Utilitalia: sul tavolo ci sono sul tavolo ci sono 50 miliardi di euro in investimenti per acqua, ambiente e energia. Ma occorre semplificare
Il rilancio dell’Italia passa dagli investimenti in servizi pubblici
Marangoni (Althesys): dagli investimenti annuali delle società di servizi pubblici si producono ricadute per circa 22 miliardi di euro, una spinta all’economia vicina al valore dell’intero decreto Cura Italia e pari al 40% del decreto Rilancio
[20 Maggio 2020]
Durante la pandemia in corso i servizi pubblici hanno dimostrato tutta la loro essenzialità, garantendo anche nel bel mezzo della crisi sanitaria acqua pulita, energia e gestione rifiuti ai cittadini e alle imprese in difficoltà, ma il loro ruolo rimane centrale anche per le potenzialità di ripresa del Paese: come rileva oggi l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, durante il webinar “Mission e ruolo delle utilities come acceleratori del cambiamento” organizzato nell’ambito di Ecomondo/Key Energy 4 Future, dagli investimenti annuali delle società di servizi pubblici «si producono ricadute per circa 22 miliardi di euro, equivalenti all’1,2% del Pil nazionale nel 2019 e al 7% circa degli investimenti fissi lordi, che potrebbero occupare fino a 130.000 addetti: una spinta all’economia vicina al valore dell’intero decreto Cura Italia e pari al 40% del decreto Rilancio».
Dunque nella difficile fase economica che stiamo attraversando, le utility possono dare un contributo significativo per il rilancio del sistema economico italiano, traghettandolo al contempo verso orizzonti più sostenibili. «Le utility – commenta Marangoni – sono uno dei settori che ha investito di più negli ultimi anni, arrivando nel 2018 al 5% del fatturato». Guardando alle 100 maggiori utility italiane – società con un giro d’affari di oltre 114 miliardi di euro e più di 151.000 addetti – questo dato assume maggiore concretezza: hanno investito nell’ultimo anno 6,6 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 19% sull’anno precedente. Questi investimenti sono un motore di sviluppo per il Paese date le loro peculiarità, tipicamente infrastrutturali, la presenza diffusa sul territorio e il carattere trasversale della domanda indotta rispetto ai vari settori produttivi.
Come sottolineato già nei giorni scorsi da Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia – la Federazione delle imprese di acqua ambiente e energia – intervenuto anche oggi nel corso del webinar, sul tavolo ci sono 50 miliardi di euro in investimenti per acqua, ambiente e energia.
«Nell’attuale frangente storico, così delicato per via della crisi coronavirus, il mondo delle utility non si è mai fermato. Ha continuato e continua a offrire i servizi essenziali ai cittadini – sottolinea Colarullo – Sicuramente ci sono nodi critici: da un lato il calo del fatturato per la discesa dei consumi di energia, dall’altro la riduzione degli incassi per il rinvio del pagamento delle bollette. Comunque sia ci troviamo di fronte a un sistema che va in qualche modo traghettato; si deve superare questa crisi di liquidità per consentire al sistema di superare il guado e accelerare la corsa per cominciare dalla Fase due con un serio Piano di investimenti. Il comparto ha stimato un fabbisogno di investimenti per 50 miliardi in cinque anni: 12 miliardi per l’energia, 25-30 miliardi per l’acqua, 8-10 miliardi per i rifiuti, in particolare per far fronte alla carenza impiantistica al Sud».
In questo contesto «gli ostacoli – osserva Colarullo – sono soprattutto due. Il primo: il tema delle autorizzazioni che oggi possono prendere anche 12 mesi se non di più, e che andrebbero ridotte di almeno un terzo. Il secondo: si potrebbe intervenire subito per permettere alle imprese di utilizzare ampiamente le procedure in affidamento diretto almeno nei prossimi mesi mettere a posto questi due aspetti significa che per investimenti che generalmente richiedono da 12 a 18 mesi, ci metteremmo quattro mesi e metteremmo a terrà già il primo mattone».
La madre di tutte le criticità rimane dunque la semplificazione normativa, ma su questo fronte anche il recentissimo decreto Rilancio non lascia ben sperare.