Da Ecomondo i dati dalla Relazione sullo stato della green economy 2021
Economia circolare, Italia in vetta all’Europa per produttività risorse e basso consumo procapite
Resta però molto da migliorare, con un tasso di utilizzo circolare dei materiali ancora fermo al 19,3%
[27 Ottobre 2021]
La Relazione sullo stato della green economy 2021, presentata ieri a Rimini nell’ambito di Ecomondo, mostra come l’Italia abbia conquistato una buona performance in fatto di economia circolare se comparata agli altri Stati membri dell’Ue, pur con risultati di fatto ancora modesti in termini di re-immissione nel ciclo economico dei rifiuti raccolti e avviati a recupero.
Nel nostro Paese infatti la produttività delle risorse (misurata in euro di Pil per kg di materie prime consumate) tra il 2012 e il 2020 è aumentata del 30%, dando all’Italia il primo posto nel 2020 fra i cinque principali Paesi europei, con 3,7 €/kg, davanti a Francia, Germania, Spagna e Polonia.
L’Italia può vantare un primato europeo anche guardando al consumo interno dei materiali (Dmc). Nel 2020, l’Ue nel suo complesso ha digerito all’interno del proprio metabolismo economico qualcosa pari a 6,19 miliardi di tonnellate di materie prime (l’equivalente di 13,3 ton a persona), un dato cui l’Italia ha contribuito per 444 milioni di tonnellate: a livello procapite significa 7,4 ton a persona, e nessuno fa meglio tra i principali Paesi europei.
È però utile mettere in prospettiva questi dati, confrontando il consumo di materie prime con la generazione di rifiuti e l’effettiva capacità di re-inserirli – a valle di un processo di riciclo – nel circuito economico come nuovi prodotti.
Secondo la Relazione, nel 2019 sono stati avviati a riciclo in Italia 14 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (pari al 51% di quelli generati), conquistando il secondo posto europeo dietro alla Germania; nello stesso anno i rifiuti speciali avviati a riciclo sono invece pari a circa 106 milioni di tonnellate (il 70% di quelli generati).
Tanti, pochi? Per avere un’idea più precisa occorre guardare al tasso di utilizzo circolare dei materiali (Cmu), che misura il grado di impiego di quelli riciclati all’interno dell’economia in relazione all’uso complessivo di materie prime.
Più precisamente, il tasso Cmu indica la quantità di rifiuti raccolti destinati al recupero e reintrodotti nell’economia, risparmiando così materie prime: una maggiore quantità di materiali riciclati che sostituiscono le materie prime vergini evita l’estrazione di risorse naturali e riduce la produzione di rifiuti. Il tasso è calcolato come rapporto tra la quantità di materie prime secondarie (U) e il consumo interno di materiali complessivo (Dmc).
Secondo i dati forniti da Eurostat, come ricorda la Relazione, nel 2019 il Cmu medio per l’Ue27 è dell’11,9% (in crescita dello 0,3% rispetto al 2018) e al confronto con i cinque principali Paesi europei, l’Italia si piazza seconda con un Cmu (19,3%), preceduta dalla Francia.
Soprattutto, significa che l’80,7% della nostra economia ancora non è “circolare” ma incide sul consumo di risorse naturali vergini: occorre dunque ampliare molto il mercato dei prodotti riciclati, un ruolo dove la Pubblica amministrazione (tramite gli acquisti verdi o Gpp) potrebbe giocare un ruolo da protagonista, se solo lo volesse.
L. A.