Il decreto Crescita è legge: cosa prevedono i crediti d’imposta per riciclo e riuso
In tutto si parla di incentivi fino a 30 milioni di euro, ma per diventare operativi mancano ancora i decreti attuativi
[1 Luglio 2019]
È stato convertito in legge (con modificazioni) il decreto Crescita, ovvero il Dl 34/2019 “recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, all’interno del quale sono stati inseriti i crediti d’imposta per riciclo e riuso inizialmente previsti dalla pdl sulle Semplificazioni fiscali. Attraverso le modificazioni inserite in fase di conversione sono stati infatti aggiunti alla legge per la Crescita l’articolo 26-bis Disposizioni in materia di rifiuti e di imballaggi e l’articolo 26-ter Agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo e da riuso.
Nel dettaglio, l’articolo 26-bis «l’impresa venditrice della merce può riconoscere all’impresa acquirente un abbuono, a valere sul prezzo dei successivi acquisti, in misura pari al 25 per cento del prezzo dell’imballaggio contenente la merce stessa ed esposto nella fattura. L’abbuono è riconosciuto all’atto della resa dell’imballaggio stesso, da effettuarsi non oltre un mese dall’acquisto. All’impresa venditrice che riutilizza gli imballaggi usati di cui al periodo precedente ovvero effettua la raccolta differenziata degli stessi ai fini del successivo avvio al riciclo è riconosciuto un credito d’imposta di importo pari al doppio dell’importo degli abbuoni riconosciuti all’impresa acquirente, ancorché da questa non utilizzati». Il credito d’imposta «è riconosciuto fino all’importo massimo annuale di euro 10.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per l’anno 2020».
L’articolo 26-ter prevede invece «per l’anno 2020» un contributo «pari al 25 per cento del costo di acquisto di a) semilavorati e prodotti finiti derivanti, per almeno il 75 per cento della loro composizione, dal riciclaggio di rifiuti o di rottami; b) compost di qualità derivante dal trattamento della frazione organica differenziata dei rifiuti». Si tratta di un credito d’imposta riconoscibile alle imprese e ai titolari di reddito di lavoro autonomo «fino ad un importo massimo annuale di euro 10.000» e nei limiti di un plafond complessivo pari a «10 milioni di euro per l’anno 2020». Per i soggetti acquirenti dei beni derivanti da riciclo «non destinati all’esercizio dell’attività economica o professionale», il contributo è invece ridotto «ad un importo massimo annuale di euro 5.000 per ciascun beneficiario», anche in questo caso nel limite di «10 milioni di euro per l’anno 2020».
Complessivamente si tratta dunque di un massimo pari a 30 milioni di euro per entrambi gli articoli di legge, e in tutti e due i casi si prevede che agli oneri lo Stato provveda «mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto».
La conversione in legge del Dl Crescita rappresenta però solo l’inizio, e non la fine, del percorso che dovrà portare all’effettivo varo dei crediti d’imposta previsti. L’articolo 26-bis per diventare efficace prevede infatti un decreto del ministero dell’Ambiente, di concerto con quello dell’Economia, mentre l’articolo 26-ter stabilisce che il decreto attuativo arrivi dal ministero dell’Ambiente, di concerto con il ministero dello Sviluppo oltre che con quello dell’Economia. Entrambi «da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge», un proposito che la storia anche recente mostra essere più spesso un auspicio che un obbligo: il tentativo di introdurre incentivi nazionali al riciclo è infatti già naufragato proprio per mancanza di decreti attuativi già con la legge di Bilancio 2018, ed è ancora in bilico (per lo stesso motivo) con quella del 2019.
L. A.