I sostituti della plastica made in Jamaica
La start-up BAMBUSA ha già sostituito oltre 5 milioni di cannucce di plastica con una versione in bambù e trasforma i gusci di cocco in utensili da cucina sostenibili
[21 Giugno 2021]
Il seme che ha ispirato un’azienda giamaicana che produce alternative sostenibili ai prodotti di plastica di uso quotidiano è stato piantato nel 2017 durante una delle ultime conversazioni tra Tricia Williamson con suo nonno: «Cosa usavi prima delle cannucce di plastica, Dada?» aveva chiesto Tricia al nonno mentre passeggiavano nella fattoria di famiglia. «Bambù», rispose il vecchio sorridendo, mentre il sole tramontava sulle lussureggianti colline verdi della Jamaica.
Un anno dopo la Williamson ha registrata come azienda e marchio internazionale BAMBUSA, che prende il nome della principale varietà di bambù dell’isola. Nel giro di un anno ha venduto oltre 15.000 delle sue cannucce di bambù incise al laser, sostituendo circa 5 milioni di cannucce di plastica che sarebbero finite disseminato lungo le strade e le spiagge della Giamaica.
La Williamson spiega a UN News: «Ho deciso di concentrarmi prima sulle cannucce perché sono ovunque, in ogni occasione. Volevo che le persone fossero in grado di “sorseggiare in modo sostenibile” a compleanni, matrimoni, anniversari, addii dell’ufficio, ogni volta che c’è un motivo per festeggiare». Secondo una ricerca fatta dalla startup jamaicana, ogni cannuccia BAMBUSA sostituisce in media 360 cannucce di plastica.
David Vivas Eugui, un legale dell’United Nations conference on trade and development (Unctad) che si occupa di questioni ambientali, ricorda che «Il bambù è un sostituto ideale della plastica. Cresce rapidamente, assorbe grandi quantità di CO2 e si biodegrada in appena un paio d’anni. Le cannucce di plastica, d’altra parte, impiegano fino a 200 anni per decomporsi. Più di 8 milioni di tonnellate di plastica inondano il nostro oceano ogni anno, distruggendo i fragili ecosistemi marini e danneggiando la fauna selvatica, come le tartarughe e altri mammiferi».
Secondo le stime dell’United Nations environment programme, le famiglie giamaicane generano circa 800.000 tonnellate di rifiuti domestici all’anno, il 15% dei quali è costituito da plastica.
Il successo di BAMBUSA in Giamaica è stato evidenziato durante il recente webinar su “Promoting substitutes and alternatives to plastics for clean waters and sustainable economic development in the Caribbean Basin”, organizzato dall’Unctad e dal Sistema Económico Latinoamericano y del Caribe (SELA) che si è basato un’analisi che l’Unctad ha presentato nel giugno 2020 al Committee on Trade and Environment della World Trade Organization (WTO) e che evidenzia come la politica commerciale e industriale potrebbe aiutare ad aumentare la produzione di sostituti della plastica, compresi da prodotti naturali, fibre e rifiuti agricoli.
Circa l’80% dei prodotti BAMBUSA viene venduto in Jamaica e il resto viene acquistato da giamaicani che vivono negli Usa e in Canada. Per Eugui, «L’esempio di BAMBUSA è un esempio concreto di come le imprese locali possono offrire soluzioni praticabili all’emergenza globale della plastica. Ma, per aumentare la produzione e le vendite, hanno bisogno dell’aiuto dei loro governi e delle agenzie per l’esportazione».
E la Williamson conferma che il successo dei suoi prodotti è cominciato quando il 1° gennaio 2019 ha preso il via il processo del governo giamaicano per vietare la plastica monouso e che quest’anno vieterà le cannucce usa e getta: «Sapevo che molti giamaicani erano preoccupati per la plastica ed erano disposti ad acquistare alternative sostenibili. Ma i prodotti in plastica sono così convenienti. Senza il divieto del governo, le nostre cannucce di bambù non avrebbero avuto un successo così immediato».
