Dalle utility italiane 12,7 mld di euro di valore aggiunto distribuito agli stakeholder

Le linee strategiche di sviluppo sono cinque: rinnovabili, molecole verdi, reti di distribuzione, efficienza energetica, economia circolare

[12 Febbraio 2024]

Il nuovo studio “Il ruolo delle utilities tra sicurezza energetica, sostenibilità e competitività”, presentato oggi a Roma da Utilitalia – la federazione che riunisce le imprese dei servizi pubblici locali – documenta un ruolo di primo piano delle utility nel portare avanti la transizione ecologica del Paese.

Gli investimenti del comparto delle utility relative alle cinque linee strategiche di sviluppo messe in evidenza – rinnovabili, molecole verdi, reti di distribuzione, efficienza energetica, economia circolare – ammontano a 1,8 miliardi annui e riguardano la decarbonizzazione (830 milioni), l’economia circolare (oltre 500 milioni) e la digitalizzazione (420 milioni).

Al contempo, analizzando tutti i settori di competenza il valore aggiunto distribuito ai diversi stakeholder (lavoratori, azionisti, pubblica amministrazione, finanziatori, comunità locali, oltre a quanto viene reinvestito in azienda) è pari a 12,7 miliardi, ai quali si sommano ulteriori 33,7 miliardi di spesa verso i fornitori, il 65% dei quali verso realtà locali. Guardando invece al dato degli investimenti, nel 2021 le 100 maggiori utilities hanno investito 11 miliardi di euro sui territori.

«Il contributo più rilevante che le imprese dei servizi pubblici possono fornire alla transizione energetica passa dalla valorizzazione della loro peculiarità di attori e promotori dello sviluppo energetico territoriale: ciò vuol dire rendere incisivo un approccio integrato, l’unico in grado di coniugare investimenti industriali e innovazione con il valore circolare e sociale del servizio reso», spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini.

In particolare, per quanto riguarda la prima linea strategica di sviluppo, le utility possono contribuire in modo significativo al conseguimento degli obiettivi nazionali sulle rinnovabili, in particolare nel settore fotovoltaico ed eolico, ma anche in quello idroelettrico e del teleriscaldamento: ciò a patto di attivare misure abilitanti che supportino gli investimenti per il rifacimento o potenziamento degli impianti esistenti e per le progettualità che valorizzano le sinergie intersettoriali.

Il contributo allo sviluppo delle molecole verdi capitalizza invece la circolarità degli investimenti intersettoriali di cui queste imprese sono capaci: basti pensare alla produzione di biogas e biometano dai rifiuti organici  o dai fanghi di depurazione. Risulterà essenziale sfruttare gli asset esistenti e massimizzare le sinergie tra i diversi settori in ottica circolare per la produzione di gas rinnovabili.

Guardando invece alle infrastrutture energetiche, nel rapporto l’accento è posto sulla flessibilità e sicurezza delle reti elettriche, la riconversione tecnologica delle reti gas volta alla gestione dei nuovi green gas e l’integrazione tra i settori gas e power.

Sul tema dell’efficienza energetica invece, per le utility sono auspicabili celeri misure di efficientamento del meccanismo dei Titoli di efficienza energetica (Tee) e l’allargamento del mercato dell’efficienza energetica a progetti di economia circolare.

Dal potenziale di circolarità alle nuove possibilità di business, infine, le utility puntano a valorizzare l’economia circolare: si va dalla riconversione delle infrastrutture esistenti come hub per la carbon capture and storage (Css, invisa però al mondo ambientalista e con forti perplessità da parte della comunità scientifica) al recupero delle materie prime critiche, in particolare attraverso la raccolta e il trattamento dei Raee, dalla mobilità elettrica fino alla produzione di biocarburanti e biocombustibili.