Gli aromi della globalizzazione di 3700 anni fa

Gli antichi popoli mediterranei mangiavano banane e curcuma asiatiche, lo rivela il tartaro fossile dei denti

[24 Dicembre 2020]

Lo studio “Exotic foods reveal contact between South Asia and the Near East during the second millennium BCE”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori tedeschi, israeliani e spagnoli, rivela che spezie e frutti esotici asiatici, come la curcuma e le banane avevano già raggiunto i mercati del Mediterraneo più di 3000 anni fa, molto prima di quanto si pensasse. Il team di ricercatori guidato dall’’archeologo Philipp Stockhammer della Ludwig-Maximilians-Universität München (LMU) ha dimostrato che anche nell’età del bronzo il commercio di cibo avveniva su lunghe distanze e collegava già società culturalmente diverse e lontane.

3700 anni fa nella città di Megiddo, nel Levante che oggi è Israele,  3700 anni fa: i commercianti vendevano non solo grano, miglio o datteri, che crescono in tutta la regione, ma anche caraffe di olio di sesamo e ciotole di una spezia giallo brillante che aveva fatto la sua comparsa  di recente tra le loro merci. Il team di ricerca internazionale lo ha scoperto analizzando i residui di cibo presenti nel tartaro dei denti, dove ha trovato le prove che nel Levante nell’età del bronzo e nella prima età del ferro si mangiavano già curcuma, banane e persino soia.

Stockhammer spiega che «Spezie esotiche, frutta e oli dall’Asia avevano così raggiunto il Mediterraneo diversi secoli, in alcuni casi anche millenni, prima di quanto si pensasse. Questa è la prima prova diretta fino ad oggi di curcuma, banana e soia gtrovate al di fuori dell’Asia meridionale e orientale». Alla LMU aggiungono che «E’ anche una prova diretta che già nel secondo millennio a.C. esisteva già un fiorente commercio a lunga distanza di frutta esotica, spezie e oli, che si ritiene collegasse l’Asia meridionale e il Levante attraverso la Mesopotamia o l’Egitto».

Sebbene il commercio con luoghi distanti attraverso queste regioni sia ampiamente documentato in seguito, rintracciare le radici di questa nascente globalizzazione aveva sempre rappresentato un problema. I risultati di questo studio confermano che «Il commercio a lunga distanza di prodotti culinari ha collegato queste società lontane almeno dall’età del bronzo. Ovviamente, le persone hanno avuto sin dall’inizio un grande interesse per i cibi esotici».

Per le loro analisi, i ricercatori del team di Stockhammer ha esaminato 16 individui provenienti dagli scavi di Megiddo e Tel Erani, due antiche città del Levante meridionale che nel II millennio a.C  è stato un importante ponte tra il Mediterraneo, l’Asia e l’Egitto. Lo scopo della ricerca era quello di capire di cosa si cibassero e cucinassero le popolazioni levantine dell’età del bronzo analizzando tracce di resti di cibo, comprese proteine ​​antiche e microfossili vegetali, che sono rimasti conservati nei denti umani per migliaia di anni.

I ricercatori tedeschi ricordano che «La bocca umana è piena di batteri, che pietrificano continuamente e formano tartaro. Minuscole particelle di cibo rimangono intrappolate e conservate nel tartaro in crescita, e sono questi minuti resti ai quali ora è possibile accedere per la ricerca scientifica grazie a metodi all’avanguardia».

Per le loro analisi, i ricercatori hanno prelevato campioni da diversi individui nel sito dell’età del bronzo di Megiddo e nel sito della prima età del ferro di Tel Erani e hanno analizzato quali proteine ​​alimentari e residui vegetali erano conservati nel tartaro sui loro denti. Stockhammer spiega ancora che «Questo ci consente di trovare tracce di ciò che una persona ha mangiato. Chiunque non pratichi una buona igiene dentale continuerà a dire agli archeologi tra migliaia di anni cosa ha mangiato!»

Questo nuovo campo di ricerca in crescita si chiama paleoproteomica e  il metodo usato nello studio potrebbe trasformarsi in una procedura standard in archeologia, o almeno così sperano i ricercatori. LA coautrice senior dello studio, Christina Warinner, archeologa molecolare dell’Harvard University e del Max-Planck-Institut für Menschheitsgeschichte, sottolinea che «Il nostro studio ad alta risoluzione sulle proteine ​​antiche e sui residui vegetali del calco dentale umano è il primo del suo genere a studiare la cucina dell’antico Vicino Oriente. La nostra ricerca dimostra il grande potenziale di questi metodi per rilevare alimenti che altrimenti lasciano poche tracce archeologiche. Il calco dentale è una preziosa fonte di informazioni sulla vita dei popoli antichi».

