori alimentari».

Il lavoro di ricerca, coordinato da  Pilu, docente di miglioramento genetico delle piante, e da Adani, docente di Biomass and Waste Recycling Promoting the Circular Economy, del Dipartimento di scienze agrarie e ambientali e del Gruppo Ricicla, descrive un sistema di recupero di scarti agricoli aderente ai principi della bioeconomia circolare definita nell’Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile.

All’università degli Studi di Milano spiegano che «La materia prima è il mais pigmentato che entra in un ciclo estrattivo per il recupero degli antociani, mediante l’uso di solventi green: in questo modo sfruttate le diverse e importanti proprietà degli antociani che sono molecole coloranti, antiossidanti e anti-infiammatorie, e anche composti antibatterici naturali».

La ricerca, che fa parte del progetto Il progetto PASTEL finanziato da Fondazione Cariplo,  è stata sviluppata secondo un approccio di bioraffineria  per estrarre gli antociani presenti in un ibrido selezionato di mais pigmentato, coltivato presso l’Azienda Agraria Didattico-Sperimentale dell’università degli Studi di Milano “Angelo Menozzi” di Landriano (Pv). I ricercatori ricordano che «Gli antociani sono una classe di pigmenti vegetali appartenenti alla famiglia dei flavonoidi che nella pannocchia di mais viola sono distribuiti quasi equamente tra la granella (55%) ed il tutolo (45%), non commestibile. Il tutolo di mais è una biomassa vegetale di difficile biodegradazione a causa del basso contenuto di acqua e della natura lignocellulosica dei suoi costituenti, organizzati nella struttura rigida e compatta delle pareti cellulari. Queste caratteristiche rendono il tutolo di mais viola un materiale speciale, stabile nel tempo e ricco di antociani: infatti queste molecole possono essere estratte in qualsiasi momento dell’anno a differenza, invece, con quanto accade con i frutti edibili rossi, anch’essi fonte di antociani, quali frutti di bosco, uva, ribes e ciliegie, legati alla stagionalità. Il tutolo di mais, quindi, anziché un rifiuto, diviene una risorsa di valore».

In particolare, il processo illustrato nello studio consente di recuperare gli antociani e utilizzarli per scopi tintori (con colori e fibre naturali) e nutraceutici (integratori destinati l’alimentazione umana ed animale).  I ricercatori concludono: «Al termine del processo estrattivo, il residuo di tutolo esausto è proposto come lettiera per animali con caratteristiche particolari, poiché ancora presenti gli antociani. La lettiera residua per animali è destinata alla raccolta differenziata con rifiuti alimentari producendo compost e/o biogas e fertilizzanti, chiudendo il ciclo con zero rifiuti, secondo i principi della bioeconomia circolare».