Dopo la crisi sanitaria, nel 2021 le emissioni nazionali di gas serra stanno crescendo del 6%
Stati generali della green economy, Ronchi: «Sulle rinnovabili ci siamo fermati»
«Tra il 2014 e il 2019 la crescita media annua della quota Fer sul consumo finale è stata di appena lo 0,2%, il valore più basso tra i grandi Paesi europei»
[26 Ottobre 2021]
La decima edizione degli Stati generali della green economy, che ha preso il via oggi a Rimini nella cornice di Ecomondo-Key energy, segna uno spartiacque: quello della ripresa post pandemica, che dovrebbe rappresentare lo slancio decisivo verso un modello di sviluppo più sostenibile, anche se nel nostro Paese i segnali che arrivano dal mondo reale sono purtroppo contrastanti.
«L’Italia – dichiara Edo Ronchi che, per il Consiglio nazionale della green economy, svolge la relazione introduttiva agli Stati generali – non deve perdere questa occasione: deve puntare, con più decisione, a far parte delle locomotive europee della green economy. Vincendo la sfida della neutralità climatica con un’economia decarbonizzata e competitiva, capace di generare maggior occupazione e un miglior benessere, si costringerà così anche la Cina e gli altri paesi ritardatari, ad inseguire».
Di fatto però il nostro Paese sta ancora soffrendo uno stallo totale sul fronte delle energie rinnovabili, che inevitabilmente sta condizionando anche il raggiungimento degli obiettivi climatici.
Se a causa della pandemia nel 2020 si è registrato un calo nelle emissioni climalteranti pari al 9,8%, nel corso di quest’anno la tendenza è tornata a invertirsi. Come documenta la Relazione sullo stato della green economy, le prime stime per il 2021 sembrano infatti «segnalare un deciso rimbalzo delle emissioni complessive: secondo l’Enea, considerando i dati del primo semestre, l’aumento delle emissioni su base annua sarebbe del 6% (a fronte del +5,2% del Pil secondo le ultime stime della Banca d’Italia), la crescita più alta mai registrata almeno negli ultimi trent’anni. Già nel 2021 l’Italia potrebbe, dunque, annullare oltre la metà del calo delle emissioni registrato nel 2020, pur rimanendo ancora al di sotto dei livelli emissivi del 2019».
I ritardi sul fronte delle rinnovabili partono invece da lontano, con Ronchi che non le manda a dire: «Negli ultimi 5 anni ci siamo fermati». La Relazione documenta che il «rallentamento della crescita delle rinnovabili negli ultimi cinque anni ha riguardato, in realtà, tutte le principali economie europee, ma in Italia è stato più marcato che altrove. Tra il 2014 e il 2019 la crescita media annua della quota Fer sul consumo finale è stata di appena lo 0,2%, il valore più basso tra i grandi Paesi europei, con l’eccezione della Polonia, e più della metà della media Ue27».
Purtroppo, anche le misura messe in campo dal Governo Draghi non stanno invertendo la rotta, come mostrano i risultati disastrosi conseguiti nell’ambito del decreto Fer 1 per l’assegnazione di incentivi alle fonti rinnovabili. «Gli esperti concordano – argomenta nel merito la Relazione – che la causa principale sia da ricercare nel complesso e lungo iter di autorizzazione, che in molti casi non vede mai la fine a causa di contenziosi e lentezze burocratiche, scoraggiando la partecipazione ai bandi e di fatto bloccando la crescita delle rinnovabili elettriche in Italia». Un altro punto critico, non disgiunto dal tema autorizzativo, sta nelle sindromi Nimby, spesso capeggiate da politica o amministrazioni pubbliche (in tal caso si parla più propriamente di sindromi Nimto) che rifuggono gli impianti.
Per superare questo stallo, dagli Stati generali arriva forte l’appello per una roadmap precisa che fissi gli impegni al 2030: «Approvare una legge per la protezione del clima per aumentare il passo nelle misure per la neutralità climatica, raddoppiare le rinnovabili dal 20 al 40% e tagliare il consumo di combustibili fossili del 40% al 2030».