Eugui concorda: «Questi divieti creano importanti incentivi per l’emergere di industrie dei sostituti della plastica. La questione chiave è il prezzo. La plastica è economica e i prodotti alternativi faranno fatica a competere. In questo caso sono necessari divieti governativi o altre normative per creare le giuste opportunità di mercato. Ma non basta vietare la plastica. Le imprese locali devono essere preparate a soddisfare la nuova domanda, il che non sempre avviene».
Prima del divieto, la Williamson, che ha studiato biochimica e ha lavorato come marketer digitale, aveva passato due anni a fare ricerche su potenziale mercato e a stabilire le relazioni necessarie con fornitori di bambù locali e internazionali per garantire un prodotto di alta qualità. Questo si è rivelato decisivo nel convincere i suoi primi grossi clienti – ministeri, aziende private, banche e la compagnia nazionale dell’energia – che si aspettavano una fornitura affidabile di prodotti di alta qualità.
Dopo il successo iniziale della cannuccia di bambù, la illiamson ha continuato la sua ricerca per sostituire i prodotti in plastica con alternative sostenibili: «Il piano aziendale di BAMBUSA è sempre andato oltre le cannucce – spiega – Ma la diversificazione dei prodotti è diventata fondamentale quando il Covid-19 ha devastato i settori del turismo locale e regionale e ha annullato i viaggi e gli eventi aziendali in tutti i Caraibi. Le vendite delle nostre cannucce di bambù, indispensabili per i viaggi e ottimi regali per gli eventi aziendali, sono precipitate dalla vetta delle Blue Mountains al fondo del mare». Prima della pandemia, le cannucce di bambù incise al laser rappresentavano il 98% delle vendite di BAMBUSA. Alla fine del 2020, quella quota era scesa al 5%.
«Fortunatamente – aggiunge l’imprenditrice giamaicana – avevamo avviato il processo di diversificazione prima che la crisi colpisse e siamo stati in grado di andare avanti rapidamente. L’azienda ora produce oltre 30 prodotti, tutti realizzati sull’isola».
Le ultime novità dei prodotti naturali BAMBUSA sono ciotole e candele realizzate con gusci di cocco scartati. Dopo aver estratto l’olio di cocco, per il quale la domanda globale è salita alle stelle, la maggior parte degli agricoltori dell’isola butta via i gusci delle noci di cocco o li brucia come combustibile, rilasciando CO2 e metano. La ricerca della Williamson ha dimostrato che solo in Jamaica si sprecavano così milioni di gusci di novi di cocco: «Stavo visitando una fattoria locale e non potevo credere ai miei occhi – racconta – C’erano montagne di gusci buttati lì, pronte per ricevere una nuova vita».
Nonostante i dubbi di sua nonna, la Williamson spera di far tornare nuovamente le ciotole di cocco un oggetto di uso comune i Jamaica: «Mia nonna di 82 anni ricorda quel periodo difficile all’inizio della sua vita quando creava le sue ciotole di cocco e, comprensibilmente, non è entusiasta di tornarci. Tuttavia, mia nonna adora le nostre ciotole di cocco e sa che la praticità della plastica non vale il suo costo ambientale. Ed è felice che le generazioni più giovani stiano davvero abbracciando questa idea o stiano tornando a prodotti sostenibili radicati nella nostra cultura».
Anche il legno di scarto dei progetti edili e della produzione di mobili della Jamaica fornisce un ottimo materiale per alcune delle collezioni di BAMBUSA, comprese cornici per foto e scatole regalo, e aiuta la startup giamaicana a garantire che l’intera catena del valore rimanga sostenibile.
Guardando il Mar dei Caraibi, la Williamson vede un futuro luminoso e sostenibile, ispirato da materiali locali il cui valore è stato dimenticato troppo rapidamente, prima accecati e poi invasi dalla plastica monouso.