Wwf: «Permane sostanziale assenza di coraggio e di visione strategica a lungo termine»
Ecco il Pniec: cambia il Governo, ma il Piano nazionale clima ed energia rimane lo stesso
Per Greenpeace si tratta di «un piano sostanzialmente già vecchio, è l’ennesima volta che l’Italia perde l’occasione per esprimere una leadership nella lotta al cambiamento climatico»
[22 Gennaio 2020]
Un anno dopo la prima bozza inviata alla Commissione europea, il Governo italiano – e in particolare i ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e dei Trasporti – ha inviato a Bruxelles la proposta definitiva del Pniec: il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, ovvero il documento con il quale vengono stabiliti gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2.
Il nuovo testo «recepisce le novità contenute nel decreto legge sul Clima nonché quelle sugli investimenti per il Green new deal previste nella legge di Bilancio 2020» e la sua concreta attuazione «sarà assicurata dai decreti legislativi di recepimento delle direttive europee in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili e di mercati dell’elettricità e del gas che saranno emanati nel corso del 2020». Per il ministro Patuanelli (Mise) l’obiettivo dell’Italia «è quello di contribuire in maniera decisiva alla realizzazione di un importante cambiamento nella politica energetica e ambientale dell’Unione europea», ma di fatto il Pniec nasce già vecchio: la nuova Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen chiede un taglio delle emissioni continentali tra il 50 e il 55% al 2030 rispetto al 1990, mentre l’Europarlamento ha approvato pochi giorni fa la richiesta di concentrare gli sforzi sul 55%. Gli sforzi italiani previsti nel Pniec si limitano invece a supportare l’obiettivo previsto dalla normativa per ora vigente (-40%), senza alcuno slancio d’ambizione.
Nel corso dell’ultimo anno il Piano «è stato oggetto di un proficuo confronto tra le istituzioni coinvolte, i cittadini e tutti gli stakeholder», la compagine di Governo nel mentre è (parzialmente) cambiata ma il testo è rimasto sostanzialmente lo stesso. Per quanto riguarda il taglio delle emissioni di gas serra nazionali, ad esempio, il trend previsto nel Pniec non è cambiato di una virgola rispetto a quello avanzato lo scorso anno, e prevede emissioni nazionali pari a 328 Mt CO2eq al 2030: come già spiegato tra gli altri dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi si arriverebbe dunque «a una riduzione complessiva delle emissioni nazionali di gas serra del 37%», ovvero «un valore inferiore di quello medio fissato a livello europeo al 40%», che comunque caso non sarebbe in traiettoria con quanto previsto dall’Accordo di Parigi (non a caso l’Ue sta già puntando a un taglio maggiore).
Lo stesso si può dire per quanto riguarda lo sviluppo delle energie rinnovabili, dove si registrano minime differenze tra la bozza e il Pniec inviato a Bruxelles. L’Italia conferma di voler raggiungere nel 2030 il 30% del consumo finale lordo di energia coperto da fonti rinnovabili (33 Mtep su 111 totali) rispetto al 32% previsto a livello europeo; a cambiare sono – soprattutto al ribasso – piccole percentuali riferite al contributo dei singoli settori. Il Pniec prevede infatti che al 2030 le rinnovabili arriveranno al 55,0% nel settore elettrico (contro il 55,4% previsto nella bozza), il 33,9% nel settore termico (33%) e il 22,0% nei trasporti (21,6%).
Anche sul principale punto di svolta contenuto nel Pniec, confermando del resto quanto già previsto dalla Strategia energetica nazionale del 2017, si sollevano dubbi: il phase out dal carbone rimane programmato entro il 2025 ma «nei limiti e sempreché siano per tempo realizzati gli impianti sostitutivi e le necessarie infrastrutture, e una significativa accelerazione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nei processi di lavorazione. Il phase out dal carbone – aggiunge il Pniec – potrà essere implementato attraverso, tra l’altro, la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas», fonte che rimane un asse portante del Pniec.
«La sensazione – commentano dal Wwf – è quella che si stiano mettendo le mani avanti rispetto all’unico obiettivo politico realmente innovativo affermato sin dalla Strategia energetica nazionale, ma non siano stati predisposti adeguati strumenti per far si che le Fer diventino l’asse strategico del nuovo sistema energetico». Più in generale, il Panda nazionale sottolinea che «alcuni aspetti fondamentali non sono sostanzialmente progrediti e permane una sostanziale assenza di coraggio e di visione strategica a lungo termine».
Uno scetticismo condiviso da Greenpeace: «L’Italia non è di certo sulla strada giusta per rispettare gli Accordi di Parigi. Ad una prima lettura del testo proposto dal Governo si vedono aumenti quasi insignificanti per gli obiettivi di efficienza energetica e rinnovabili termiche, mentre il gas, uno dei responsabili della crisi climatica, continua ad essere il padrone indiscusso del futuro del nostro Paese», dichiara Luca Iacoboni – responsabile della campagna Energia e clima dell’associazione ambientalista – ricordando poi che lo stesso ministro Costa ha dichiarato che il Pniec potrebbe dover essere modificato a breve a seguito delle rinnovate ambizioni europee. «Non ha senso proporre un piano sostanzialmente già vecchio e dirsi disponibili ad aggiornarlo – osserva Iacoboni – Questa è l’ennesima volta che l’Italia perde l’occasione per esprimere una leadership nella lotta al cambiamento climatico».