La struttura commissariale è ora composta da Maurizio Giugni, Stefano Vaccari e Riccardo Costanza
Depurazione acque, al ministero dell’Ambiente un nuovo commissario straordinario
Circa l’11% dei cittadini italiani non è ancora raggiunto dal servizio di depurazione, e nel corso degli anni l’Ue ha attivato 4 procedure di infrazione (con relative infrazioni a carico della collettività)
[25 Maggio 2020]
Al ministero dell’Ambiente c’è un nuovo commissario straordinario per la depurazione delle acque: l’incarico è stato affidato a Maurizio Giugni, affiancato dai subcommissari Stefano Vaccari e Riccardo Costanza.
Giugni è direttore del dipartimento di Ingegneria civile, edile, ambientale – oltre che professore ordinario di Infrastrutture idrauliche – all’Università degli Studi Di Napoli “Federico II”; Vaccari, gà parlamentare, sindaco e amministratore locale e dirigente dell’Ato provinciale e regionale, è esperto di amministrazione pubblica e di materie inerenti agli enti territoriali; Costanza, infine, è esperto in materie tecniche coerenti con gli interventi di realizzazione delle infrastrutture idriche.
«Nel ringraziare il professor Enrico Rolle per il lavoro fin qui svolto, voglio portare il mio benvenuto ai nuovi componenti la struttura commissariale – commenta il ministro Costa – Oggi è un giorno importante per la tutela delle acque del nostro Paese. Ricordo che il commissario, indicato d’intesa con la Commissione europea, ha ora più poteri, anche per interloquire direttamente con le istituzioni locali, al fianco delle quali lavoreremo anche per superare l’annosa questione delle infrazioni europee».
Una questione non da poco. Come ricorda l’ultimo Blue book promosso da Utilitalia, e realizzato dalla Fondazione Utilitatis con la collaborazione di Istat, circa l’11% dei cittadini italiani non è ancora raggiunto dal servizio di depurazione delle acque reflue. La maggior parte degli agglomerati dove si riscontra questo deficit sono concentrati nel Mezzogiorno e nelle Isole, in territori gestiti direttamente dagli enti locali e non attraverso affidamenti a gestori industriali. La conseguenza – oltre ad incalcolabili danni per l’ambiente – è appunto nelle sanzioni europee comminate all’Italia, colpevole di ritardi nell’applicazione delle regole sul trattamento delle acque reflue.
Da questo punto di vista, il Blue book testimonia comunque una timida evoluzione positiva nel corso degli anni, fotografata lo scorso autunno: gli agglomerati relativi alla prima procedura di infrazione (2004/2034), per la quale la Corte di Giustizia ha già irrogato una multa, si sono ridotti da 109 a 74; mentre per la seconda infrazione giunta a sentenza (2009/2034) sono stati sanati 27 siti irregolari su 41 (restano così 14 le aree su cui è necessario ancora intervenire); appare in miglioramento anche la situazione che riguarda il parere motivato (2059/2014), che ha visto passare il numero degli agglomerati in infrazione da 879 a 620.
Alle tre “storiche” procedure d’infrazione – la prima sentenza di condanna da parte della Corte Ue risale al 2012 – si è però recentemente aggiunta una quarta, la 2017/2181, ancora all’inizio dell’iter procedurale: la Commissione europea ha inviato una lettera di costituzione in mora con cui richiede informazioni in merito ad ulteriori 276 agglomerati.
«Uscire velocemente dalle infrazioni europee in campo ambientale è un obiettivo fondamentale del Governo e di questo ministero – commenta il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut – Contiamo sulla competenza e la determinazione del professor Giugni e dei suoi vice Vaccari e Costanza per restituire piena dignità e il diritto alla depurazione di migliaia di cittadini, soprattutto del Mezzogiorno».