Informazione, partecipazione e processi decisionali per una geotermia sostenibile
Allansdottir: «È fondamentale proseguire su un cammino che almeno tenti di rendere i cittadini partecipi nei processi decisionali che riguardano il futuro del territorio»
[23 Novembre 2018]
Agnes Allansdottir, islandese di nascita e italiana d’adozione da oltre vent’anni, è una psicologa sociale esperta di rapporti tra società e innovazione tecnologica, oltre che di partecipazione pubblica ai processi decisionali. Allansdottir ha fatto parte di gruppi selezionati dalla Commissione europea per monitoraggi dell’opinione pubblica sull’impatto di tecnologie e tecno scienze, mentre in Italia ha insegnato per anni Psicologia della comunicazione e Comunicazione della scienza all’Università degli Studi di Siena, oltre a collaborare con la Fondazione Toscana Life Sciences. Attualmente fa parte del Foro per la ricerca e l’Innovazione della Regione Lombardia. Insieme ad Adele Manzella e Anna Pellizzone è autrice del volume “Geothermal Energy and Society”, recentemente pubblicato per Springer. L’abbiamo intervistata.
Ad oggi circa il 90% degli italiani afferma di essere a favore delle energie rinnovabili, ma di fatto oltre i ¾ delle contestazioni nel reparto energetico sul territorio nazionale blocca proprio le fonti pulite. La psicologia sociale può aiutarci a comprendere quest’apparente contraddizione?
«La tradizione di ricerca in psicologia sociale può certamente aiutare a capire meglio gli atteggiamenti e gli idee, che possono apparire contraddittori, del pubblico non esperto in materia. Anche se ogni caso specifico merita di essere analizzato per le peculiarità legati al luogo, al contesto e ai bisogni delle comunità locali, un’analisi attenta agli argomenti avanzati dai pubblici coinvolti può fare emergere delle posizioni, anche inaspettate, che possono contribuire a cercare nuove soluzioni nel campo delle energie rinnovabili. Il pubblico va ascoltato attraverso strumenti sensibili alle esigenze delle comunità. Se gli italiani si dichiarano a favore delle energie rinnovabili ma l’impiego delle fonti pulite viene poi contestato siamo di fronte a una situazione di incertezza, di incomprensione e forse a una forma di incapacità di creare orizzonti condivisi».
In un recente studio sull’accettabilità sociale della geotermia nell’Italia centrale, di cui è co-autrice, si afferma che i quadri concettuali dell’innovazione «dall’alto verso il basso, come l’ipotesi di Nimby, dovrebbero assolutamente essere superati». Perché, e in che modo?
«Per il semplice motivo che l’ipotesi di Nimby non è né un’ipotesi in nessun senso, né fornisce una spiegazione valida per le posizioni assunte dalle comunità locali; tanto meno viene impiegata nelle ricerche pubblicate sulla letteratura scientifica internazionale sulle questioni che riguardano energia e società. Inoltre, paventare la cosiddetta ipotesi di Nimby spesso implica un tentativo di sminuire le voce delle comunità locali, rischiando di creare delle situazioni che difficilmente conducono a un dialogo ragionato tra le parte interessati».
Dal lato opposto, crede che i vantaggi legati all’impiego della geotermia (ad esempio la riduzione di bollette e tasse, aumento dei posti di lavoro, diversificazione economica) siano sufficientemente comunicati, e/o conosciuti dalla popolazione locale?
«Attraverso le nostre ricerche in Italia abbiamo potuto constatare che, nonostante la presenza cospicua di risorse geotermiche, la consapevolezza dei cittadini delle potenzialità legate alla coltivazione di queste risorse è molto incerta. Emerge chiaramente come, almeno negli ultimi anni, sia i benefici, sia i rischi legati alla geotermia in Italia siano stati comunicati in un modo che forse lascia desiderare, spesso percepito dal pubblico come semplice promozione d’immagine aziendale, che viene contrapposto alla comunicazione pubblica e la gestione responsabile del bene comune.
Quest’osservazione vale per la consapevolezza dei rischi e dei benefici legati all’utilizzo delle risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica e ancora più per quanto riguarda l’eventuale utilizzo delle risorse per riscaldare o climatizzare ambienti, sia che si tratti di abitazioni private ed edifici, sia per altri scopi innovativi (per esempio legati all’agricoltura o l’acquacoltura, o altro ancora).
In ogni caso sarebbe molto opportuno facilitare un dialogo sul futuro della coltivazione e l’utilizzo delle risorse geotermiche in Italia, un dialogo che coinvolga la cittadinanza e che deve essere saldamente informato dal parere degli esperti – gli scienziati e gli enti pubblici di ricerca sono gli attori che godono di più alto livello di fiducia e credibilità in questo campo –, ma che allo stesso tempo tenga conto di perplessità e speranze delle popolazioni locali».
La partecipazione inclusiva dei cittadini al processo decisionale appare come un approccio indicato per gestire in modo socialmente sostenibile elementi d’innovazione sul territorio. Eppure ci sono casi (come in Toscana) dove anche un dibattito pubblico strutturato viene sminuito dai comitati e partiti d’opposizione che lo reputano superfluo, fino a chiederne l’annullamento o proporre referendum. Che fare, in tali contesti?
«Nessun approccio a processi intrinsecamente complessi, come quelli che riguardano l’innovazione, è senza problemi e controtempi. La risposta più semplice alla domanda è quella di affidare le consultazioni pubbliche, intese come attività svolte con la finalità di arrivare a delle soluzioni largamente condivisi sui processi d’innovazione sul territorio, ad enti indipendenti che non traggono nessun vantaggio dall’adesione al punto di vista di nessuna delle parti che partecipano al processo».
Gli studi da lei condotti insieme ad Adele Manzella e Anna Pellizzone sull’accettabilità sociale della geotermia mostrano che i maggiori ostacoli in proposito derivano dalla mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, come anche dei media. Come recuperare il terreno perso, e come gestire il fenomeno – da parte di media e istituzioni – mentre la fiducia scarseggia?
«Eccoci arrivati alla domanda a un milione di dollari! Tutto il mondo sta affrontando e attraversando una forte transizione energetica, e come tutti i grandi cambiamenti è un processo spesso tortuoso e ambiguo. Perciò è fondamentale proseguire su un cammino che almeno tenti di rendere i cittadini e le comunità locali partecipi nei processi decisionali che riguardano il futuro del territorio».