Un’altra utrice dello studio, la biochimica Ashley Scott della LMU, evidenzia che «Il nostro approccio apre nuovi orizzonti scientifici. Questo perché l’assegnazione di residui proteici individuali a determinati alimenti non è un compito da poco. Oltre al meticoloso lavoro di identificazione, anche la proteina stessa deve sopravvivere per migliaia di anni. E’ interessante notare che abbiamo scoperto che le proteine ​​associate alle allergie sembrano essere le più stabili nel calco dentale umano. Una scoperta che potrebbe essere dovuta alla nota stabilità termica di molti allergeni».

Stockhammer aggiunge: «Ad esempio, i ricercatori sono stati in grado di rilevare il grano tramite le proteine ​​del glutine di grano. Il team è stato quindi in grado di confermare in modo indipendente la presenza di grano utilizzando un tipo di microfossili vegetali noti come fitoliti. I fitoliti sono stati utilizzati anche per identificare il miglio e la palma da dattero nel Levante durante l’età del bronzo e del ferro, ma i fitoliti non sono abbondanti o addirittura non sono presenti in molti alimenti, motivo per cui le nuove scoperte sulle proteine ​​sono così rivoluzionarie: la paleoproteomica consente l’identificazione di alimenti che hanno lasciato poche altre tracce, come il sesamo. Le proteine ​​del sesamo sono state identificate nel calco dentale sia a Megiddo che a Tel Erani. Questo suggerisce che il sesamo fosse diventato un alimento base nel Levante dal secondo millennio aEV».

Secondo Stockhammer, sono particolarmente notevoli due ulteriori scoperte sulle proteine: «Nel calco dentale di un individuo di Megiddo, sono state trovate proteine ​​di curcuma e soia, mentre in un altro individuo di Tel Erani sono state identificate proteine ​​di banana. E’ probabile che tutti e tre gli alimenti abbiano raggiunto il Levante attraverso l’Asia meridionale. Le banane erano state originariamente domesticate nel sud-est asiatico, dove erano utilizzate sin dal V millennio a.C., e arrivarono in Africa occidentale 4000 anni dopo, ma si sa poco del loro commercio o utilizzo. Le nostre analisi forniscono quindi informazioni cruciali sulla diffusione della banana nel mondo. Nessuna prova archeologica o scritta aveva precedentemente suggerito una diffusione così precoce nella regione del Mediterraneo. Sebbene l’improvvisa comparsa delle banane in Africa occidentale solo pochi secoli dopo abbia lasciato intendere che un tale commercio potesse essere esistito, trovo spettacolare che il cibo sia stato scambiato su lunghe distanze in un momento così precoce della storia. Ovviamente, non possiamo  escludere la possibilità che uno degli individui abbia trascorso parte della propria vita nell’Asia meridionale e abbia consumato il cibo corrispondente solo mentre era lì. Anche se non è ancora noto il grado di importazione di spezie, oli e frutta, c’è molto che indica che il commercio era effettivamente in corso, poiché ci sono anche altre prove di spezie esotiche nel Mediterraneo orientale: il faraone Ramses II fu sepolto con grani di pepe provenienti dall’India nel 1213 a.C. Sono stati trovati nel suo naso».

Lo studio pubblicato su PNAS fa parte del progetto “FoodTransforms — Transformations of Food in the Eastern Mediterranean Late Bronze Age”, finanziato dall’European Research Council, che punta a chiarire se la prima globalizzazione delle reti commerciali nell’età del bronzo riguardasse anche il cibo. Stockhammer conclude: «In effetti, ora possiamo cogliere l’impatto della globalizzazione durante il secondo millennio aC sulla cucina del Mediterraneo orientale. La cucina mediterranea è stata caratterizzata da uno scambio interculturale sin dalle prime fasi».

Insomma, nonostante quel che pensano i sovranisti dell’ultima ora, il Mediterraneo è sempre stato un crogiuolo di popoli, culture e religioni che scambiavano cibo e altre merci con popoli e culture diversi e lontani.