Finestre liquide ispirate alla pelle di calamaro
Reagiscono ai cambiamenti ambientali, risparmiando sui costi energetici
[9 Febbraio 2023]
Lo studio “Multilayered optofluidics for sustainable buildings” pubblicato su PNAS da un team di ricercatori dell’università di Toronto (U of T), illustra lo sviluppo di «Un sistema fluidico multistrato in grado di ridurre i costi energetici di riscaldamento, raffreddamento e illuminazione degli edifici ottimizzando la lunghezza d’onda, l’intensità e la dispersione della luce trasmessa attraverso le finestre». Una scoperta che è stata ispirata dalla pelle che cambia colore di organismi come i calamari e che, dicono i ricercatori canadesi, «Rispetto alle tecnologie esistenti, offre un controllo molto maggiore mantenendo bassi i costi grazie all’uso di componenti semplici e pronti all’uso».
Il principale aujtore dello studio, il neolaureato Raphael Kay del Department of Materials Science and Engineering (MSE) della U of T, rucorda che «Gli edifici utilizzano una tonnellata di energia per riscaldare, raffreddare e illuminare gli spazi al loro interno. Se riusciamo a controllare strategicamente la quantità, il tipo e la direzione dell’energia solare che entra nei nostri edifici, possiamo ridurre notevolmente la quantità di lavoro che chiediamo a riscaldatori, condizionatori e luci».
Attualmente, per controllare la quantità di luce solare che entra in una stanza è possibile utilizzare alcune tecnologie di costruzione “intelligenti”, come le tende automatiche o le finestre elettrocromiche, che cambiano la loro opacità in risposta a una corrente elettrica. Ma secondo Kay «Questi sistemi sono limitati: non possono discriminare tra diverse lunghezze d’onda della luce, né possono controllare come quella luce viene distribuita nello spazio. La luce solare contiene luce visibile, che influisce sull’illuminazione dell’edificio, ma contiene anche altre lunghezze d’onda invisibili, come la luce infrarossa, che possiamo considerare essenzialmente come calore. In pieno giorno in inverno, probabilmente vorresti far entrare entrambi, ma in pieno giorno in estate, vorresti far entrare solo la luce visibile e non il caldo. I sistemi attuali in genere non possono farlo: bloccano entrambi o nessuno dei due. Inoltre non hanno la capacità di dirigere o diffondere la luce in modi benefici».
Il sistema sviluppato da Kay e dal team guidato da Ben Hatton (MSE), e che comprende Charlie Katrycz (MSE) e Alstan Jakubiec (Daniels Architecture), sfrutta il potere della microfluidica per offrire un’alternativa. All’U of T spiegano che «I prototipi sono costituiti da fogli piatti di plastica che sono permeati da una serie di canali spessi millimetri attraverso i quali possono essere pompati i fluidi. Pigmenti personalizzati, particelle o altre molecole possono essere miscelati nei fluidi per controllare il tipo di luce che passa, ad esempio le lunghezze d’onda del visibile o del vicino infrarosso, e in quale direzione questa luce viene quindi distribuita. Questi fogli possono essere combinati in una pila multistrato, con ogni strato responsabile di un diverso tipo di funzione ottica: controllo dell’intensità, filtraggio della lunghezza d’onda o regolazione della diffusione della luce trasmessa all’interno. Utilizzando piccole pompe a controllo digitale per aggiungere o rimuovere fluidi da ogni strato, il sistema può ottimizzare la trasmissione della luce».
Per Kay «E’ semplice ed economico, ma consente anche un incredibile controllo combinatorio. Siamo in grado di progettare facciate di edifici dinamiche allo stato liquido che fanno praticamente tutto ciò che vorresti fare in termini di proprietà ottiche».
I risultati del nuovo studio si basano su un altro sistema che utilizza il pigmento iniettato, sviluppato dallo stesso team e illustrato nello studio “Decapod-inspired pigment modulation for active building facades” pubblicato nel luglio 2022 su Nature Communications e che si ispirava alle capacità di cambiamento di colore degli artropodi marini. Il nuovo sistema è più simile alla pelle multistrato del calamaro.
I ricercatori canadesi spiegano ancora che «Molte specie di calamari hanno una pelle che contiene strati sovrapposti di organi specializzati, inclusi i cromatofori, che controllano l’assorbimento della luce, e gli iridofori, che influenzano la riflessione e l’iridescenza. Questi elementi indirizzabili singolarmente lavorano insieme per generare comportamenti ottici unici che sono possibili solo attraverso il loro funzionamento combinato».
Mentre i ricercatori della U of T Engineering si sono concentrati sui prototipi, Jakubiec ha costruito modelli computerizzati dettagliati che hanno analizzato il potenziale impatto energetico della copertura di un ipotetico edificio con questo tipo di facciata dinamica. Questi modelli sono stati informati dalle proprietà fisiche misurate dai prototipi. Il team ha anche simulato vari algoritmi di controllo per attivare o disattivare gli strati in risposta alle mutevoli condizioni ambientali.
Kay fa notare che «Abbiamo scoperto che, se avessimo un solo strato che si concentra sulla modulazione della trasmissione della luce nel vicino infrarosso, quindi non tocca nemmeno la parte visibile dello spettro, potremmo risparmiare circa il 25% annuo di energia per il riscaldamento, il raffreddamento e l’illuminazione rispetto a un’energia statica linea di base. Se avessimo due strati, infrarosso e visibile, è più vicino al 50%. Si tratta di risparmi molto significativi».
In questo studio, gli algoritmi di controllo sono stati progettati da esseri umani, ma Hatton sottolinea che «La sfida di ottimizzarli sarebbe un compito ideale per l’intelligenza artificiale, una possibile direzione futura per la ricerca. L’idea di un edificio in grado di apprendere, in grado di regolare questo array dinamico da solo per ottimizzare i cambiamenti stagionali e giornalieri delle condizioni solari, per noi è molto eccitante. Stiamo anche lavorando su come ridimensionarlo in modo efficace, in modo da poter effettivamente coprire un intero edificio. Questo richiederà del lavoro, ma dato che tutto questo può essere fatto con materiali semplici, non tossici e a basso costo, è una sfida che può essere vinta».
Più in generale, Hatton spera che lo studio incoraggi altri ricercatori a pensare in modo più creativo a nuovi modi per gestire l’energia negli edifici e conclude: «A livello globale, la quantità di energia consumata dagli edifici è enorme, persino superiore a quella che spendiamo per la produzione o il trasporto. Pensiamo che realizzare materiali intelligenti per gli edifici sia una sfida che merita molta più attenzione».